Negli ultimi cinque anni, la produzione di miele ha avuto un calo progressivo che ha toccato, nel 2021, l’80 per cento. L’allarme arriva dagli apicoltori italiani e, ovviamente, il fenomeno si estende anche al territorio sammarinese, con percentuali più o meno simili.
Se fino a 10 anni fa ogni alveare produceva 35 – 40 chili di miele, oggi si arriva agli 8 – 10 chili. Le api sono in sofferenza per una serie di eventi diversi, ma sempre connessi tra loro. Innanzi tutto i cambiamenti climatici. Inverni caldi, primavere e autunni non piovosi, estati torride e poi eventi atmosferici estremi con violente grandinate, bombe d’acqua, fortissime tempeste di vento. Tutto ciò non solo sconvolge l’orologio biologico degli animali, ma anche quello delle essenze vegetali. Le piante fioriscono quando gli animali sono in letargo, poi quando si svegliano non ci sono i fiori per ripristinare le riserve di nettare e di pollini. Le api e non solo, tutti gli insetti impollinatori, fondamentali per l’equilibrio naturale e per la catena alimentare, soffrono la fame.
E poi c’è l’uomo, che è peggio di qualsiasi evento catastrofico naturale. Basta volgere lo sguardo intorno e non si vedono più campi e prati punteggiati di fiori. Tutto deve essere uniforme, uguale, industrializzato. I fiordalisi sono totalmente spariti dai campi di grano. L’agricoltura intensiva, la diffusione della monocoltura, i pesticidi e i fertilizzanti chimici hanno portato via questi emblemi di bellezza. I quali sono sempre associati ai papaveri in tavolozze impressioniste che hanno ispirato pittori e fotografi di tutti i tempi. Entrambi effimeri, inutili, non sarebbero mai diventati pane, forse per questo sottovalutati, e anzi considerati alla stregua di qualsiasi infestante.
Per quanto riguarda i papaveri, bisogna aggiungere alle cause di quasi estinzione, la raccolta indiscriminata di rosole in tutta la zona romagnola. Chi non conosce quelle belle, saporitissime piante verdi dette rosole, o rosolacci, che entrano d’autorità nei cascioni e che quindi vengono colte prima che sbocci il fiore? Molte zone che ne erano piene, oggi sono desolatamente vuote.
Stessa sorte per tanti altri fiori selvatici: margherite, ranuncoli, primule, garofanini, crochi, fresie, pervinche, giaggioli, iris, tarassaco, calendule, primule, violette e mille altri. Alcuni perfino commestibili, i famosi fiori eduli della cucina degli chef. Sempre più difficile vederli nei boschi, nei prati, sulle sponde dei fiumi, sui bordi dei campi coltivati. Perfino la camomilla è sparita. Ma tanto la si compra al supermercato… Peccato che api ed insetti non possano entrare con il carrello della spesa.
Le piante che si affidano all’impollinazione entomofila (ovvero resa possibile dagli insetti) sono tantissime. Le stime parlando di quasi il 90% delle piante selvatiche e il 75% delle colture a scopo alimentare. È proprio grazie alle api se disponiamo di buona parte della frutta e verdura che mangiamo. Una gran parte delle piante foraggere, ovvero utilizzate per nutrire le bestie da allevamento, sono impollinate dalle api. Questo significa che, se questi preziosi insetti sparissero, le conseguenze sulla produzione alimentare sarebbero devastanti. Anche la produzione di carne e dei prodotti derivanti dal latte subirebbe un calo significativo.
L’impollinazione artificiale è una pratica lenta e costosa mentre il valore di questo servizio, offerto gratis dalle api di tutto il mondo, è stato stimato in circa 265 miliardi di euro all’anno.
Se ci sono pochi fiori, le api muoiono di fame in questi “deserti verdi” senza nettare e pollini. Le loro dimensioni si riducono e diminuisce la loro capacità operativa. Poi muoiono. Se si considera che questi animaletti sono bioindicatori di quello che succede nel nostro ambiente, ben si può comprendere come il problema stia diventando molto serio. Finiremo come in quella regione della Cina dove uno sconsiderato uso di pesticidi, ha fatto scomparire del tutto le api rendendo necessaria l’impollinazione a mano dei fiori degli alberi da frutto?
Conoscendo il problema e le evoluzioni che esso sta avendo anche sul sistema umano, gli apicoltori stanno già intervenendo con alimentazione di soccorso, per garantire la sopravvivenza degli alveari ed evitare questo genocidio silenzioso. Ovviamente, per loro, si tratta di un sensibile aggravio dei costi.
La riconversione delle monocolture in colture biologiche è un altro passaggio importante, così pure la semina di fiori selvatici a bordo campo, come già stanno facendo molti agricoltori soprattutto del nord Europa. L’eliminazione di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti chimici è ormai diventata una scelta vitale. E pazienza se poi i campi produrranno un po’ meno, ma sicuramente daranno prodotti più sani e più buoni, anche per la salute umana. Bisognerebbe incentivare la semina di fiori lungo le strade e nei parchi per ripristinare quanto più possibile l’habitat naturale.
Ma ognuno di noi può fare qualcosa per fermare la scomparsa delle api, seminando fiori nei giardini e sul bordo degli orti, o anche semplicemente mettendo vasi di fiori sui davanzali e sui terrazzi. Il nostro appartamento sarà più bello, api e insetti impollinatori garantiranno la loro e la nostra sopravvivenza,
a/f