Associazione mafiosa contestata dalla Procura di Bologna nel processo “Black Monkey”: Il tribunale ha condannato tutti e 23 gli imputati, infliggendo la pena più alta, 26 anni e 10 mesi, a Nicola Femia, ritenuto il vertice di un gruppo legato alla ‘ndrangheta che faceva profitti con il gioco illegale. Le pene hanno in alcuni casi superato le richieste del Pm della Dda Francesco Caleca che per Femia, appunto, aveva chiesto 24 anni e 6 mesi. Dopo due anni e mezzo di udienze, il tribunale ha anche disposto risarcimenti alle parti civili, il più alto da un milione alla Regione Emilia-Romagna. Risarcimenti anche per il giornalista Giovanni Tizian e per l’ordine dei giornalisti: in un’intercettazione tra Femia e un altro imputato si parlava di uccidere il cronista, autore di articoli sgraditi all’organizzazione. Una buona notizia che il nostro giornale accoglie positivamente essendoci occupati ampiamente della vicenda che lambisce anche il Titano.
Le condanne
L’operazione con custodie cautelari – come ben ricostruito dall’Ansa – scattò nel 2013. E’ di 15 anni la pena inflitta dai giudici al figlio di Nicola Femia, Nicola Rocco Maria; di 10 anni e tre mesi quella per la figlia, Guendalina, di 12 anni e due mesi per il genero, Giannalberto Campagna. Nove anni è la condanna per Guido Torello, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: era l’uomo della telefonata con Femia su Tizian, a fine 2011, finita agli atti dell’inchiesta della Procura e della Guardia di Finanza. Nove anni anche per Rosario Romeo, ispettore di polizia anche lui a processo per concorso esterno.
Una importante vittoria
Oltre alle condanne l’importanza di queste sentenze è di sancire definitivamente come le mafie al nord ci siano eccome e di come per contrastarle degnamente sia necessario utilizzare gli strumenti idonei, quale ad esempio la sussistenza dell’associazione di tipo mafioso contestata a 14 persone, considerando anche i concorrenti esterni. Il Pm Caleca nelle tre udienze di requisitoria in cui aveva ripercorso il quadro accusatorio aveva tratteggiato le caratteristiche del gruppo, riferendosi ai rapporti con organizzazioni di stampo ‘ndranghetistico, ma anche ad un potere intimidatorio autonomo, tipico a suo avviso delle ‘nuove’ formazioni di ‘Ndrangheta, presenti nelle regioni del Nord Italia. Un gruppo concentrato sui propri interessi economici, attento ai rapporti con persone dentro alle forze dell’ordine e a quello che i mezzi di informazione scrivono di chi ne fa parte. Come ben argomentano i colleghi dell’Ansa, fino ad ora l’associazione mafiosa non era stata riconosciuta nei giudizi: gli imputati che avevano optato per l’abbreviato hanno visto confermare recentemente condanne dalla Cassazione, che però non ha riconosciuto l’associazione mafiosa, come in precedenza non fece il tribunale del Riesame. Complimenti dunque al collegio presieduto dal giudice Michele Leoni.
Parla Giovanni Tizian
“Per l’Emilia e il Centro nord – spiega a Tribuna – si tratta di una sentenza storica, anche alla luce dei processi che si stanno celebrando in tutta Italia. Il 416 bis (associazione mafiosa) va adattato alle mafie 2.0, se mi passa il termine, e questa è certamente una sfida che anche per la politica deve cogliere. Non per ultimo con questa sentenza viene riconosciuto anche il danno ai giornalisti, un messaggio importante per tutti i colleghi che vivono in situazioni di precariato e minacce”.
Femia e San Marino
Circa un anno fa il deputato di Sel, Giovanni Paglia, e il consigliere regionale dell’Altra Emilia-Romagna, Piergiovanni Alleva, parlavano di “vicenda torbida” chiedendo l’intervento del Governo e della Regione. Secondo i due esponenti della sinistra “attraverso escamotages, non proprio limpidi, la famiglia Femia in maniera continuativa ha mantenuto operativi gli affari nel campo del gioco d’azzardo”. A San Marino invece, Guendalina Femia e il suo compagno Gianalberto Campagna, sono stati condannati a 4 anni e sei mesi di carcere in primo grado. Il giudice ha disposto anche la confisca per equivalente di 1 milione e 300mila euro. In appello si vedrà. Secondo l’accusa i due avrebbero riciclato denaro di Nicola Femia, padre di Guendalina, ritenuto un boss della ‘ndrangheta, arrestato a suo tempo proprio nell’ambito dell’indagine “Black Monkey” sul gioco illegale.
Giovanni Tizian: come è cambiata la sua vita
Black Monkey fa rima con il collega e amico Giovanni Tizian, la cui vita è cambiata per sempre a causa della sue puntuali inchiesta giornalistiche. In particolare, scrisse due articoli (a fine 2010 e fine 2011) in relazione all’indagine “Medusa” sul controllo, da parte dei clan dei casalesi, delle società di distribuzione delle macchine da gioco (slot e videolottery). In entrambi gli articoli Tizian cita Femia. Dopo quegli articoli, Tizian fu messo sotto scorta (era il 22 dicembre 2011, cinque giorni dopo il secondo articolo) per le minacce alla sua incolumità. “E’ già la seconda volta che scrive. O la smette o gli spariamo in bocca”, disse il faccendiere Guido Torello in una telefonata con Femia che si lamentava dei suoi articoli. Tizian scoprì solo un anno dopo, grazie alla pubblicazione delle intercettazioni fatte nell’ambito dell’inchiesta Black Monkey, che il motivo della scorta erano proprio quelle minacce.
Attenzione anche sul Titano al gioco on-line
Miliardi di euro, paradisi fiscali, qualche buon programmatore e un popolo di giocatori: sono questi gli ingredienti attraverso i quali il mercato illegale del gioco d’azzardo fa registrare un boom. Internet insomma diventa un canale utilissimo per le mafie, che ancora una volta dimostrano di essere ben lontane dallo stereotipo della coppola e della lupara, ma al contrario denotano di possedere abilità non comuni. Non è un caso se il rapporto dell’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica si occupa del gioco on-line. E San Marino? Lo abbiamo scritto e detto più volte: qui andrebbe potenziata la polizia postale e formati gli agenti per combattere una minaccia sempre più concreta ed un nuovo potenziale fronte per il riciclaggio, verso il quale come si è visto è difficile prendere le contromisure. Ci si trova infatti di fronte ad indagini ben più complesse rispetto allo spallone che portava in banca il famoso milione di euro in contanti, stropicciati e puzzolenti. Eppure oltre all’indagine “Black Monkey”, tutto fa supporre che il riciclaggio attraverso il gioco d’azzardo on-line possa trovare sul Titano terreno fertile. Non è un caso che vi sia in Tribunale una indagine a carico di due persone – padre e figlio – per riciclaggio di denaro a San Marino per oltre 21 milioni, frutto di scommesse illegali on-line. C’è poco da scherzare con certa gente. Eppure il modo migliore per colpirle è farlo dove fa più male: nei loro interessi, nei soldi. Per questo nonostante le modalità discutibili utilizzate dal Consiglio Grande e Generale, nel merito non può non registrarsi particolare preoccupazione per alcune decisioni che vanno a incidere nella lotta al riciclaggio. Le sentenze certamente si rispettano, ma nessuno vieta di commentarle o criticarle. Agli stessi Giudici, nel pieno rispetto della propria autonomia, l’onere di decidere se e quando intervenire al proprio interno. La Tribuna Sammarinese