Furono le uggiose nebbie che per molti giorni avvolsero la vetta del Monte a spingermi a guardare oltre il Mediterraneo, alla ricerca del tiepido clima africano. Scartata, come da consiglio della Segreteria di Stato per gli Affari Esteri, l’abitudinaria località di Sharm El Sheik, lo sguardo si pose sul Marocco.
Casablanca, Agadir, la cultura, il folclore, le spiagge ed altro ancora mi convinsero di trascorrere in quel Paese la breve vacanza. Un minimo di organizzazione del viaggio è sempre opportuna per evitare spiacevoli inconvenienti.
Cosicché, per prima cosa, telefonai alla Segreteria per conoscere se occorresse o meno il visto di ingresso in Marocco. Un cortese Funzionario mi disse che nessun visto era necessario. Forse una tassa di soggiorno da corri- spondersi all’Ufficio Doganale dell’Aeroporto di arrivo.
Bene dissi fra me e me: una seccatura in meno. Approfondii però la questione andando a consultare alcuni documenti intercorsi fra la Segreteria di Stato ed il Ministero degli Esteri del Marocco, per verificare quanto asserito dal Funzionario. Infatti, a partire dall’aprile 2012 un carteggio di documenti ci fu che portò ad uno scambio di note in materia di visti con il Regno del Marocco.
Ciò trova conferma nel documento, redatto in lingua francese su carta intestata Royame du Maroc, Ministere des Affaires Etrangerese ed de la Cooperation.
Da Wikipedia inoltre si apprende ” per andare in Marocco, i sammarinesi non hanno più bisogno del visto”. Ligi all’insegnamento di Pa- pa Francesco “non ho mai visto una bara seguita dal camion dei traslochi”, biglietto business class A/R Bologna- CasaBlanca – Agadir. Hotel 5 stelle, non essendo riuscito a scovarne uno a sette stelle più o meno identico a quello che verrà costruito in San Marino.
Inizia la fase più delicata e contrastata fra i coniugi: la preparazione delle valigie che, ogni tanto, assume aspetti fantozziani. Farà caldo? farà freddo? ci sarà vento?
Nel dubbio un po’ di abiti caldi, un pò freschi, scarpe per tutte le stagioni e quant’altro si può rendere necessario per una non tanto tribolata vacanza. Ci vorrà, poi, l’abito elegante (meglio due non si sa mai) per le serate chic. Da tre valigie di complessivi 60 kg saltano fuori dotate, fortunatamente, di 4 ruote cadauna.
Jaguar tirata a lucido, valigie imbarcate e ciao ciao Monte.
Si parte alle ore 10 di domenica 16 marzo; il decollo dell’aereo Royal Air Maroc, è previsto da Bologna alle ore 12.50. Il tempo è bello, scarso il traffico e la Jaguar corre tranquilla sul nastro d’asfalto della A14. Parcheggio lungo sosta n. 2, scarico valigie, le cui ruote un po’” mugugnando”, fanno scorrere su un tratto di corridoio che unisce il parcheggio al Terminal. Puntuali come un treno svizzero i “due” più le tre valigie si presentano al banco del Royal Air Maroc alle ore 11.45 per l’imbarco.
Finalmente le valigie corrono sul nastro, passaporti in mano all’addetto.
Ci guarda e ci riguarda, controlla i passaporti e poi si “appiccica” al telefono chiamando non sappiamo chi. Forte della mia sammarinesità e della documentazione che ho portato con me, penso: non mi avrà mica preso per uno della black list? Se vuole gli posso fornire decine di nominativi. Arriva di corsa un Funzionario della Compagnia Aerea che sentenzia: Lei, in uno alla sua gentilissima consorte, non può essere imbarcato per mancanza di visto. Porco boia? Gli metto sotto il naso lo scambio di note in lingua francese, così impara. Telefona ad un certo ufficio situato in Casablanca per avere istruzioni.
No, mi dice, lei non può partire. L’accordo non è ad oggi operativo. Ancora porco boia! Nessuno me lo ha detto ed aggiunge: già un altro suo concittadino è partito a suo rischio per Casablanca. E’ stato rispedito a casa sul primo aereo in partenza per l’Italia.
Alle ore 12.30 le tre monumentali e pesantissime valigie, tutte fortunatamente dotate di quattro ruote, vengono tolte dal nastro e rimesse a terra. Inizia così il viaggio a rovescio di ritorno a casa. Verificata la latitanza dei facchini, non ci resta altro che trascinare lungo il parcheggio le già su citate valigie. Le ruote fortemente “mugugnando” sprizzano scintille.
La Jaguar stenta ad andare in moto. Ma, poi, percorre in un battibaleno il tratto di A14 che separa Bologna dal casello di Rimini Sud. Il navigator abbandona il suo consueto bon ton emettendo rumori ed imprecazioni indescrivibili.
Se c’è una morale da trarre da questo accadimento è quella di raccomandare alla Segreteria di Stato di comunicare ai propri cittadini, tenendo conto di quelli che, per ragioni di età non hanno dimestichezza con i computer, notizie certe da parte dei Funzionari ed informazioni corrette sui Paesi nei quali è necessario il visto di entrata.
Una storia vera che può insegnare qualcosa anche se umoristicamente raccontata.
Marino Pasquale De Biagi
La Tribuna