L’equazione degli stolti: avviso di garanzia = prova di colpevolezza…
Non vi nascondo che sono rimasto allibito nel seguire, distaccatamente sui social, il tam-tam, l’attesa impaziente della consegna di un più o meno presunto avviso di garanzia al Segretario di Stato Claudio Felici.
Una attesa spasmodica… Quasi isterica. “Urla” di gioia ad ogni avvisaglia di conferma… “Lacrime” di delusione ad ogni smentita… E il tutto per un avviso di garanzia. Del resto, ogni stolto, oggi sul Titano, un paio di decine di anni fa in Italia, applica una equazione che gli pare ovvia: avviso di garanzia uguale sentenza di condanna, prova di colpevolezza, fine carriera politica.
Accadde con l’italiana “tangentopoli”e, ancor più gravemente accadde nella seconda metà degli anni Duemila, quando il solerte pool del magistrato De Magistris, con l’eclatante inchiesta “Why Not”, determinò una profonda crisi politica che culminò con la caduta del Governo Prodi in seguito alle dimissioni del Ministro alla Giustizia, Clemente Mastella (massimo indagato in quella vicenda), e alla posizione del suo gruppo parlamentare.
L’inchiesta si rivelò un buco nell’acqua. L’unico effetto di quella eclatante inchiesta, spalleggiata da una stampa che non esitò a pubblicare quanto trapelava dalle stanze del Tribunale -devastante per l’immagine degli indagati- fu un terremoto politico che spodestò un governo di centro-sinistra e riaprì le porte del governo a Silvio Berlusconi e al centro-destra.
Oggi, a distanza di anni, da Roma giunge una condanna ad un anno e tre mesi di reclusione per il giudice che istruì quella inchiesta infruttuosa sotto il profilo penale ma devastante, grazie al ruolo avuto dai media, su quello politico. Il reato è abuso di ufficio.
“Nulla mai potrà ripagarmi -dichiara Mastella a La Stampa-. Quell’indagine, condotta in maniera illegale, è stata all’origine di tutte le mie difficoltà, sul piano umano e sul piano politico”. E ancora: “Quell’indagine ha cambiato, fino a stravolgerla, la storia politica italiana. Da allora tutto è precipitato”.
Ho voluto evidenziare questa recente vicenda perchè appare eloquente nel riportare l’avviso di garanzia, al pari di ogni altro atto o provvedimento preventivo, compresi gli arresti, al suo reale ruolo. L’avviso di garanzia, infatti, è tutt’altro che un indizio di colpevolezza. Men che meno una prova… Può arrivare a tutti solo perchè chiamati in causa -anche a sproposito- da altri.
Quindi, che senso ha tutto il clamore suscitato dalla presenza o meno di un avviso di garanzia indirizzato al Segretario Claudio Felici? Se, scelleratamente, mi recassi in Tribunale sul Titano denunciando un qualunque cittadino sammarinese di una qualunque reato, anche se questi non lo avesse realmente commesso, i Magistrati verosimilmente aprirebbero una indagine per appurare la fondatezza delle mie accuse. Il primo atto sarebbe comunicare al diretto interessato, all’indagato, che è aperto un fascicolo di indagine nei suoi confronti, così che lui possa produrre la sua difesa. Ciò si fa attraverso l’avviso di garanzia…
Allora, vi pare possibile che, dopo il -chiamiamolo- “esposto-Roberti”, in Tribunale non ci sia una indagine mirata ad accertare la fondatezza delle accuse contenute in quello stesso esposto che accusa chiaramente il Segretario Felici di un reato? E, se c’è una indagine, ci sarà anche un avviso di garanzia. Ma è sufficiente un avviso di garanzia per far cadere un governo? No, soprattutto se basato su una indagine scatenata dall’esposto di terzi e non avviata autonomamente dai giudici. No, soprattutto, alla luce delle ombre, dei dubbi, che accompagnano le procedure e gli atti adottati dai Magistrati nei confronti di alcuni indagati sottoposti a regime di custodia cautelare, i quali hanno scatenato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani. Ricorso che verrà valutato con procedura di urgenza dalla stessa Corte e che rischia di chiudersi con una sonora batosta per la giustizia sammarinese che, non si dimentichi, tiene tutt’ora in regime di carcerazione preventiva -da settimane-, fra gli altri, un gendarme accusato di aver favorito le comunicazioni fra alcuni detenuti.
Vi pare verosimile il pericolo di fuga, il pericolo di reiterazione del reato o il pericolo di inquinamento delle prove per motivare la detenzione in carcere di questo gendarme? Quindi -e dovrebbero chiederselo cittadini e, soprattutto, politici e ministri, visto che ne va della libertà personale di un cittadino “normale” sammarinese- perchè quel gendarme è ancora ai Cappuccini ad attendere il rinvio a giudizio o l’archiviazione?
Enrico Lazzari