Attorno alla carcassa del morto ci sono sempre i soliti avvoltoi. Il “morto” è lo Stato, il Paese, la Repubblica, oltraggiata come non mai dalla “cricca”, che ne ha svuotato non solo le casse, ma anche i più alti valori istituzionali. Se si ha senso dello Stato, bisogna mettersi lì con pazienza e cercare di mettere le toppe. Il problema viene dal fatto che la battaglia è stata vinta grazie alle elezioni del dicembre 2019, ma la guerra si presenta ancora lunga. Basti leggere i giornali di opposizione per capire che gli avvoltoi sono sempre lì fuori, pronti ad avventarsi su ciò che rimane.
Fuori dalle stanze dei bottoni, cosa usa dunque l’opposizione? Le consuete “armi di distrazione di massa”, così sapientemente usate nel passato recente. Vi ricordate lo “shock finanziario” di Celli? Fu la mossa per scatenare una serie di interventi come la chiusura di Asset, il fallimento di Carisp, il caso titoli. Tutte vicende di cui la gente, preoccupata di altro, non ebbe immediata percezione.
Di cosa non bisogna parlare oggi? Di Buriani, di Caprioli, di Grandoni, di Daniele Guidi, di Asset, del processo di appello del conto Mazzini, che sta slittando dal 2018.
E allora, siccome non ci si può complimentare per una campagna vaccinale che è stata condotta con tutti i crismi e che gode dell’approvazione della gente, o dei numeri dei contagi che stanno crollando, si fanno le interpellanze alla Sanità: 43 nell’anno della pandemia. Una media di 3 / 4 al mese. No comment!
Si parla in maniera estenuante dei fatti di via Giacomini. Una leggerezza che si doveva evitare, ma che va ricondotta nell’alveo delle giuste considerazioni. Invece si è voluto talmente esagerare, rivestendola di una connotazione politica impropria, che la gente si è stancata e non ne vuole più sentire parlare. Peggio ancora, scrolla le spalle quando si dice che, a causa di quei fatti, la legislatura è finita. Di solito, la legislatura finisce dopo 5 anni, o se c’è una crisi della maggioranza. Non perché lo urla un titolo di giornale!
Dietro a tutto questo c’è una partita politica pesante, che traspare dagli attacchi quotidiani a Rete, seconda forza di maggioranza, per insinuarsi nelle diversità della maggioranza, cercando di sostituirsi ad essa nel ruolo di governo. Dava fastidio quando era all’opposizione, dà ancora più fastidio adesso che è forza di governo. E allora parte, o meglio continua, il crucifige.
È anche vero che se litiga l’opposizione, non fa notizia. Se litiga la maggioranza, si riempiono i giornali. Se c’è maretta dentro a una lista della coalizione, si alzano gli appetiti. Ma ieri in Consiglio, il SDS Pedini Amati è stato molto chiaro spiegando che a volte è difficile trovare la quadra tra forze politiche di estrazione diversa. E poi ha tuonato verso i suoi e verso gli altri: il governo non va a casa, il governo non è in crisi, ma se qualcuno non ci sta più bene, può andarsene.
Rimane il fatto che c’è un Paese che ha bisogno di responsabilità e di pragmatismo, non di dibattiti estenuanti, di mozioni di sfiducia, di ordini del giorno disfattisti. Tutti invocano le riforme, ma alzi la mano chi le vuole davvero. L’auspicio è che, nonostante i giochini di certa politica, vadano avanti davvero. Che non siano solo un’utopia.
Ricordando però che “l’utopia è come l’orizzonte: fai due passi e l’orizzonte si allontana di due passi; fai cinque passi e l’orizzonte si allontana di cinque passi. E allora a cosa serve l’utopia? A non smettere di camminare”. (Anonimo)
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