San Marino. Migranti, dalle Coop a CL, la torta che fa gola a tutti

La torta è grande, gli appetiti sono molti e crescono sempre di più. Quattro miliardi e 600 milioni, tanto quanto spenderà l’Italia nel 2017 per il comparto migranti, rappresentano una montagna di soldi. Ed è naturale che in tanti si siano buttati nel business, perché 4,6 miliardi sono anche posti di lavoro e consenso sul territorio. In altre parole, potere. Ecco il retroscena che sta dietro al grande affare dell’accoglienza dei migranti, e che spiega (anche) il motivo per il quale il nostro Paese – al di là delle prese di posizione ufficiali contro l’Ue ingrata – ha accettato di gestire in prima persona un così imponente traffico di gente, perché in presenza di flussi ultimamente costanti l’emergenza non si risolve, perché la quota della spesa migranti che finisce all’accoglienza aumenta sempre più, molto di più di quanto crescano gli sbarchi. Nel 2011 rappresentava il 36 per cento degli importi destinati al settore, nel 2017 finirà per essere addirittura i due terzi. In valori assoluti, da 300 milioni si passa a 2,8 miliardi in soli sei anni. A differenza di quanto crescono gli arrivi, che nel 2011 sono stati circa 62mila mentre quest’anno ne sono previsti circa 200mila. In sostanza, nello stesso periodo, gli esborsi salgono di 9,5 volte mentre le presenze «solo» di tre.

L’asilo dei migranti in Italia e la fase di emergenza sono gestiti essenzialmente dalle prefetture, che si servono quasi sempre di cooperative sociali o di organizzazioni di volontariato. L’affare deve essere risultato molto remunerativo e lo si capisce dal numero e dalla tipologia delle sigle del Terzo settore impegnate.

Tutti i grandi player nazionali: le Misericordie, la coop La Cascina vicina a Comunione e Liberazione, Sisifo che aderisce a Legacoop, la cooperativa Auxilium una volta vicina a Cl, Ecofficine in Veneto e via via moltre altre.

Metodo da prima repubblica: ogni parte politica è in qualche modo rappresentata, così tutti lavorano e nessuno si lamenta. La spartizione è spesso orizzontale, nel senso che Misericordie gestisce tra le altre Isola Capo Rizzuto e Lampedusa mentre, per fare un esempio, Sisifo si occupa di quello di Foggia insieme alla sua consorziata bianca, Senis Hospes, vicina a Cl, oppure è verticale, perché più sigle si mettono insieme per gestire lo stesso centro. Accade così a Mineo.

Il caso di Ecofficine, in Veneto, è esemplificativo del meccanismo. Prima dell’emergenza migranti, la coop del Nord Est non si era mai occupata di accoglienza e lavorava nel settore dei multiservizi. Ma appena riesce a intravedere il business degli sbarchi si butta, con successo. In tre anni acquisisce la gestione di tre strutture di accoglienza, in tutto duemila posti, e il fatturato decuplica: da poco più di 100mila euro nel 2011 a 10 milioni nel 2015. Molti soldi che per tutte le cooperative sono gestiti con relativa libertà d’azione.

Basti pensare che è stato inserito solo nell’ultima manovrina e solo per l’insistenza dell’esponente di Fratelli d’Italia Giuseppe Donzelli un emendamento che obbligherà associazioni e coop a rendicontare quanto speso per i migranti, con fatture e scontrini. «Fino ad adesso era tutto sulla fiducia», dice Donzelli. E i risultati si vedevano.

Pierfrancesco De Robertis, Il Resto del Carlino

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