Si riportano di seguito i principali profili di criticità riscontrati nell’analisi della documentazione fornita in data 17 giugno 2017 afferente il provvedimento di Liquidazione coatta amministrativa (LCA) di Asset Banca, già in Amministrazione Straordinaria, in ordine alla quale è stata chiesta una analisi di conformità ai canoni tecnici di norma utilizzati nell’adozione di analoghi provvedimenti straordinari e di conformità alle disposizioni di legge e di vigilanza in materia.
I criteri adottati nell’analisi sono quelli della logicità intrinseca del provvedimento, della correttezza delle procedure seguite dall’Autorità di vigilanza e della coerenza tecnico-normativa formale e sostanziale del provvedimento in esame.
Per ognuno dei documenti componenti il fascicolo si analizzano – in maniera sintetica – gli elementi di maggiore attenzione suscettibili di ulteriori approfondimenti.
I. Delibera del Coordinamento della Vigilanza del 12 giugno 2017
La delibera che dispone la LCA della banca è stata assunta sulla base di tre distinti presupposti, tutti ritenuti di eccezionale gravità, integrando formalmente quanto richiesto dall’art. 85 della LISF e in particolare:
- Perdite patrimoniali che hanno azzerato i fondi propri e determinato un deficit patrimoniale di oltre 35 milioni di euro, tale da pregiudicare la possibilità di integrale rimborso delle passività.
- Disfunzioni organizzative e irregolarità gestionali che hanno comportato il sistematico deposito ed approvazione di comunicazioni sociali non veritiere;
- Perdurante crisi di liquidità.
Soffermiamoci sui singoli aspetti.
Le perdite patrimoniali, rispetto al provvedimento di gestione provvisoria ex art. 84 LISF del 14 febbraio 2017 e quello di amministrazione straordinaria ex art. 78 LISF del 2 marzo 2017, sono per la prima volta quantificate, risultando tali da determinare un deficit patrimoniale di oltre 35 milioni di euro.
Tuttavia, appare anomala l’assenza di ogni riferimento all’AQR – condotta da Banca Centrale nel corso del secondo semestre 2016 e che doveva concludersi entro marzo 2017 – che risultava invece esplicitamente richiamata nei primi due provvedimenti (gestione provvisoria e AS) quale strumento che avrebbe fatto emergere gravi perdite patrimoniali (all’epoca non quantificate), nonostante la banca fosse già oggetto di accertamenti ispettivi da ottobre 2016.
Come vedremo in seguito, l’AQR condotta dalla vigilanza non verrà più citata dal COOVIG fondando il computo delle perdite patrimoniali sulle nuove perizie condotte da “esperti indipendenti” nominati nel periodo di AS.
Tutta l’attività di vigilanza condotta in precedenza è come se non rilevasse.
Corollario della quantificazione delle perdite e del deficit è l’emersione di uno stato di insolvenza (incapienza delle attività patrimoniali a garantire il rimborso di tutte le passività aziendali) per il quale andrebbe richiesta al Tribunale la relativa dichiarazione ai sensi dell’art. 98 della LISF. Tuttavia, su tale aspetto, la delibera del Coovig appare sfumata in quanto le perdite sono ritenute allo stato in grado di pregiudicare la possibilità di rimborso delle passività.
Le gravi irregolarità di cui al punto b) presuppongono una sistematica volontà di occultare la reale situazione patrimoniale e reddituale della banca. Sono sostanzialmente paventati i reati di falso in bilancio e ostacolo all’azione di vigilanza.
Tali affermazioni sono il risultato delle svalutazioni operate dagli esperti indipendenti nominati dai commissari chiamati a quantificare il deficit. È altresì interessante notare che alle rettifiche integrative sui crediti in essere al 31.12.2016 stimate dall’esperto esterno Giambattista Duso in 33,5 milioni di euro, ai quali sembra di sommino ulteriori svalutazioni forfettarie per ulteriori 14,4 milioni di euro senza che siano forniti dettagli sulle posizioni considerate e sui criteri di valutazione adottati (cfr. infra).
Tali affermazioni circa la volontà di occultare il reale stato patrimoniale dell’azienda presuppongono che l’intera filiera dei controlli contabili ha fallito (responsabile amministrativo, società di revisione, internal auditing, collegio sindacale) consentendo una così macroscopica sopravvalutazione degli attivi. E ciò, nonostante il rafforzamento dei presidi di controllo come richiesto dalla normativa di vigilanza in materia di valutazione dei crediti (si veda artt. VII.IX.11 e il Regolamento BCSM n. 2015-01 del febbraio 2015).
La valutazione della vigilanza (ripresa integralmente nella relazione a firma dell’Avv. Sommella come Responsabile del Servizio di vigilanza ispettiva) tuttavia non sostanzia i fattori che in concreto hanno determinato la “falsità” delle scritture contabili.
La falsità del bilancio è un reato che – come previsto dall’art. 316 del codice penale sammarinese – presuppone l’esposizione fraudolenta di “fatti non rispondenti al vero”, senza tuttavia effettuare alcun richiamo alle valutazioni delle poste di bilancio.
In passato dottrina e giurisprudenza hanno sostenuto che l’ipotesi dell’erronea valutazione delle attività nel bilancio sociale normalmente non rientra nel campo della falsità dei bilanci salvo quando essa oltrepassi il limite di ogni ragionevolezza, non potendo in tal caso parlarsi di discrezionalità, ma di valutazione artificiosa mirante a nascondere gli utili realizzati o a dimostrare l’esistenza di utili che, in realtà, non esistono.
Nell’esperienza concreta maturata in Italia, l’esposizione di un “fatto non rispondente al vero” può essere ricondotto ad una serie di eventi quali:
- a) appostare in bilancio ricavi o costi non reali (perché ad esempio derivanti da operazioni inesistenti documentate da fatture false);
- b) lasciare in bilancio crediti sebbene ormai definitivamente inesigibili per il fallimento senza attivo del debitore;
- c) la valutazione di qualcosa di inesistente come ad esempio un credito inesistente, inesigibile o irrealizzabile;
- d) l’omessa indicazione della vendita o dell’acquisto di beni;
- e) mancata svalutazione di una partecipazione nonostante l’intervenuto fallimento della società controllata;
- f) l’omessa indicazione di un debito derivante da un contenzioso nel quale si è rimasti definitivamente soccombenti;
- g) indicare crediti inesistenti in quanto originati da contratti fittizi;
- h) indicare all’attivo dello stato patrimoniale il credito nei confronti di un cliente per “fatture da emettere” in violazione del principio di competenza, afferendo i ricavi all’esercizio successivo ed essendo il contratto concluso solo l’anno dopo;
- i) indicare tra i crediti verso clienti un importo in relazione all’emissione di una fattura per operazioni inesistenti.
L’elencazione non è ovviamente esaustiva ma comunque fa capire di cosa si stia parlando ossia di “fatti non veri” e non di mere valutazioni o stime non corrette di “fatti esistenti”.
Il tema delle valutazioni degli attivi di bilancio è uno dei più complessi, specie per le banche sammarinesi tenuto conto che la stima dei valori di recupero è spesso difficile non può beneficiare delle risultanze – come più volte rilevato dallo stesso Duso – dell’assenza di una Centrale dei rischi che dialoghi che l’omologa italiana.
Da ultimo con riferimento al perdurante stato di non liquidità, risulta paradossale che tale situazione – reale ed oggettiva al 12 giugno 2017 – sia in realtà stata indotta dal commissariamento della Banca, non avendo la stessa alcun problema di liquidità prima del 14 febbraio 2017. Dalla stessa documentazione prodotta dal Commissario Straordinario Venturini emerge il degrado della liquidità nel corso del periodo di AS che ha condotto l’8 maggio ad assumere il provvedimento di sospensione dei pagamenti.
Dalla delibera del COOVIG, diversamente dai punti di cui sub a) e b), non emergono i motivi della crisi di liquidità proprio perché riconducibili alla procedura straordinaria decisa dallo stesso COOVIG, con conseguenti responsabilità dirette di BCSM nella gestione della crisi di liquidità, anche alla luce del ritardato blocco dei pagamenti.
II. Relazione del dott. Giambattista Duso
La relazione redatta da Giambattista Duso costituisce uno dei documenti centrali a supporto della richiesta di LCA firmata dal Commissario Straordinario Venturini e della delibera del COOVIG in quanto concorre a determinare in prima approssimazione un primo gap di rettifiche su crediti pari a 33,59 milioni di euro.
La prima anomalia attiene ai tempi strettissimi che sono stati concessi all’esperto indipendente per condurre la sua revisione del valore dei crediti. Gli sono stati infatti assegnati 7 giorni lavorativi (dal 5 al 14 aprile 2017).
Tale aspetto appare ancor più anomalo qualora si consideri che:
- Banca Centrale era presente in Asset Banca dal 4 ottobre 2016 con il suo gruppo ispettivo (per condurre un’ispezione di tipo generale),
- Asset Banca aveva fornito, a partire da dicembre 2016, copiosa documentazione sullo stato di salute dei propri attivi incluse le perizie aggiornate sugli immobili richieste da BCSM a tutte le banche per fine gennaio 2017;
- I consulenti della Boston Consulting stavano conducendo una approfondita analisi ai fini AQR (citata nei provvedimenti precedenti).
Tutto questo lavoro di analisi e valutazione non viene compiutamente descritto nella relazione dell’Avv. Sommella. Risulta evidente che il lavoro dei commissari Dispinzeri e Pedrizzi, prima, e di Venturini, poi, sia stato quello di sostanziare i presupposti formali presenti nel provvedimento di AS in vista della successiva LCA alla quale – come rilevato dalla sentenza del Commissario della Legge Pasini che ha accolto il ricorso sull’AS – tutta la gestione della procedura di AS sembrava preordinata.
Secondo quanto affermato dallo stesso esperto indipendente, il brevissimo lasso temporale a disposizione, la “mancata preparazione di visure/perizie immobiliari aggiornate e tecnicamente adeguate su tutte le posizioni rilevanti” e la mancata conoscenza dei costi di recupero hanno comportato inevitabilmente importanti margini di approssimazione nelle valutazioni riportate nel documento.
Il perito afferma pertanto di non avere avuto modo – per i suddetti vincoli temporali richiesti per la produzione degli esiti dell’analisi (cfr. pag. 2 della relazione) – di analizzare tutte le carte.
Non si comprende tuttavia come sia possibile ritenere assente la documentazione aggiornata sulle perizie degli immobili posti a garanzia dei crediti. Come infatti sopra richiamato tutte le banche, Asset compresa, dovevano aggiornare tali relazioni entro gennaio 2017.
Analizzando il contenuto della relazione di Duso, emerge come l’ammontare e la numerosità delle posizioni siano stati verificati soltanto sulla base di documenti predisposti da non meglio precisati uffici competenti della banca.
In particolare, sarebbero state analizzate 248 posizioni, su 536 crediti di importo superiore ai 100 mila euro, che hanno comportato rettifiche per 24,4 milioni di euro sui crediti dubbi mentre per altre posizioni sono tati sono state effettuate riclassificazioni di 31 posizioni in bonis da trasferire a incaglio o porre sotto osservazione. Nel complesso le rettifiche integrative ammonterebbero a 33,5 milioni di euro, oltre 14,4 milioni di presumibili rettifiche forfetarie sui bonis.
Quello che emerge dalla relazione è la volontà di allineare i coverage ratio sui crediti dubbi a quelli prevalenti sul mercato del credito italiano ed europeo. In tema di sofferenze, a pag. 4 della relazione, viene dichiarata l’esigenza di incrementare la quota di copertura delle sofferenze superiori a €100.000 ad almeno l’80%, in modo da innalzare quella delle sofferenze nel loro complesso al 65%.
Trattasi peraltro di percentuali di gran lunga superiori a quelle medie applicate dalle banche europee. Secondo una recente analisi di Prometeia il coverage ratio degli NPL, nel 2016 si è attestato al 51,4% tra le banche UE (cfr. http://www.prometeia.it/evoluzione-coverage-ratio-gestione-npl).
Analizzando il dettaglio del grado di copertura delle sole sofferenze il dato medio italiano si attesta intorno al 58%. Non si comprende pertanto come la dichiarazione di principio di di Duso di innalzare il tasso di copertura delle sofferenze fino all’80% (per quelle di importo superiore ai 100k) possa essere giustificata.
In buona sostanza, molte delle rettifiche effettuate sono apparentemente analitiche ma di fatto comportano l’applicazione di percentuali forfettarie specie per le categorie in bonis per le quali – pur ammettendo in alcuni casi che la garanzia poteva risultare capiente – il tasso di accantonamento (o meglio di rettifica) sul credito oscillava comunque tra il 25 e il 30%.
D’altronde, non sarebbe stato possibile nell’arco di 7 giorni lavorativi condurre un’analisi approfondita dei singoli fascicoli in modo da svolgere una seria attività di valutazione del credito sulla base di tutti gli elementi a disposizione.
In tale contesto, si ritiene altresì che abbia giocato un ruolo fondamentale il supporto fornito dagli uffici competenti in materia di contenzioso ovvero di controllo del rischio che hanno fornito i semilavorati. Sarebbe pertanto utile comprendere se gli stessi elaborati sottoposti agli organi della procedura erano stati messi anche a disposizione della Direzione Generale e del Consiglio di Amministrazione, prima dell’avvio della gestione provvisoria, o siano invece frutto di rielaborazioni successive.
In conclusione, appare del tutto anomalo che un processo di valutazione complesso da cui dipende la stima del patrimonio aziendale dipenda in larga misura da stime frettolose, redatte ex novo e non sulla base della documentazione acquisita dalla Vigilanza in sede ispettiva e di AQR.
III. Relazione del Commissario Straordinario Venturini
La relazione si apre con una descrizione della situazione di liquidità della banca e del grave deterioramento della stessa. Di nuovo, come anche nella relazione dell’Avv. Sommella, non vi è cenno alle cause che hanno indotto l’illiquidità aziendale (la stessa gestione commissariale), diversamente dagli altri profili di ”eccezionale gravità” per le quali è annessa una piena responsabilità ai disciolti organi aziendali.
Nel paragrafo 3 della Relazione si affronta il tema delle gravi irregolarità nell’amministrazione della Banca e delle perdite patrimoniali. A pag. 4 viene inoltre riportata una lunga nota con esempi di finanziamenti avvenuti in violazione dei principi di sana e prudente gestione, specie con riferimento ai rapporti di finanziamento con parti correlate.
Certo è che in materia di soci non viene precisato se il finanziamento concesso sia stato o meno dedotto dal patrimonio di vigilanza della banca, al netto delle eventuali passività nei confronti del socio medesimo, come disposto dall’art. VII.II.4, comma 4 del Regolamento BCSM n. 2007-07.
Qualora fosse intervenuta la deduzione, la Banca presentava un patrimonio di vigilanza che già scontava l’importo del finanziamento concesso e pertanto il rispetto dei parametri prudenziali non sarebbe stato messo in discussione dal finanziamento di per sé.
Infatti, eventuali perdite sul credito erogato avrebbero comportato – per gli stessi importi passati a perdita – un minore deduzione dal patrimonio di vigilanza per cui non vi sarebbe stato nell’immediato un effetto diretto. Le criticità riscontrate incidono piuttosto sulla redditività aziendale e sull’eventuale concessione di prestiti a condizioni agevolate.
Sul tema della classificazione e valutazione dei crediti, valgono le considerazioni già svolte nei paragrafi precedenti in tema di false comunicazioni sociali. Altrettanto, incerta è la determinazione del valore della rettifica.
Infatti, al di là delle condizioni economiche applicate e delle criticità organizzative emerse nel monitoraggio e recupero del credito, non sono state compiutamente giustificate le rettifiche apportate dal Commissario.
Sono inoltre del tutto assenti le valutazioni sulle immobilizzazioni materiali che hanno indotto alla registrazione di rettifiche per 8,1 milioni di euro.
Dall’esame della documentazione si ribadisce che appare ingiustificata la valutazione del patrimonio aziendale sulla base di perizie ad hoc, redatte in tempi strettissimi e senza una compiuta analisi delle carte.
Per quale motivo, verrebbe da chiedersi, l’Autorità di vigilanza (presente in Asset Banca dal 4 ottobre 2016 prima in ispezione, poi dal 15 febbraio 2017 come gestore provvisorio e poi dal 2 marzo in AS) ha reputato necessario affidarsi per l’esame dei crediti a periti esterni conferendo un incarico in tempi così stretti dal 5 al 14 aprile 2017, proprio nell’imminenza del giudizio sul ricorso urgente presentato dagli amministratori di Asset Banca (pubblicata il 12 aprile 2017)?
Si tratta, tra l’altro, di valutazioni che non avranno mai una controprova non essendo possibile per Asset Banca gestire la fase di recupero del credito.
Da ultimo, rileva la considerazione finale del Commissario Straordinario, il quale afferma che “sulla base delle perdite definitivamente accertate” ritiene che non sussistano i presupposti per la convocazione dell’assemblea dei soci.
È paradossale che i soci, dichiaratisi sin dal primo momento disponibili a sostenere patrimonialmente l’ente, siano stati esclusi da ogni possibile interlocuzione con gli organi della procedura per tutelare il proprio investimento e rilanciare l’attività aziendale.
Tale atteggiamento tradisce una volontà – come rilevato dallo stesso Commissario Pasini nella sentenza 17/2017 – che sin dall’inizio è apparsa finalizzata alla liquidazione dell’ente piuttosto che al suo recupero.
IV. Relazione del l’Avv. Sommella
La relazione redatta dal Responsabile del Servizio Vigilanza Ispettiva presenta in primo luogo vizi formali.
Nelle conclusioni infatti l’Avv. Sommella, che dovrebbe sottoporre la relazione al COOVIG per la conseguente valutazione e decisione da eseguire a firma del Presidente del COOVIG (ossia il Direttore Generale), in realtà firma direttamente la relazione stessa (che ha valenza esterna, dovendo risultare allegata al provvedimento) e si esprime a nome del COOVIG non avendone né il potere né la delega.
Per quanto attiene al suo contenuto, valgono tutte le anomalie già richiamate nelle pagine precedenti in tema di valutazione degli attivi patrimoniali.
Emerge tuttavia un profilo ulteriore relativo alle motivazioni del mancato coinvolgimento dei soci (riportate alle pagg. 13 e 14).
Sostanzialmente si accusano i soci di:
- non avere impedito il degrado aziendale ma anzi di avervi concorso non avendo assunto iniziative per evitare il persistente squilibrio economico e patrimoniale, dimenticando in realtà le ricapitalizzazioni effettuate negli anni. Non risulta inoltre che vi fosse uno squilibrio patrimoniale prima del commissariamento;
- non essere in grado di sostenere l’intervento di ricapitalizzazione, che tuttavia sconta approssimazioni e approcci metodologici passibili di ampia revisione.
In conclusione, non è stato consentito ai soci di tutelare in nessun modo il proprio investimento patrimoniale, con conseguenti responsabilità degli organi della procedura che hanno ostacolato ogni iniziativa volta al risanamento aziendale.
I soci Asset Banca