Don Gabriele Mangiarotti. Note a margine delle osservazioni di Federico Podeschi
1. Mi risulta che se faccio passare per autentica una interpretazione falsa, mi viene contestata la mia affermazione. Non si tratta di «proteggere il matrimonio», si afferma che una relazione omosessuale «non» è matrimonio. Se attribuisco a una relazione omosessuale la qualifica di matrimonio, è come se immettessi sul mercato moneta falsa, con le conseguenze che ne derivano.
2. Forse un po’ di precisione storica non guasterebbe. Basta andare sulla scontata Wikipedia e cercare la voce «Adelphopoiesis»: si troverebbero annotazioni diverse da quello che l’articolo in questione vuole dire. Soprattutto che non si tratta affatto di «matrimonio gay». Una preghiera della Chiesa ortodossa dice: «Nostro Dio onnipotente, Tu che esistevi già prima del tempo e per tutti i secoli esisterai, Tu che ti sei degnato di far visita all’umanità attraverso il grembo della Vergine Maria Madre di Dio, manda il tuo santo angelo su questi tuoi servitori [nome] e [nome], che possano amarsi l’un l’altro così come si sono amati i tuoi santi apostoli Pietro e Paolo, Andrea e Giacobbe, Giovanni e Tommaso, Giacobbe, Filippo, Matteo, Simone, Taddeo, Mattia e i santi martiri Sergio e Bacco come anche Cosma e Damiano: non con amore carnale, ma con la fede e l’amore dello Spirito Santo. Che possano rimanere in questo amore ogni giorno della loro vita. Per Gesù Cristo Nostro Signore. Amen».
3. Non è la stessa cosa parlare di coppie gay e di matrimonio gay. Le parole e la storia non sono manipolabili artificialmente. Altra cosa è la questione della poligamia, certamente. Credo che qui una riflessione seria potrebbe indagare sulla scarsa considerazione della donna in quelle culture che la permettono. E allora non riusciremmo a considerarla un modello adeguato di famiglia. E nemmeno un vero «matrimonio».
4. Siamo ancora sulla definizione di matrimonio. Non ogni relazione umana può avere questo titolo. Le situazioni di infecondità, vuoi per sterilità (e sono appunto eccezioni) vuoi per età (ma arriveremmo all’assurdo del «matrimonio a tempo determinato dalla menopausa»), aprono un diverso modo di argomentare, non aprono al diritto di chiamare matrimonio una situazione che non è feconda non per contingenze, ma per definizione.
5. Gli studi di cui parla l’autore – ma non li cita – sono smentiti da osservazioni scientifiche e documentate. Cito soltanto la documentazione di Regnerus (si trova facilmente in internet) che, con dati alla mano, chiarisce la situazione reale con i problemi che si trovano a vivere tali figli.
6. Quando si impongono leggi che stravolgono il dato storico e normativo di una repubblica si fa una operazione dove una minoranza crea una situazione oggettivamente ingiusta. Si cambiano le leggi che regolano la convivenza. Nessuno afferma che con questo si impongano a chi vive la sessualità secondo la sua giusta dinamica comportamenti omosessuali. Anche se però è vero che tale minoranza usa vari sotterfugi per imporre agli altri la propria concezione. Avrò modo in seguito di dimostrare quanto accade anche qui in Repubblica.
7. Nessuno, nella Chiesa cattolica, si esprime in quei termini usati da Podeschi. Basta leggere il recente documento «La bellezza della famiglia salverà il mondo» per capire che l’obiezione di Podeschi non appartiene ai cattolici.
8. Sarà pur vero che la comunità LGBT pensa che il matrimonio sia un bene anche per lei, quindi per le persone dello stesso sesso. Ma è altrettanto vero che un desiderio o una voglia non costituiscono per nessuno un diritto. Come non c’è il «diritto al figlio» né ci sono altri diritti per realtà pur appetibili, ma che non hanno un fondamento naturale per essere esigiti.
Ho sempre ritenuto che l’insegnamento che la Chiesa ha fornito su questo argomento sia il più rispettoso per le persone (omosessuali o no). E non ho mai mancato di rispetto a nessuno di loro. Ma esprimere giudizi e valutazioni su società e famiglia permane nel diritto di ogni uomo. E questo diritto chiede a ciascuno di potersi esprimere esibendo le proprie ragioni. Ascoltando gli altri, non necessariamente accettandone le conclusioni.
Don Gabriele Mangiarotti