San Marino. L’intervista a Simona Michelotti: “LA NOSTRA CAPACITÀ DI RIPRESA EQUIVARRÀ ALLA RIPRESA DELLO STATO. Necessaria intraprendenza”

Simona Michelotti, Amministratore Unico SIT

Simona Michelotti (SIT Group): “L’approccio al cambiamento – in particolare nel mondo delle imprese – non può che essere costruttivo, al contrario subirlo significherebbe perdere delle opportunità importanti. Certo che si prova paura di fronte all’emergenza sanitaria, ai numeri delle vittime e al rischio che come collettività ci vede coinvolti tutti. Ma sul fronte imprenditoriale, senza assolutamente voler minimizzare la portata del problema, l’intraprendenza la voglia di adeguarsi e la tenacia devono prendere il sopravvento su qualsiasi altro sentimento”.

Ogni giorno che se ne va falcidia redditi e PIL nazionale ma è importante rimanere lucidi.
Chi oggi ha il privilegio di lavorare sente forte anche il peso della responsabilità di fornire un servizio essenziale, il che impone competenza, affidabilità, onestà.
Ne abbiamo parlato con la fondatrice di SIT Group, la nota imprenditrice Simona Michelotti, che ci ha illustrato nel dettaglio il cambiamento imposto dal coronavirus.
Il momento è davvero duro, come lo state affrontando voi?

“Noi ci occupiamo della produzione di imballaggi per l’industria alimentare e dunque, facendo parte della filiera alimentare oggi assolutamente essenziale, abbiamo continuato a lavorare. Addirittura alcuni importanti clienti, preoccupati per la difficile situazione dei trasporti e per le complicazioni aggiunte per tenere aperti gli stabilimenti, ci hanno espressamente chiesto di garantire la continuità delle forniture, ringraziando l’azienda e le persone che ci lavorano per l’impegno e la dedizione in questo momento così delicato. La priorità rimane la salute e perciò, fin da febbraio, abbiamo introdotto rigorose misure interne di contenimento del rischio di contagio che ci hanno permesso di continuare a lavorare salvaguardando la salute, in assoluto il bene più prezioso e il valore più importante che guida da sempre le nostre scelte. Quasi tutte le attività di ufficio sono state gestite con lo smart working, per quelle che invece non lo consentono, come la produzione, le persone hanno continuato a lavorare rispettando scrupolosamente le nuove procedure, consenso di responsabilità e anche con l’orgoglio di sapere che la disponibilità di cibo nei supermercati – una delle poche certezze rimaste se non l’unica – è anche in parte merito loro. Di questo siamo veramente fieri”.

Il suo è un punto di vista certamente originale, denso di spunti sui quali riflettere a fondo, soprattutto considerando il rigore delle normative. Il rispettarle non è complesso?

“Più che complesso è necessario e quindi è giusto adeguarsi. D’altronde è proprio nei momenti di difficoltà che si riescono a esprimere meglio la creatività e la capacità di mettere in discussione le routine e le abitudini tipiche di una raggiunta zona di comfort. Le cose sono cambiate per l’emergenza, e probabilmente anche il futuro ci riserva ulteriori spinte innovative nella gestione delle attività. Per questo le procedure che abbiamo introdotto verranno ulteriormente affinate, riviste, adeguate a quella che sarà la nuova realtà nelle fasi successive. Ciò accadrà in tutti i settori dell’economia e in tutti gli ambiti della nostra vita.

L’approccio al cambiamento – in particolare nel mondo delle imprese – non può che essere costruttivo, al contrario subirlo significherebbe perdere delle opportunità importanti. Certo che si prova paura di fronte all’emergenza sanitaria, ai numeri delle vittime e al rischio che come collettività ci vede coinvolti tutti. Ma sul fronte imprenditoriale, senza assolutamente voler minimizzare la portata del problema, l’intraprendenza la voglia di adeguarsi e la tenacia devono prendere il sopravvento su qualsiasi altro sentimento”.
Se da una parte vi è l’opportunità di ripensare certi modelli, dall’altra i costi devono essere diventati altissimi e qui non ci si può non chiedere: alla fine chi pagherà?

“Il tema è molto sensibile perché in effetti l’emergenza ha prodotto, pur nella condizione privilegiata di chi ha potuto continuare a lavorare, costi molto ingenti. Da un lato le procedure di lavoro modificate che tolgono produttività, dall’altro le spese per i dispositivi di protezione individuale e la sanificazione settimanale di tutte le aree di lavoro, dall’altro ancora l’aumento dei prezzi delle materie prime e in particolare dei trasporti. Come SIT stiamo poi affrontando l’ulteriore peso dell’investimento in corso per il nuovo stabilimento di produzione a Faetano, quasi ultimato, e che ora è fermo per la chiusura dei cantieri, a fronte però di pagamenti dei mutui che dobbiamo continuare a onorare. La velocità degli eventi ci ha fatto subire per più di un mese la totalità degli aumenti. Tuttavia a distanza di tempo, la situazione rischia di diventare poco sostenibile e perciò successivamente abbiamo cercato di coinvolgere i clienti per condividere, con grande difficoltà e almeno in parte, questi enormi costi. Certo siamo consapevoli che i budget elaborati a fine dello scorso anno sono oggi solo un bel ricordo di come vedevamo il futuro”.

In tanti lamentano la mancanza di aiuti concreti, è possibile pensare di venirne fuori con il sostegno dello Stato?

“La situazione è difficilissima a livello globale, per qualsiasi paese al mondo. Per San Marino temo che sia ancor più delicata, perché non può contare sull’aiuto di un contesto economico e finanziario forte come l’Unione Europea e quindi si trova sostanzialmente solo a far fronte, con le risorse che già scarseggiavano prima, a una emergenza estremamente grave e inaspettata. La risposta di tutti i paesi alla crisi economica in cui si sta tramutando quella sanitaria è evidentemente l’immissione di liquidità nel sistema, ma come si diceva prima San Marino non può contare sui fondi europei né può accedere facilmente a strumenti finanziari di emergenza. Lo sforzo collettivo e congiunto sarà per il Governo il reperimento degli adeguati finanziamenti e per tutti noi imprenditori e cittadini la disponibilità a mettersi in gioco e ad affrontare anche dei sacrifici. Ovviamente un sacrificio giusto e utile, veramente finalizzato a superare il momento difficile per poter aspirare in futuro a una vita e anche a una situazione di Paese migliore rispetto agli ultimi anni. Perché la nostra capacità di ripresa equivarrà alla ripresa dello Stato. Per farcela dovremo abbandonare ogni individualismo e ispirarci invece a sentimenti di solidarietà e ambizione per la nostra Repubblica”.

Olga Mattioli, La RepubblicaSM