Illustri ospiti, care colleghe e colleghi, ho accettato con piacere l’invito a partecipare a questa iniziativa anche se la Presidenza della Consulta dell’informazione a cui sono stato designato all’unanimità dal Direttivo è un incarico ancora pro-tempore che potrà essere perfezionato e attribuito solo dalla stessa Consulta nell’assemblea che è già stata fissata per la prossima settimana.
La legge recentemente approvata in Repubblica su editoria e operatori dell’informazione attribuisce alla Consulta, organo per certi versi assimilabile all’Ordine dei Giornalisti in Italia, una serie di compiti e tra questi quello delicatissimo dell’elaborazione di un codice deontologico su cui il Direttivo intende concentrare fin da subito le proprie energie.
Al di la di tutto questo lo spirito con il quale oggi partecipo a questo incontro è soprattutto quello dell’ascolto nella consapevolezza che la libertà di stampa, di pensiero, di cronaca, siano principi che vanno difesi ed esercitati ogni giorno, da ciascuno di noi. Si perché la libertà di stampa e sintomo di libertà nella sua accezione piu’ ampia. In Italia così come a San Marino credo si possa dire che ci troviamo in realtà che, per quanto migliorabili, siano caratterizzate da un certo pluralismo…E il pluralismo è la condizione essenziale per poter affermare che in un paese c’è liberta di stampa a prescindere dalla classifica della Freedom House – a mio umile parere discutibilissima – che pone l’Italia tra i paesi di serie b in cui la libertà di stampa è considerata solo parziale. Con questo non voglio dire che è tutto a posto, anzi… ma possiamo considerarci, a mio parere, abbastanza fortunati rispetto a paesi in cui spesso si va in galera o peggio si muore per scattare una fotografia o per aver scritto qualcosa contro il potere dominante.
Il pensiero dunque, pensando alla libertà di stampa, va alle colleghe e ai colleghi caduti sul campo per difenderla e conquistarla: 720 negli ultimi 10 anni, 66 nel 2014, quelli censiti da Reporters sans Frontiere. In gran parte si tratta di reporter che operano in scenari di guerra, per raccontare l’ORRORE…della guerra, e le loro corrispondenze, le fotografie, le immagini costituiscono forse lo strumento piu’ potente contro chi invece considera le armi, il terrorismo, la violenza, il modo piu’ efficace per imporre il proprio modello.
Penso quindi che anche quando noi lavoriamo comodamente seduti alle nostre scrivanie di fronte ai nostri computer, scrivendo di fatti piccoli o grandi, sarebbe bene avere a mente il sacrificio delle colleghe e dei colleghi morti sul campo. E il miglior modo per onorarli penso sia quello di scrivere ciò che si è appurato in piena libertà di coscienza senza cedere mai alle pressioni e ai condizionamenti, palesi o surrettizi, dei potentati politici o ecomomici. Anche così, credo, nel nostro piccolo, si può alimentare e consolidare la libertà di stampa: un bene comune che va difeso ogni giorno”.