Si legge dalla lettera di Davide Natalini, amministratore Leon Engineering.
”Se però devo essere onesto nel citare questo, altrettanto devo esserlo nel dirLe, egregio Direttore, che successivamente a un primo periodo in cui il numero dei dipendenti cresceva in base, squisitamente, alle esigenze dell’Azienda (ero io che chiamavo e selezionavo il personale – tutto sammarinese – cercando nei candidati i requisiti richiesti ) “il sistema”, diciamo così, è intervenuto poi a condizionare la scelta nominativa di alcuni degli assunti. Una volta raggiunte nove unità dipendenti a tempo indeterminato (su venti previste dal piano occupazionale che prevedeva un periodo di tempo biennale per raggiungerle), fui invitato apertamente e direttamente dal “sistema” ad assumere i nomi che proponeva il “sistema” stesso, facendomi capire che “così si fanno le cose”.
Dovetti per forza accettare e le ultime due figure entrate in LEON ENGINEERING si presentarono perchè, diciamo così, avevano il cognome giusto (o forse la tessera?) per il “sistema”. Dopo i due raccomandati (perchè è così che devono essere chiamate le cose) “il sistema”, senza che io ne facessi alcuna richiesta, mi inviò a colloquio anche il sig. Gerardo Giovagnoli (che Lei cita nell’articolo di oggi) con richiesta di assunzione a tempo indeterminato (tanto avevo ancora 9 buchi ancora vuoti da coprire con l’accordo occupazionale) con l’avvertimento, però, che questa figura doveva essere ben retribuita sulla base delle Sue qualifiche e competenze, ma con la piena e totale libertà di venire a lavorare, come no, per il mantenimento a Sua tutela delle assenze giustificate dagli impegni politici. Rifiutai categoricamente affermando in sede di colloquio che in LEON ENGINEERING si sarebbe entrati per meriti e, in ogni caso, le ore e le giornate lavorative sarebbero state uguali per tutti, con la precisazione che stavo cercando ingegneri da assumere per lavorare e non per prendere uno stipendio in barba a chi lavora davvero. Uscito dal colloquio, il candidato non si presentò più.”