Chef Sartini e “Ristorante Righi” si confermano tra i migliori ristoranti italiani. La guida dell’Espresso 2018 li premia con 1 “Cappello” e li colloca tra i 25 locali top dell’Emilia Romagna. Anche per il “Gambero Rosso” “Righi” rimane la migliore tavola di San Marino. Per la firma del giornalismo enogastronomico, Giorgio Melandri: “La tavola di Sartini è un patrimonio di alto artigianato della cucina, di nuovo in cima ai desideri di chi si siede al ristorante”
San Marino, 29 ottobre 2017 – L’autunno è la stagione della presentazione della guide gastronomiche. Da più di 10 anni, Luigi Sartini con il suo “Ristorante Righi” ottiene riconoscimenti e segnalazioni per la qualità della sua cucina. Accade anche durante le prime presentazioni dell’edizioni 2018 dei vademecum dei gourmet tricolori e internazionali.
Si comincia con i “Ristoranti d’Italia dell’Espresso 2018“. Il suo direttore Enzo Vizzari assegna a Sartini “1 cappello”, simbolo di qualità con cui sono identificati in tutta Italia 363 locali. Ancora meno in Emilia Romagna: solo 25. Anche il “Gambero Rosso” conferma “Righi” ai vertici della tavola del Titano e tra i migliori dello stivale. Buona la valutazione di 79 centesimi, con i recensori che sottolineano l’ottimo rapporto qualità prezzo del menù e piatti come l’insalatina di sogliola o i ravioli di Ravigiolo con pomodoro e stridoli.
Ed è invece Giorgio Melandri, una delle firme del giornalismo enogastronomico italiano e curatore di “Enologica”, la più importante manifestazione dedicata a vini e tavola dell’Emilia Romagna, a sottolineare le caratteristiche della cucina di Luigi Sartini: “Lo abbiamo invitato spesso a Enologica, dove lo abbiamo anche premiato. Quella di Luigi è un’esperienza preziosa, un patrimonio di alto artigianato formato negli anni 90 tra scuola francese e tradizione italiana. Lui cucina con classicità, un occhio alla filiera e uno alle casseruole che custodiscono gli intramontabili fondi di cucina. E alla sua tavola si fa un’esperienza solida e straordinaria, lontana dalle mode, dentro la cultura di bottega che guarda Bergese e Carnacina con rispetto, ma immagina una modernità per quella cucina dai tempi lunghi che alla fine, inaspettatamente, è di nuovo in cima ai desideri di chi si siede al ristorante”.