Metà Consiglio per la Previdenza va azzerato. Lo avrebbe comunicato, in una nota ufficiale inviata agli stessi 12 membri, il Consiglio dei Sindaci Revisori, composto da Alberto Rino Chezzi, Ruggero Stacchini e Irish De Biagi. Nella stessa comunicazione, infatti -da quanto si apprende da fonti riservate-, i “controllori” avrebbero rilevato una pesante incompatibilità, una sorta di conflitto di interessi di almeno quattro dei 12 membri dell’organismo che, fra le altre cose, gestisce circa 400 milioni di euro dei fondi pensione.
L’incompatibilità rilevata con l’incarico, comunque, non sarebbe solo attinente la gestione dell’ingente capitale economico, ma propria anche, e soprattutto, del ruolo che questi hanno nell’esame e nella valutazione dei ricorsi. Infatti, il 50% del Consiglio è composto dai vertici o dai nominati dei tre sindacati, Cdls, Csdl e Usl, e di tre associazioni di categoria, ovvero Anis, Unas e Usc. E proprio su questi si abbatterebbe la “nota vincolante” emanata dai Sindaci Revisori, due dei quali, Stacchini e De Biagi nominati proprio dai rappresentanti dei lavoratori e dalle categorie dei datori di lavoro.
Ciò, le nomine appunto, conferisce estrema autorevolezza alla “censura”, perchè è indirizzata verso chi ha nominato i due terzi del Collegio che l’ha elevata. Secondo questo “suggerimento” vincolante, difatti, in base a quanto trapelato, ci sarebbe un conflitto di interessi fra l’incarico rivestito e in seno al Consiglio di Previdenza e il ruolo dirigenziale rivestito dagli stessi membri delle associazioni di categoria, relativamente alla gestione dei 400 milioni di euro e, nei membri di nomina sindacale, relativamente all’esame e alla definizione dei ricorsi. Su questo aspetto, però, vista la delicatezza e l’estrema tecnicità della questione, è meglio attendere l’analisi della documentazione ufficiale prima di avanzare conclusioni definitive sul merito delle incompatibilità rilevate.
Sta di fatto che, alla luce di questa “nota vincolante”, appaiono inevitabili le solerti dimissioni di almeno quattro dei sei membri del Consiglio di Previdenza la cui nomina è stata fatta da rappresentanti dei lavoratori e da associazioni dei datori di lavoro. Infatti, se potrebbero non configurarsi incompatibilità palesi per l’Avv. Michela Ottaviani (Usc), subentrata al dimissionario Giovanni Fabbri, e per l’ex Segretario Generale della Csdl Giuliano Tamagnini, perchè oggi non più in carica e pensionato, il denunciato conflitto di interessi appare più evidente per Gianluca Montanari e Renato Nibbio, rispettivamente segreteria generale Cdls e membro designato da Usl, nonché per Pio Ugolini e William Vagnini, rispettivamente vertici di Unas e Anis.
La nota consegnata una settimana fa non giunge come un “fulmine a ciel sereno” poiché -si apprende sempre da indiscrezioni- già in passato lo stesso organismo di vigilanza e controllo avrebbe rilevato e comunicato l’opportunità di superare questa anomalia interna al gruppo di gestione dei fondi pensionistici.
Addirittura, se la memoria non mi tradisce, una profonda ridefinizione della composizione del Collegio di Previdenza era contenuta nella bozza di riforma dell’allora Segretario alla Sanità Franco Santi, mai approdata in Consiglio Grande e Generale a causa della caduta del governo. Non so se alla base di questa norma ci fosse anche l’aspetto delle possibili incompatibilità dei membri, ma di certo c’era la volontà di tramutare la gestione dell’ingente capitale economico in senso più tecnicamente consapevole, privilegiando quindi la presenza di tecnici competenti in materia finanziaria e di investimento rispetto l’attuale ripartizione fra politica ed operatori economici e sindacali che non garantisce competenze autorevoli in materia di gestione fondi.
Purtroppo, però, l’attuale riforma del sistema previdenziale -almeno per quanto noto oggi-predisposta dal successore di Santi, ovvero il Segretario alla Sanità e Previdenza Sociale Roberto Ciavatta, non sembra contenere questa radicale modifica di un organismo determinante nella garanzia delle pensioni per il futuro, nella autorevole gestione dei 400 milioni rimasti dopo la volatilizzazione dei fondi “bruciati” nella vicenda Cis.
Potrebbe essere questo aspetto -siamo nel novero delle ipotesi- ad aver spinto i sindaci revisori ad assumere una posizione così netta relativamente alle incompatibilità e al conflitto di interessi denunciato internamente al Collegio di Previdenza? Chissà, a rigor di logica parrebbe di sì…
Ma la vicenda suscita un certo dubbio. Come mai una notizia così eclatante e dal pesante impatto, consumata all’interno di un organismo di ampia rappresentanza che vede maggioranza e opposizione, associazioni di categoria e sindacati, ci ha messo così tanto a trapelare? Forse, nessuno, né maggioranza né opposizione, né datori di lavoro né rappresentanti dei lavoratori, ha interesse a mutare gli equilibri attuali nella -definiamola malignamente- “spartizione” degli ambiti di “potere” nella gestione di queste centinaia di milioni e definizione dei singoli ricorsi?
Se così fosse saremmo di fronte ad una espressione tipica del “consociativismo” nella gestione dei milioni dei fondi pensione. Come mai, ad esempio, partiti, opposizioni e sindacati -sempre pronti a denunciare ai quattro venti anche le stupidaggini (ultimo caso la vicenda dell’art.3bis dell’assestamento di bilancio)- non hanno mai posto, neppure dopo la perdita dei depositi al Cis e il non inserimento della norma presente nella “bozza-Santi”, la questione della revisione, finalizzata ad una maggiore competenza e autorevolezza tecnica, dell’organismo di gestione dei fondi? Già, come mai?
Enrico Lazzari