GIOVANNI MAZZACURATI, presidente del Consorzio Venezia Nuova, incontrò Giulio Tremonti, all’epoca ministro dell’Economia nella sede romana del ministero in via XX Settembre. All’incontro non era presente il consigliere dell’ex ministro, Marco Milanese, che Mazzacurati vide solo «dopo che il colloquio con Tremonti era andato bene dal punto di vista formale». Fu lo stesso presidente del Consorzio a rivelarlo ai magistrati. Nel memoriale consegnato il 25 luglio scorso, Mazzacurati, considerato il principale artefice dello tsunami giudiziario attorno ai loschi affari del Mose, non nasconde la preoccupazione per i tempi lunghi romani. Ne parla con Roberto Meneguzzo, ad di Palladio Finanziaria, il salotto buono della finanza veneta.
MENEGUZZO gli assicurò di poterlo mettere in contratto con «i vertici del ministero dell’Economia» e infatti, racconta Mazzacurati, «da qui insorgeva un contatto con il ministro Tremonti che forniva ampie assicurazioni in ordine alla circostanza che il sistema Mose costituiva un’opera infrastrutturale strategica e di importanza prioritaria per il governo». Solo in un secondo tempo, racconta Mazzacurati, Meneguzzo lo mise in contatto con Milanese il quale gli disse che «avrebbe assicurato che i finanziamenti di volta in volta richiesti sarebbero stati concessi con positivo parere del ministero dell’Economia solo se gli fosse stata assicurata la disponibilità di una somma di 500mila euro». Lo stesso Meneguzzo gli spiegò che Milanese fosse «la persona che per conto del ministro gestisce queste cose». Va ricordato che nell’ordinanza sia la posizione di Tremonti, sia quella di un altro ministro, Gianni Letta, per il gip «non hanno rilevanza penale» e che la richiesta di arresto per Milanese è stata ritirata 20 giorni prima del blitz ha portato ai 35 fermi. Giancarlo Galan ha chiesto un incontro coi magistrati che lo accusano di aver intascato in 10 anni circa 10 miloni di euro per fare correre il Mose. Il colloquio nel giro di pochi giorni. Entro il 4 luglio la Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio deciderà se accogliere la richiesta d’arresto per corruzione formulata nei confronti dell’ex presidente della Regione Veneto. Non solo la politica è coinvolta nel giro di soldi che l’inchiesta veneziana ha svelato. Gli investigatori stanno trovando le prime conferme all’ipotesi che i 450mila euro che Giovanni Mazzacurati sostiene di aver dato al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni servissero per alimentare il voto cattolico alla vigilia delle elezioni amministrative del 2010. Orsoni ha sempre negato di aver ricevuto quei soldi in nero.
LE TESTIMONIANZE di Piergiorgio Baita, già amministratore della Mantovani spa e di Federico Sutto, uno dei due cassieri di Cvn, avrebbero orientato gli investigatori su questa pista. Il Consorzio intendeva sostenere il candidato politicamente più affine, cioè Renato Brunetta del centrodestra, ma «quando abbiamo saputo che il Patriarcato aveva fatto una scelta di campo, quella di Orsoni, abbiamo cambiato linea», ha raccontato Baita. Quei fondi neri sarebbero serviti per spostare i voti cattolici da destra a sinistra. La estrazione di Orsoni è chiaramente cattolica: tra le cento cariche che i detrattori lo accusano di accumulare c’è anche quella di Procuratore di San Marco.
Il Resto del Carlino