Qualsiasi Stato che rientri nella definizione di stato di diritto non può esimersi dal rispetto della libertà d’informazione e di parola. Per stato di diritto si intendono quegli Stati che assicurano il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, garantendo lo stato sociale e la libertà. Vi sono comunque eccezioni anche per quanto riguarda la libertà di stampa. In alcuni casi i governi possono prendere decisioni che impediscono la pubblicazione di alcuni documenti. Ciò accade quando è in pericolo la sicurezza nazionale, ivi compresa la salute pubblica. Cosa comunque che a San Marino non è successa, neppure in questi tempi difficili del Covid.
Fatta questa doverosa premessa, si arriva alla cronaca di questi giorni che vede il Segretario di Stato all’Informazione criticare aspramente un giornale che, nei suoi pochi giorni di vita, ha dimostrato di privilegiare le fake al posto della cronaca pura e semplice, che si innesta sui fatti, certi e documentabili, distinguendola da eventuali opinioni. Ma le valutazioni di Lonfernini hanno sollevato un vespaio di polemiche, mentre nessuno si è espresso sulla replica del giornale in questione, che è salito in cattedra rivendicando il diritto alla “sua libertà di espressione” e la sua qualità professionale, autodefinita “seria e di grande rilevanza”. Come se stessero parlando il Corriere della Sera o il Times.
Come è noto, i il racconto dei fatti deve rispondere a 5 semplici interrogativi: chi, come, dove, quando e perché, senza ulteriori commenti da parte del giornalista. L’opinione, invece, risponde alla cultura dell’articolista, al suo vissuto, al suo sentimento politico o al suo credo religioso, e può essere scritta anche da chi non è giornalista. Purtroppo, la distinzione tra questi due generi appare abbastanza sconosciuta presso alcune testate locali. Cosicché può succedere che la libertà di stampa diventi una giustificazione per presentare fatti non suffragati dalla serietà e dalla veridicità delle fonti; per descrivere vicende che invece sono opinioni; per spacciare come verità un qualcosa che è non vero, ma è comunque verosimile; o per manipolare a proprio uso e consumo fatti che hanno una minima base di verità. In queste categorie vanno inseriti anche i falsi scoop.
Va anche detto che il potere derivante dall’avere in mano una penna (il famoso “quarto potere”) non è di emanazione divina, bensì promana dall’esperienza, da una forte base culturale, dalla serietà e dal rispetto con cui si trattano le notizie. Insomma, non è che se uno si mette a scrivere qualcosa diventa subito Enrico Mentana, Marco Travaglio, Alessandro Sallusti, o Paolo Mieli. Ne deve passare di acqua sotto i ponti per arrivare a certi livelli!
In conclusione, in attesa della riforma sulla legge per l’informazione, che langue ormai da anni, ci rifacciamo alle considerazioni del professor Carlo Magnani sul difficile rapporto tra verità e diritto: «Oggi, che pare valere quanto mai prima il motto di Nietzsche “non esistono fatti ma solo interpretazioni”, motto che ha un valore del tutto specifico per le scienze giuridiche, ebbene oggi nel contesto scettico e relativista che il diritto stesso ha contribuito a creare, si coglie preciso il richiamo alla verità, quasi metafisica, come fondamento del giuridico. Il luogo del diritto nel quale tale pretesa aletica trova maggiore espressione è quello della Costituzione». Che per San Marino equivale alla Carta del Diritti e dei Principi Fondamentali dello Stato, la ben nota legge n. 59/74.
a/f