Mentre al centro di molti tavoli c’è il passato, le start-up anche qui a San Marino interpretano il futuro lasciando intravedere la speranza di un benessere diffuso. Stiamo parlando di progetti capaci di solcare il tempo, di costruire sapientemente il futuro.
Ci pensano di solito i conti a riportare i sogni con i piedi per terra e il timore del Governo è che le start up possano chiudere per mancanza di finanziamenti. Di qui la proposta di istituire un fondo di private equity per le start up. Il fondo diventerebbe socio finanziatore dell’impresa e le quote verrebbero sottoscritte dalle banche, eventualmente dallo Stato e dai risparmiatori. In questo modo l’impresa dovrebbe offrire garanzie minime, troverebbe la soluzione alla difficoltà dell’accesso al credito e la scommessa si giocherebbe tutta sul merito. Ci sarebbe un comitato tecnico (non espressione di una delle parti ma del sistema) che valuterebbe l’originalità, l’impatto sul mercato e i potenziali flussi economici.
Inoltre, intervenendo come partner nel capitale di rischio, il fondo tenderebbe a finanziare solo i progetti ritenuti migliori. E gli imprenditori saprebbero di poter contare su un socio, il fondo, competente sul lato finanza e tornare così a concentrarsi sul core business della propria attività.
D’altra parte il risparmiatore che decidesse di investire sul fondo non sarebbe un semplice prestatore di denaro ma un socio vero e proprio interessato a sostenere la crescita del Paese. A ben vedere infatti la crisi che ci stiamo lasciando alle spalle era prima di tutto crisi del nostro sistema economico basato principalmente su un capitalismo relazionale che quasi sempre uccideva la meritocrazia, soffocava l’innovazione e il ricambio generazionale spingendo i migliori talenti a emigrare o destinandoli allo spreco.
Un sistema che a lungo andare non può che uccidere l’economia di un Paese. Per questo Asset SG è pronta a partire con un fondo dedicato alle start up con le quali condividerà conoscenze, esperienze, visioni e sogni. Il cuore del problema per chi per mestiere è chiamato ad erogare credito è il rapporto tra tradizione e innovazione. Così è necessario porre fine alla politica dei remi in barca e partire con fiducia per il paese dei giovani del terzo millennio con la disponibilità a comprendere il loro territorio, a rispettare i loro costumi, a corrispondere ai loro bisogni. L’unico modo per non gettare la spugna è aprirsi nuovi varchi. In questi anni abbiamo assistito alla perdita di molti posti di lavoro ma sono convinto che in fin dei conti sia proprio vero che l’economia è un gioco a somma positiva e che sia possibile, grazie alle start up, porre fine alla disoccupazione e reimpiegare le persone seppure in ruoli diversi. Mi ha colpito a questo proposito la nascita della start-up italiana
Familydea che è stata istituita per rimediare ad un problema piuttosto diffuso riguardo al personale addetto alle pulizie. Nella vicina Italia l’ultimo rapporto Eures mette in luce che il 60% del personale cui si affidano i lavori di casa risulterebbe in nero. Con Family- dea è possibile in tempo quasi reale scegliere il servizio di cui si necessita (stiratura, lavaggio finestre, giardinaggio etc), comunicare il proprio indirizzo, fissare l’appuntamento ed effettuare il pagamento in forma digitale (ad un prezzo non superiore ai 10 euro all’ora). Si risolve in questo modo il problema della domanda e dell’offerta e quello legato al pagamento di tasse e contributi di cui si occupa direttamente il sito.
Perché realtà così importanti possano crescere e prosperare è imprescindibile il contributo dell’infrastruttura vitale della finanza, ingrediente sempre essenziale dello sviluppo economico. Al quale deve necessariamente aggiungersi il contributo, altrettanto essenziale, dei risparmiatori.
Stefano Ercolani, Presidente Asset Banca