
“Liste di attesa sempre più lunghe!”. A lanciare l’allarme, lo scorso 11 gennaio (leggi qui) è la Csdl, il sindacato ancora oggi guidato, nonostante il flop del recente e controverso sciopero generale (leggi qui), dal Segretario Generale Enzo Merlini. Un allarme che è stato immediatamente raccolto e rilanciato da Libera (leggi qui) trasformandosi in sonora critica politica all’indirizzo del governo in carica, la cui Segreteria di Stato alla Sanità ha visto nella scorsa primavera l’interim di Massimo Ugolini e la successiva nomina di Mariella Mularoni conseguenti alle dimissioni del “retino” Roberto Ciavatta.
Oggi, scorrendo i dati ufficiali in mano all’Iss, scopriamo che le liste di attesa, nell’ultimo trimestre 2023, si sono mediamente ridotte rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente. E ciò rende gravissimo il messaggio lanciato dal sindacato di Merlini che ha avuto un’ampia eco nel Paese e ha alimentato una sorta di “diffamazione” politica e, per certi versi personale, indirettamente, di delegittimazione delle competenze e delle scelte del Segretario di Stato alla Sanità in carica dalla scorsa estate.
Non sono mai stato generoso -pur riconoscendo l’esiguità di tempo trascorso dalla sua nomina ai vertici politici della sanità pubblica- con il Ministro Mularoni, che ha fatto non poco nei pochi mesi del suo mandato (ad esempio cancellato l’inefficace COT che il suo predecessore aveva blindato con il supporto del DG Francesco Bevere) ma dal quale mi attendevo interventi ben più radicali, se non altro nella ridefinizione dei vertici gestionali Iss.
Ogni critica deve essere sempre fondata su basi concrete e reali… Principio che, evidentemente, in casa Csdl qualcuno sembra aver ignorato, magari “accecato” dall’opportunità di mettere in difficoltà un governo non gradito e già nel mirino, sul fronte sanitario, delle opposizioni (Libera e Rf) che come scritto ieri (leggi qui) hanno depositato una interpellanza che, più o meno direttamente, semina dubbi sull’operato dei nuovi responsabili del servizio di “tutela minori”, “si dice” feudo della sinistra ma recentemente oggetto una profonda riforma e riorganizzazione gestionale che ne ha minato l’addotta egemonia a sinistra… Ma questa è un’altra storia.
Oggi a tenere banco è la clamorosa e gravissima distorsione della realtà perpetrata dal sindacato di sinistra ai danni di chi guida e amministra il Servizio Sanitario pubblico. “In netto e ulteriore peggioramento, in media -scriveva la Csdl- vi sono i tempi di attesa per le visite specialistiche e gli esami diagnostici, come da tabella estrapolata dal sito dell’ISS, che mette in evidenza anche le differenze registrate tra il 2023 e l’anno precedente. Si evince agevolmente il motivo per il quale molte persone sono indotte a rivolgersi alle strutture di medicina privata, che anche a San Marino sono proliferate”.
Quindi, la Csdl ha dato numeri a caso per giungere alla conclusione errata? No… Ma sembra aver preso in esame i soli dati funzionali ad avallare la tesi del “peggioramento”, seppure questi fossero minoritari rispetto agli altri.
Facciamo, allora, una analisi “asettica”, basata su dati più ampi, ovvero sulle 30 liste principali per prestazioni prenotabili a CUP (escludendo le liste di attesa chirurgiche e radiologiche) e sottolineando che queste, seppure -al contrario di quanto sostenuto dalla Csdl- mediamente in miglioramento rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente, restano ancora troppo lunghe per poter garantire un servizio efficace per l’utenza. Ma un conto è far credere che tutto stia peggiorando, un altro è prendere atto dei risultati ottenuti ritenendoli importanti, rassicuranti in prospettiva ma non ancora sufficienti.
Ma andiamo ai numeri nudi e crudi in una analisi che prende a riferimento i documenti sul sito dell’ISS relativi alle liste di attesa delle prestazioni ambulatoriali prenotabili al CUP, dove vengono comparate le prime prestazioni (quelle di prima diagnosi, ovvero dove i tempi massimi di attesa previsti sono di 30 giorni) fornite all’utenza nei mesi ottobre 2022, novembre 2022 e dicembre 2022 con quelle di ottobre 2023, novembre 2023 e dicembre 2023 (dove compare la voce “Lista di Attesa” si considera una attesa di 150 giorni).
Così, e la matematica non è una opinione, scopriamo che nel trimestre in oggetto (periodo di riferimento ben più rappresentativo di un singolo mese) si nota un deciso miglioramento della durata media (in giorni) delle attese per l’utenza, riducendosi da 58,4 a 46,4 giorni. Un trend che risulta confermato anche nella volatilità dell’attesa media delle prestazioni, che si è ridotta da 56,7 a 48 giorni. Infatti, si registra una durata media delle prestazioni per unità di volatilità media dell’ultimo trimestre 2023 del 97% rispetto al 103% dell’ultimo trimestre 2022, indicando migliori performance e stabilità nell’erogazione delle prestazioni.
Inoltre, l’analisi produce risultati positivi anche considerando l’andamento mensile degli ultimi tre mesi 2023, periodo pur breve statisticamente ma eloquente nella conferma di un certo consolidamento del trend: il valore medio dei giorni di attesa si è ridotto da 50 giorni media di ottobre 2023 (contro i 63,5 giorni di ottobre 2022), passando per 50,1 giorni medi di novembre 2023 (contro 60,3 giorni di novembre 2022) e arrivando addirittura a 39 giorni medi di dicembre 2023 (contro i 51,2 giorni di dicembre 2022). Ciò significa che dopo il forte miglioramento rispetto l’ultimo trimestre 2022, nel corso dell’ultimo trimestre 2023 -dal primo ottobre al 31 dicembre- la situazione è migliorata di un ulteriore 22%.
I dati che smentiscono le conclusioni allarmistiche e, per certi versi, catastrofiste della Csdl sono molteplici. Per oggi ci fermiamo a questi anticipando (come vedremo meglio domani).
Ma cosa ha portato la Csdl -erroneamente o deliberatamente- a concludere che “le liste di attesa sono sempre più lunghe”? A prima vista gli “analisti” del sindacato di sinistra sembrano aver preso in esame esclusivamente i dati peggiori fra novembre e dicembre, ignorando ad esempio totalmente ottobre e per le agende “chiuse” a causa della carenza di medici non hanno considerato il miglioramento di fine 2023. Inoltre, e non è un aspetto da poco, hanno mischiato in un unico “calderone” sia le prime visite diagnostiche (più urgenti perchè da queste dipende la prima diagnosi) che le successive indagini diagnostiche, meno urgenti. Ciò significa che una riduzione dei tempi di attesa -come priorità vista l’emergenza in il sistema versava alla fine del 2022- delle prime diagnosi può corrispondere ad un allungamento dell’attesa per quelle meno urgenti…
Sta di fatto che -se fossi un fact-checker- non esiterei ad appioppare il “timbro” FAKE (per l’analisi non basata sul totale dei dati ma su un contesto estremamente limitato, parziale e non indicativo statisticamente) alle accuse e agli allarmismi diffusi dalla Csdl relativamente alle liste di attesa in sanità e, indirettamente, all’implicita critica verso l’attuale Segretario di Stato alla Sanità.
Enrico Lazzari