Vi ricordate del caso del ”Gendarme violento?” E vi ricordate quanto il sig. Tonino Ceccoli scriveva alla vittima? Ecco tali articoli, peraltro di fortissimo interesse pubblico come tutti gli altri che seguirono, scatenarono la reazione furiosa sia del sig. Tonino Ceccoli che del suo avvocato Tania Ercolani con tanto di denunce sia alla magistratura che all’Autorità Garante della Privacy.
Abbiamo visto come l’Autorità Garante della Privacy abbia finalmente stabilito, uniformandosi ai dettami europei, che chiunque ha il diritto di scrivere notizie e come queste, qualora siano notizie di cronaca con tutte le loro caratteristiche (ovvero devono raccontare fatti veri con un linguaggio adeguato e devono essere di interesse pubblico), possano essere superiori al diritto alla privacy che è recessivo di fronte al diritto di cronaca.
Ora abbiamo altre pronunce giurisprudenziali che sottolineano che chiunque possa scrivere di cronaca, esprimendosi in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, anche non essendo un giornalista registrato presso la Consulta dell’Informazione, come sono io dopo aver volontariamente restituito la tessera da giornalista nel marzo del 2018 dopo la pubblicazione su GiornaleSM dell’ordinanza Morsiani e dei fatti della cricca.
Riprendiamo dei passi importanti della sentenza Beccari:
”Questo Giudice ritiene che non sarebbe comunque sussistente nel caso in esame la fattispecie di abusivo esercizio della professione giornalistica, per motivazioni sostanzialmente coincidenti a quelle già puntualmente esposte dal Giudice Inquirente titolare dei pp.pp. riuniti nn. 617-632/2018 RNR con proprio decreto 16 dicembre 2019, allegato in copia agli atti del presente procedimento (aff.ti 173-181).
Al riguardo giova ricordare che la giurisprudenza civile ha in più occasioni precisato che il diritto di cronaca spetta a qualunque cittadino, al di là della qualifica professionale rivestita: “Trattandosi infatti di diritti afferenti la libertà di manifestazione del pensiero, e considerando il bilanciamento di interessi tutelati, non si ravvisano valide motivazioni in mancanza di una espressa previsione normativa al riguardo, per scriminare un soggetto rispetto ad una tutela di natura costituzionale, in relazione ad una eventuale qualifica professionale e quindi riconoscere tale tutela solamente all’esercente la professione di giornalista, negandola invece ad altri soggetti (nel medesimo senso la sentenza del Commissario della Legge 24 aprile 2019, in causa civile n. 485 dell’anno 2017, ma anche M. POLVANI, La diffamazione a mezzo stampa, 1998, CEDAM, pag. 99).
Proprio a tal riguardo può essere qui utilmente ricordato quanto già espresso dalla giurisprudenza sammarinese: ‘Si é quindi di fronte a un fenomeno comunicativo e/o di manifestazione del pensiero di ampia portata, cui è certamente possibile applicare i principi contenuti nell’art. 6 della Dichiarazione dei Diritti e nell’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo (cfr., in argomento, P. COSTANZO, Aspetti problematici del regime giuspubblicistico di Internet, in Problemi dell’informazione, n. 2, 1996, p. 183).
La norma di rango costituzionale garantisce sia il diritto di esprimersi liberamente (‘manifestazione del pensiero’), sia il diritto di utilizzare OGNI MEZZO per portare l’espressione del pensiero a conoscenza del massimo numero di persone. La garanzia si estende, in linea di principio, a ogni modalità di manifestazione del pensiero quali idee, opinioni, notizie, fatti di attualità e informazione in genere, proprio in considerazione del particolare valore che questa garanzia riveste in ogni ordinamento democratico.
Anche l’art. 10 della Convenzione Europea tutela e garantisce la libera manifestazione del pensiero, ‘diritto che comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o comunicare le informazioni e le idee, senza ingerenze da parte di pubbliche autorità e senza frontiere’, per cui deve essere garantito a tutti il ‘libero uso di tutti i possibili mezzi di diffusione, e cioè la giuridica possibilità di disporne, di usare o di accedervi in condizioni di uguaglianza’ (si veda V. CRISAFULLI, Problematiche delle libertà, Padova, 1997, p. 297).
Tutti i mezzi di diffusione sono, quindi, integralmente ed ugualmente protetti.
L’ampiezza del riferimento é tale da poter comprendere in esso ogni strumento di comunicazione tanto già utilizzato, come internet, quanto utilizzabile in futuro, fornendo l’art. 6 della Dichiarazione dei Diritti, in relazione con l’art. 5 (i diritti della persona umana sono inviolabili’), una formula ampia ed elastica, aperta all’evoluzione dei mezzi tecnologici” (sentenza del Commissario della Legge 11 marzo 2002, in causa civile n. 332 dell’anno 2000; cfr. per il riconoscimento del diritto di critica politica a ciascun cittadino, sentenza del Commissario della Legge 24 aprile 2019, in causa civile n. 485 dell’anno 2017 e, recentemente, sentenza del Commissario della Legge 25 febbraio 2021, in causa civile n. 597 dell’anno 2017).
Si tratta, peraltro, di conclusioni del tutto aderenti al costante orientamento della Corte EDU, che offre ampia tutela al diritto di manifestazione del proprio pensiero, ivi ricomprendendovi il diritto ad informare
(cfr., fra le altre, sentenza 19 febbraio 2013, n. 40397, in Giur. Cost., 2014, 6, 4786: “l’art. 10 Cedu garantisce il diritto di informare ed il diritto del pubblico di ricevere l’informazione, con la conseguenza che internet svolge un ruolo importante nel permettere l’accesso del pubblico alle notizie e nel facilitare la condivisione e la diffusione dell’informazione; garantisce la libertà di espressione a ‘chiunque’, non essendo possibile fare pertanto alcuna distinzione in merito alle finalità lucrative o meno che muovono i soggetti che la esercitano; infine, si applica non solo al contenuto dell’informazione ma anche ai mezzi con i quali essa viene trasmessa e recepita, sicché ogni limitazione imposta a tali mezzi interferisce necessariamente con il diritto di informare ed essere informati. […]”)
(…)