San Marino. MALEDETTI ROBOT? … di Giovanni Zonzini

Ho affrontato ieri la faccenda dell’automazione e della robotizzazione con particolare riferimento all’ambito sanitario.
Torno sull’argomento, non con la speranza di convincere chi si sente in dovere di esprimere il proprio livore politico a ogni piè sospinto, ma con l’intento di sensibilizzare chi ha uno spirito più sereno, questa volta con riferimento più ampio alla automazione dei settori produttivi nel senso più ampio (industriali e non).
La robotica ogni giorno fa passi da gigante, è ampia la letteratura che prevede la sparizione di numerose figure professionali nei prossimi 15-20 anni, sostituibili da macchine: alle catene di montaggio serviranno sempre meno operai, le pulizie potranno essere svolte in gran parte da robot, le casse automatiche sostituiranno i cassieri, ma anche lavoratori più qualificati si vedranno sostituiti, pensiamo ad esempio agli impiegati bancari che stanno allo sportello nell’epoca degli ATM evoluti e del web banking. E potrei continuare.
Sarebbe irrazionale opporsi a questo processo sperando di bloccarlo: significherebbe perdere in capacità produttive e condannarsi ad un ineluttabile declino economico.
Parimenti irrazionale sarebbe lasciare governare la progressiva automazione all’iniziativa individuale dei capitalisti, giacché ogni rivoluzione industriale nella storia – ampia letteratura a riguardo – ha determinato sì la liberazione di forze produttive e dunque sul lungo periodo un aumento complessivo della capacità di produrre beni e servizi ( cioè ricchezza) a parità di lavoro, ma anche enormi problemi sociali ed economici, la concentrazione di ricchezza in poche mani, lo scivolamento nella miseria più abietta di grandi masse di lavoratori e di piccoli capitalisti incapaci di reggere il passo (per ulteriori dettagli, si può leggere qualunque romanzo di Dickens o “La situazione della classe operaia in Inghilterra” di Engels, per non parlare della sterminata storiografia contemporanea in merito).
Assunto dunque che tale processo non può (e, come tenterò di mostrare, non dovrebbe) essere fermato, né può essere lasciato in balia delle forze di mercato, appare dunque necessario individuare il soggetto idoneo a pianificarlo, dirigerlo e governarlo, cioè lo Stato, e interrogarsi sulle modalità e i fini che esso dovrebbe perseguire in questa ulteriore liberazione delle forze produttive della società.
Cercherò di farlo passo a passo nei prossimi giorni, a preludio – auspicabilmente – di una proposta politica che sappia lanciarsi sopra i sordidi steccati da curva ultras.
Rifletterò in particolare sul ruolo dello Stato nelle più importanti rivoluzioni industriali del passato; sulla redistribuzione del lavoro e della ricchezza derivante dall’aumento delle capacità produttive conseguenti all’automazione; sulle possibili modalità di gestione di tali e tante trasformazioni.
Giovanni Zonzini