San Marino. L’ISS di ieri: sprechi, storture, gestione e organizzazione fuori controllo. Tutto quello che non si può dimenticare … di Alberto Forcellini

Se il potenziamento del servizio territoriale, o il potenziamento della medicina di base dovessero passare attraverso l’assunzione di nuovo personale, questa non è la strada per risolvere i problemi.

Parole e musica del Segretario alla Sanità Roberto Ciavatta che, con una semplice indicazione all’aula consiliare, offre un primo assaggio di quello che sarà il Piano Sanitario (probabilmente in Consiglio a luglio) e il successivo atto organizzativo.

In sostanza lascia intendere che non si risolveranno i problemi della Sanità con le classiche infornate o con elargizioni di soldi a pioggia. Troppi sprechi, troppe storture, troppe discrezionalità si sono accumulate negli anni, tanto da rappresentare un quadro generale fuori controllo sia dal punto di vista delle spese, sia della gestione.

“Ospedale in mano al racket” erano i titoli dell’estate 2018 per descrivere il caso delle badanti, gestite in forma di caporalato. Un fenomeno distorsivo dell’assistenza ospedaliera privata, ormai in auge da anni, per un giro di guadagni di centinaia e centinaia di migliaia di euro. Tutti in nero. A spese degli utenti. Articoli di fuoco, denunce, esposti in tribunale e, ovviamente, coinvolgimento della politica perché mettesse un freno. L’allora Segretario di Stato Franco Santi, rispose: c’è già un regolamento. Ma il nodo era proprio lì, in un testo normativo che lasciava spazio interpretativo all’ingresso di estranei in ospedale in orari notturni. Il fenomeno delle badanti in nero è stato eliminato drasticamente all’inizio della nuova legislatura, gennaio/febbraio 2020.

Fuga dei medici dall’ISS. Altra triste vicenda che si è manifestata soprattutto nel 2019, risolta dal governo di allora elargendo molti soldi su stipendi già più alti rispetto all’Italia. Ma senza risolvere il problema, perché il nodo era su altri fronti. Risultato, un aggravio di costi di oltre 4 milioni all’anno.

Sale operatorie. Qualche anno fa scoppiò il caso del blocco operatorio, che aveva bisogno di aggiornamento e modernizzazione soprattutto per una delle sale. Un progetto da 2 milioni di euro. Che sono diventati 6, con un prolungamento di tempi inaccettabile, disastri di ogni genere, fino al crollo del soffitto sulla testa di un chirurgo mentre operava.

Spese fuori da ogni controllo sia sui farmaci e presidi sanitari, sia sulle strumentazioni. Come quei due strumenti oculistici, circa 30 mila euro ciascuno, che non si sa chi li abbia ordinati, ma sono stati pagati, per poi rimanere inutilizzati in un corridoio.

Contratti di lavoro. Si può ben dire che non c’è un’altra azienda al mondo al cui interno siano contemplate decine e decine, forse qualche centinaio, di tipologie contrattuali. Un vero nodo gordiano che, se da una parte dimostra la gestione personalistica e discrezionale della struttura, dall’altra impedisce qualsiasi possibilità di organizzazione razionale dei servizi.

Non siamo in grado di sapere se questi fatti, riportati dalle cronache, siano stati contemplati nell’audit ISS e nelle carte che sono state inviate al tribunale, e quanti altri siano stati elencati. Ma tanto basta per capire i motivi per cui l’ospedale, dalla sua costruzione ai giorni nostri, sia stato un cantiere perenne; perché periodicamente si siano scatenate lotte interne fratricide, con veti e ricatti trasversali; perché ci siano dei servizi che non funzionano; e perché non abbia ancora l’accreditamento esterno.

Giusto chiedere un audit anche per gli anni 20/21, in piena era Covid per verificare se e come siano cambiate le cose. Ma qualche assaggio ce l’abbiamo fin da ora. Lo si è visto nel corso del dibattito sul decreto che stabilisce le norme per il personale sanitario no-vax. La richiesta dell’opposizione era di considerare questi dipendenti come quelli sottoposti a sospensione, cioè a metà stipendio. Il decreto, invece, stabilisce un assegno di 600 euro mensili per gli operatori sanitari non vaccinati, che non abbiano trovato una ricollocazione nei servizi sociosanitari. Il perché, spiegato dal Segretario di Stato, ha soprattutto una valenza prospettica. Infatti, stare a casa con circa 3 mila euro di stipendio, nel caso di una prossima campagna vaccinale, come sicuramente avverrà tra qualche mese, potrebbe allettare l’idea a molti professionisti. I quali potrebbero decidere di non vaccinarsi e stare a casa. L’eventualità porterebbe conseguenze tragiche per l’organizzazione dell’ospedale. E siccome la disposizione è stata concordata con le organizzazioni sindacali, si è andati su questa strada.

Ognuno la può pensare come vuole, ma questo è quanto.

a/f