Un miliardo e trecento milioni di euro di investimento bruciati da una inchiesta giudiziaria che, oggi, dopo l’ordinanza di martedì scorso, appare destinata all’archiviazione. Una vicenda che -ha immediatamente commentato l’Avv. Massimiliano Annetta, difensore di alcuni imputati- “deve insegnare a tutti che” la verità sta nelle “sentenze dei giudici” e non nelle conclusioni delle “indagini dei pubblici ministeri”.
Del resto, se riascoltassimo oggi la conferenza stampa dei Pm titolari dell’inchiesta Varano del 5 maggio 2009 (clicca qui per rivederla: https://giornalesm.com/amarcord-san-marino-la-conferenza-stampa-di-di-vizio-il-5-maggio-2009-dopo-gli-arresti-di-varano-video/) il malaffare appariva certo. E la condanna finale pure… Carisp, più che una banca portata all’avanguardia dall’“inventore” del credito al consumo, Mario Fantini -oggi scomparso-, appariva come una associazione a delinquere operativa in campo finanziario…
Oggi, invece, quando la parola dai Pm è passata ai giudici, scopriamo che il decreto di rinvio a giudizio non rispetta i canoni di chiarezza e precisione imposti dalla legge e, addirittura, appare invece “chiaramente -come si legge nell’ordinanza di martedì scorso- volta a sotenere la tesi accusatoria”. “Quasi fosse -rincara la stessa ordinanza, rendendo quantomai pesante la censura del giudice ai Pm- una memoria di parte”.
Il Presidnete Monica Galassi, unitamente ai giudici Marco de Leva e Marco Mazzoco, non hanno certo usato mezzi termini per bocciare i capi di imputazione, visto che il relativo testo “non evidenzia affatto come si sarebbero articolate le condotte ritenute (dai Pm, ndr) penalmente rilevanti dai singoli imputati. “Anzi -rincara- ricorre ad una tecnica redazionale la cui complessità (…) non risulta idonea a descrivere compiutamente la complessità della vicenda”.
Alla luce di quanto si legge nell’istanza di palese e chiara bocciatura della definizione dei capi di imputazione, insorgono legittimamente diversi dubbi… Il più rilevante è essenzialmente uno: su quali basi concrete si è determinato un danno miliardario, in euro, ad un istituto di credito? Danno, perdipiù, come dimostrato dalle conclusioni della commissione di inchiesta parlamentare relativa, ricaduto pesantemente sulle casse pubbliche sammarinesi e, quindi, sulle tasche di tutti i sammarinesi?
A primo impatto mi vien da pensare che, in fondo, per l’irrazionale deriva giustizialista in cui il cosiddetto Processo Mazzini ha fatto piombare la comunità sammarinese, questo costo pagato sia la giusta “ricompensa” per l’intera comunità biancazzurra… Una sorta di Karma!
Secondo alcuni questa indagine, questa inchiesta che oggi si è visto fare acqua da tutte le parti sarebbe costata alla Cassa di Risparmio di San Marino ben un miliardo e trecento milioni di investimento di una “azienda”, di una banca, che secondo la Commissione di inchiesta parlamentare avrebbe gravato per quasi un miliardo sulle casse pubbliche sammarinesi.
Un miliardo e 300 milioni di investimento “bruciato” dall’inchiesta; casse pubbliche di una comunità di appena 30mila individui… Il costo pro-capite che ricade sui sammarinesi -per quanto il calcolo possa essere aleatorio- è impensabile: oltre 43mila euro a testa!
Questa inchiesta -si potrebbe dire- potrebbe essere costata oltre 40mila euro ad ogni sammarinese! Neonati compresi…
E questa è la prima conclusione -per quanto puramente teorica e, per certi versi, statisticamente campata in aria viste le tante variabili che andrebbero tenute in considerazione- sconvolge alla luce del “timbro di bocciatura” apposto sull’intera indagine aperta ormai 13 anni fa.
Ci sarà, oggi, una “telefonatina” sammarinese all’indirizzo dei vertici della magistratura italiana o del governo dello stesso Paese? La stessa Carisp -che come si apprende da indiscrezioni di corridoio- sembra fregarsene, al punto da permettere ai suoi legali rappresentanti di disertare l’importante appuntamento di martedì scorso delegando la “pratica” ad un giovanissimo avvocato si e no 25enne, si muoverà seriamente presso il Csm per recuperare il -come appare oggi, forse erroneamente- “maltolto” e, magari, rifondere la comunità sammarinese dell’aiuto ricevuto in questo decennio?
Martedì scorso si è scritta una pagina decisiva in una inchiesta che è costata oltre un miliardo ai sammarinesi e che -al momento- appare ingiustificata. E qui si evidenziano responsabilità anche interne. A cominciare da quelle forze politiche che hanno sfruttato la stessa inchiesta per meri interessi di “bottega” arrivando -pare- a consegnare in violazione ad ogni accordo e ogni iter giudiziario transnazionale materiale bancario riservato agli inquirenti, passando, anziché dai canali ufficiali, nei “sotterranei” della procura forlivese. Ma queste sono semplici voci, che diverrebbero rilevanti -anche penalmente- solo in presenza di prove concrete.
Non sono voci, invece, le dichiarazioni ufficiali, rilasciate da esponenti politici di spicco ai tempi in cui l’indagine veniva percepita dai sammarinesi come una sentenza di condanna. Dichiarazioni che, oggi, fanno apparire quegli stessi politici, o dirigenti Carisp, come una sorta di Kapò biancazzurri al soldo del nemico. Kapò che, per meri interessi di bottega tifavano -e forse non solo, secondo alcuni- per il nemico del Titano in una sorta di “muoia Gatti (quale massimo avversario politico) con tutti i sammarinesi”, parafrasi del più noto “Muoia sansone con tutti i filistei…”.
Eppure, già nelle prime fasi di indagine San Marino aveva le armi con combattere l’attacco straniero. L’oggi scomparso Mario Fantini, Ad di Carisp, nel marzo 2011 inoltrò una sua momoria addirittura agli Ecc.mi Capitani Reggenti (https://giornalesm.com/le-memorie-di-mario-fantini).
“Ecc.mi Capitani Reggenti -scriveva- ci stiamo avvicinando al finale di questa partita e San Marino non conosce le carte; né le proprie né quelle dell’avversario…”. Una frase che incarna, implicitamente, una durissima accusa sulla cattiva gestione dell’intera vicenda.
L’avversario di Carisp -continuava- ha “accumulato punti di vantaggio, ma non sa come chiudere, perché il sistema degli arresti immotivato, oggi largamente usato dalle Procure Italiane, non ha dato i risultati attesi nei confronti della Cassa”
“I due reati cardine -concludeva- sono il riciclaggio ed il dominio della Cassa su Delta. Il primo si perfeziona secondo l’accusa col prelievo “abusivo “ del contante presso il Monte dei Paschi di Siena” quando “sappiamo tutti, comprese Banca d’Italia e Procura, che quel conto era stato aperto su precisa disposizione della Banca d’Italia (si veda sentenza della Cassazione, ndr)”, mentre “circa il supposto dominio della Cassa su Delta non sono mai state interpellate le varie persone della Cassa e della Fondazione presenti nei vari Consigli di Delta al fine di avere conferma che il loro ruolo era di controllo e non di gestione anche per una semplice considerazione di tempo e di know how”. “Perché nessuno si è interessato? -concludeva Fantini-. La posta è stata di centinaia di milioni! La Cassa dovrebbe ora recuperare un buon rapporto con i soci buoni (quelli che hanno messo fatica e sudore nell’azienda) e tutti insieme rivendicare il pagamento dei danni subiti come avviene fra paesi seri” in un percorso che “richiede impegno e fatica”, “ma questo è normale se si vuole difendere la verità e l’indipendenza”.
Appello, oggi confermato nella sua autorevolezza, all’epoca caduto nel vuoto. “Perchè nessuno si è interessato?” si chiedeva fantini all’epoca e, con ancor più forza, andrebbe richiesto oggi… Perchè nessuno si è interessato ritrovandosi oggi la responsabilità di aver procurato un danno forse quantificabile in oltre 40mila euro a testa per ogni sammarinese? Valeva tanto l’interesse di bottega di qualche forza politica?
Enrico Lazzari
