Ha ragione Corrado Petrocelli, Magnifico Rettore dell’Università di San Marino, quando dice in apertura dell’anno accademico, martedì, al Kursaal, che 30 anni fa nessuno ci avrebbe scommesso. In effetti, all’epoca erano pochi ad avere fiducia in quel manipolo di “parrucconi” chiusi nel loro sapere. E tra quei pochi c’è sempre stata Fausta Morganti, un po’ visionaria è vero, e per questo convinta che il futuro vero della Repubblica dovesse passare attraverso la cultura.
Oggi, UNIRSM ha un migliaio di studenti, professori di chiara fama, una fitta rete di relazioni esterne ed interne che hanno portato a progetti con importanti ricadute anche sul territorio; ha concluso il lungo iter di adesione al “processo di Bologna”, che ha portato l’Università ad entrare nella European Higher Education Area. E il fatto che San Marino sia entrato a far parte dello Spazio Europeo di Istruzione Superiore è il suo primo passo concreto dentro la UE.
Ma la cosa fondamentale è il ruolo che l’istituzione culturale universitaria deve assolvere nella società odierna, che Petrocelli descrive passando da Ferruccio De Bertoli, a Bauman, ad Andrea Riccardi, fino a Papa Francesco.
Nel suo ultimo libro, De Bortoli aveva dedicato pagine impegnative al cosiddetto terzo settore, alla solidarietà e a persone che spesso determinano l’opposto di quanto succede nella rete. Persone la cui attività non ha forse un peso specifico nel quadro economico ma “servono a costruire una società più giusta e coesa”. Un obiettivo che necessita di investimenti in formazione, cultura, innovazione, ma soprattutto di “rianimare uno spirito civico perduto, un senso di responsabilità collettiva, oggi annebbiato da un individualismo miope e scomposto”.
Non a caso Petrocelli ha ripercorso questo passaggio, perché De Bortoli, due anni fa, non poteva immaginare l’incombere di un’emergenza pandemica che ha fatto oltre 135mila morti in Italia, che ha distrutto persone e famiglie; che ha messo in crisi gli ospedali, la comunità scientifica e i governi. Ma soprattutto ha evidenziato le splendide luci e le mille ombre dell’individualità umana: persone meravigliose che hanno speso professionalità e solidarietà per aiutare i più bisognosi, ma anche gli egoismi e le proteste di quanti non hanno mai voluto accettare né regole, né consigli in nome di una fittizia libertà.
E allora Petrocelli sottolinea un altro passaggio di De Bortoli, quando affermava con illuminata preveggenza che “ci servono le reti comunitarie perché da soli non ci si salva”. È lo stesso credo di Papa Francesco.
Quello che manca oggi, secondo un pensiero di Bauman è la capacità di scegliere con coscienza. Ecco allora che di fronte ad una società in cui prevalgono l’istantaneo, l’istintivo, le soluzioni veloci, l’impressione che sostituisce l’opinione, diventa fondamentale la crescita consolidata del sapere, che porta alla scienza. Che è il ruolo principale dell’Università.
Cosa occorre allora per un’inversione di tendenza rispetto alla concentrazione fissa sul presente, su cui incombono solitudine, povertà, disperazione? Occorrerebbe innanzi tutto opporsi sia alla banalità di un presente in cui si sono svuotate parole come unità, democrazia, giustizia; sia alla futilità di un quotidiano dominata dalla comunicazione, la concentrazione sempre fissa sul presente. Parole forti, che sono piovute come pietre su un uditorio particolarmente attento, anche quando Petrocelli sottolinea la profonda diversità tra “funzione pubblica” e servizio pubblico, spesso inteso solo come attesa di occupabilità. Una visione economica e di mercato dell’istruzione, ormai fatta di debiti, crediti, performance, soddisfacimento dell’utente, servizi a pagamento. Pacchetti formativi che ormai si comprano come un’automobile.
L’Università di San Marino ha spiegato il Rettore investe soprattutto in attività di orientamento, anche con incontri con le famiglie, nella convinzione che scuola e università debbano essere funzionali all’accrescimento degli strumenti culturali e cognitivi necessari allo sviluppo e all’emancipazione della persone, per acquisire strumenti intellettuali e pratici che dovranno servire non solo nella vita lavorativa, ma anche in quella sociale. Petrocelli insiste molto sul ruolo e sulla funzione dell’Università, che sono in primis: ricerca e didattica.
UNIRSM non ha una facoltà medica, però ha dato vita ad una ricerca di frontiera volta a cogliere per tempo i segnali di future patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer. In ambito sanitario, due docenti di ingegneria gestionale hanno studiato le disuguaglianze dei sistemi sociosanitari e la correlazione con i sistemi socioeconomici. Sulla sostenibilità ambientale sono stati fatti progetti di ricerca sugli asfalti. Sulle acque, l’impianto idrico Daisy per tecnologie ecosostenibili e ridotto impatto ambientale. E poi i dibattiti sull’informazione e i media, il centro studi sulla memoria, l’osservatorio giovani, il centro per la ricerca didattica e il teatro di cittadinanza. La collaborazione con l’Authority pari opportunità sul contrasto alla violenza di genere. C’è la storia. C’è il design. C’è il percorso di avvicinamento all’Europa. Il programma fatto con la Fondazione Giovanni Paolo II. L’invenzione della mascherina per far leggere il labiale alle persone sorde. Il progetto per gli abiti e i kit di arredo per i salvataggi in mare. La sartoria dei migranti: abiti e arredi per ridare dignità a chi ha perso tutto.
Altro che una conventicola di “parrucconi”! L’Università di San Marino è una fucina di idee, di progetti, di giovani, di professori, un laboratorio continuo di ricerca e sperimentazione, una sede dove le relazioni internazionali non dimenticano l’umanità sofferente. È vero, mancano ancora molte cose: una casa per lo studente e nuovi ambiti di autonomia. Ma siamo certi che anche queste lacune presto diverranno conquiste. Intanto, già ieri mattina l’Ateneo ha firmato con il Congresso di Stato un protocollo di intesa che lo colloca come hub per il territorio da cui attingere importanti professionalità per le attività istituzionali di San Marino
a/f