San Marino. Mose-Chalet. Ecco come è finita per l’ex console Colombelli, la doghessa Minutillo, Baita e Buson

Chiudono la loro posizione i 4 che finirono agli arresti. Per l’ex ad 25 mila euro in più da saldare

Il primo brivido l’ha creato la parcella dell’amministratore giudiziario: 25 mila euro, da aggiungere ai 400 mila euro che già l’ingegner Piergiorgio Baita, ex presidente di Mantovani, si era impegnato a «lasciarsi» confiscare per poter ottenere il patteggiamento. Ma è bastata una telefonata «volante» del suo avvocato Alessandro Rampinelli: «Ingegnere, c’è un piccolo problema. Se invece di 400 mila euro fossero 425 mila?», ha chiesto il legale. Dall’altra parte del cellulare è subito arrivato il via libera. Il secondo brivido l’ha invece prodotto la lunga camera di consiglio (oltre un’ora) del gip Massimo Vicinanza, che poteva far presagire un’ordinanza di rigetto con un vero e proprio colpo di scena. E invece il magistrato ha messo il primo paletto sull’inchiesta Mantovani, dando l’ok al patteggiamento dei 4 imputati finiti dietro le sbarre lo scorso 28 febbraio con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.

Per il 65enne Baita, che era stato accusato di essere il promotore del sistema di false fatture con la sanmarinese Bmc Broker, l’accordo tra gli avvocati Rampinelli ed Enrico Ambrosetti e i pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini ha portato a una pena di un anno e 10 mesi. Claudia Minutillo, ex amministratore delegato di Adria Infrastrutture (e in passato pure segretaria dell’allora governatore del Veneto Giancarlo Galan), difesa dall’avvocato Carlo Augenti, e William Ambrogio Colombelli, titolare della Bmc, difeso dall’avvocato Cocco, hanno invece patteggiato un anno e 4 mesi, mentre l’ex direttore finanziario di Mantovani Nicolò Buson, con l’avvocato Fulvia Fois, ha chiuso a un anno e 2 mesi. Secondo l’ipotesi dell’accusa, nell’arco di un decennio la Bmc avrebbe emesso decine e decine di fatture per operazioni inesistenti nei confronti di Mantovani e Adria, per un totale di circa 20 milioni di euro. Quelle finite poi nell’imputazione del processo —le più recenti, mentre le altre erano già andate in prescrizione— erano circa 8 milioni. Su queste, in seguito alle indagini della Guardia di Finanza la società che oggi è guidata dall’ex questore di Treviso Carmine Damiano ha transato con il fisco, aderendo all’accertamento e pagando, tra somme dovute e penali, circa 6,7 milioni di euro in due rate, una a giugno e una lo scorso 30 ottobre.

Il giudice ha poi disposto per tutti una confisca di 400 mila euro complessivi, da dividere in parti uguali. Con quella cifra — che è stata ridotta di quasi la metà rispetto ai 733 mila euro contestati inizialmente — è stato calcolato il cosiddetto «prezzo del reato», ovvero i soldi serviti per ricompensare Colombelli per i suoi «servizi». Per ora i soldi li ha tirati fuori Baita, l’unico ad avere ancora dei beni sotto sequestro, cioè le azioni della società che sono state poi convertite in contanti e confiscate. Baita avrà poi la possibilità, come lasciano intendere i suoi difensori, di rivalersi sugli altri per recuperare le loro quote. Un aspetto che, peraltro, ha indispettito non poco i colleghi che seguono i coimputati. L’indagine sulla Mantovani era nata quasi per caso, nel corso di una verifica fiscale delle fiamme gialle di Padova, da cui erano emerse quelle strane fatture di Bmc. Dopo gli arresti e le confessioni, ora tutti aspettano la «fase 2»: nei verbali di tutti e quattro gli imputati ci sarebbero infatti importanti rivelazioni sulla destinazione di quei fondi neri creati con le false fatture, ovviamente secretate. Difficile infatti immaginare che un colosso come la Mantovani guidata da Baita, che fatturava quasi 3 miliardi di euro, puntasse solo ad ottenere un piccolo vantaggio fiscale di alcuni milioni. L’ipotesi è quella che i soldi servissero per «ungere» politici e amministratori, un modo sicuro per continuare a imperversare negli appalti pubblici. C’è chi parla di svolte a breve, di arresti eccellenti in arrivo. Il pm Ancilotto, a precisa domanda, non può far altro che girare lo sguardo: «Chiedete al procuratore».