Nei giorni scorsi, in seguito alla notizia che il “GRECO” (organismo internazionale contro la corruzione) ha comunicato che l’esposto del direttore Marco Severini (leggi qui) “verrà considerato nel processo di monitoraggio e che gli stessi dovranno essere informati sull’evolversi della situazione”, mi sono concentrato su una disposizione controversa, apparentemente capace di violare i princìpi sia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché del Comitato ONU per i Diritti Umani (leggi qui).
Ho deciso, quindi, di scendere nel dettaglio di altri articoli di quella normativa varata neppure un paio di anni fa e mi sono reso conto che il celeberrimo art.12 comma 2 della legge 40/2023 non è l’unica disposizione preoccupante di quell’articolato… Ce n’è sono anche altre, e tra queste mi riferisco all’art.3 relativo all’esercizio “della libertà di pensiero, di espressione e garanzie di altri diritti”, il quale al suo comma 1 sancisce che le “le libertà di cui agli articoli 1 e 2 (in pratica la libertà di espressione, critica ecc… – ndr) non possono essere oggetto di restrizioni diverse da quelle stabilite dalla legge per i casi in cui sia necessario salvaguardare la pubblica sicurezza, l’ordine pubblico, l’interesse pubblico, la tutela della salute o la morale pubblica”.
Ma cosa è e quale è il limite di interpretazione di “interesse pubblico”? Inutile evidenziare -mi sembra sia già chiaro- che una simile formulazione appaia quanto mai problematica, perché introduce limiti molto ampi e altrettanto ampiamente interpretabili, che potrebbero consentire restrizioni discrezionali alla libertà di stampa e di espressione nella più Antica Repubblica del mondo. E stesso ragionamento è fotocopiabile anche sul termine “morale pubblica”.
Infatti, concetti come “morale pubblica” o “interesse pubblico” sono spesso utilizzati in modo soggettivo e potrebbero prestarsi ad abusi o a interpretazioni restrittive o di comodo da parte delle autorità. In pratica, il comma 1 dell’art.3, con la sua vaghezza normativa, è capace di sollevare dubbi non ignorabili sulla compatibilità della legge con il diritto alla libertà di informazione, visto il rischio che un’interpretazione restrittiva della norma potrebbe essere addotta a giustificazione di restrizioni arbitrarie alla libertà di informazione, non venendo chiaramente chiariti i criteri con cui si valuta quando e come l’“interesse pubblico” debba prevalere.
Ma, per comprendere il concetto, facciamo un esempio. Immaginiamo che un giornalista di San Marino pubblichi un’inchiesta su presunti casi di corruzione all’interno del governo, aggravata, magari, da collusioni con gli altri poteri dello Stato. Ipotizziamo, al tempo stesso, che la medesima inchiesta -basata su documenti autentici e conferme testimoniali autorevoli- abbia un forte impatto mediatico e scateni un acceso dibattito pubblico.
Un qualunque governo, a quel punto, sentendosi minacciato, potrebbe invocare l’Art. 3 della Legge 40/2023, sostenendo che la pubblicazione di quelle notizie metta a rischio la fiducia nelle istituzioni e, pertanto, potrebbe minacciare “l’ordine pubblico”. Ma non solo, potrebbe arrivare a sostenere anche che potrebbe compromettere gli interessi economici del Paese scoraggiando investitori internazionali (quindi andando contro l’interesse pubblico).
L’autorità di controllo o giudiziaria, basandosi su questa interpretazione della legge, potrebbe poi sequestrare il materiale giornalistico, vietandone o interrompendone la diffusione, arrivando anche ad una citazione in giudizio dell’autore e del responsabile di testata, seppure abbiano diffuso nell’interesse pubblico -sì, è paradossale- notizie verificate e verificabili contro l’interesse pubblico.
Certo, è un esempio limite… Ma la possibilità che possa accadere, almeno dal punto di vista delle disposizioni legislative in merito, è purtroppo concreta visto quanto sia vago il concetto di “interesse pubblico”. E, se ciò accadesse, sarebbe per il Titano la fine del giornalismo investigativo e di inchiesta.
Un caso simile accadde, ad esempio, negli Stati uniti (sentenza Corte Suprema Usa: Sharon vs Time Inc., 1984), dove un politico tentò di censurare un’inchiesta giornalistica per presunto danno alla sua reputazione. La Corte Suprema degli Stati Uniti difese la libertà di stampa, stabilendo che le informazioni di “interesse pubblico” devono godere di una forte tutela.
In ogni caso, se San Marino dovesse applicare la Legge 40/2023 in modo restrittivo, potrebbe trovarsi in contrasto con principi stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Art.10) e dal Comitato ONU per i Diritti Umani, il cui Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), ratificato da San Marino, preserva la libertà di espressione nell’Art.19 che intendono, tutelano il giornalismo d’inchiesta come elemento essenziale della democrazia.
Il Comitato per i Diritti Umani dell’Onu, addirittura, nella sua Osservazione Generale n.34, è stato quanto mai chiaro nell’esprimere preoccupazione riguardo all’uso di termini vaghi, come “interesse pubblico” o “morale pubblica” nelle normative dei singoli stati perchè, come detto, queste potrebbero essere utilizzate per giustificare restrizioni alla libertà di stampa.
Se si era già evidenziata nei giorni scorsi la necessità di intervenire urgentemente sulla norma che estendeva la competenza dell’Autorità sammarinese anche oltre il confine di Stato -già all’attenzione del Greco e al centro di una vicenda controversa (Rf vs GiornaleSm – leggi qui)- oggi sembra che l’intervento correttivo sulla “Legge-Lonfernini” sull’informazione debba essere quanto mai ampio…
Enrico Lazzari