Ci sono letture che illuminano la mente e il cuore, indicando prospettive che non possono essere trascurate, pena la perdita di dignità e creatività.
Mi è capitato tra le mani un libretto, a firma di Luigi Lonfernini, che già in copertina suggerisce un cammino positivo, che apre alla responsabilità per chi vive in questa «antica terra della libertà», con la consapevolezza di potere portare un significativo contributo alla convivenza civile, non solo del Paese, ma, come da tempo ricordo, fiaccola per il mondo. E del resto già il Primo Ministro di Malta aveva avuto modo di ricordare al paese la grande responsabilità dei «piccoli stati».
Così ho letto: «Dal discorso di insediamento dei Signori Capitani Reggenti: Maria Luisa Berti – Manuel Ciavatta: “Sentiamo pulsante la necessità di risvegliare l’orgoglio di essere cittadini sammarinesi, di tutelare e custodire le nostre tradizioni e di far riemergere il valore pieno di un’identità storica e politica unica e peculiare, affinché ogni cittadino, ciascuno nella propria sfera di interesse, possa sentire ed esprimere il proprio essere parte di questa Comunità, che ha le proprie origini nel Santo Marino.
Da questo convinto e doveroso richiamo al nostro patrimonio di valori non negoziabili, promana la necessità che ciascun rappresentante delle Istituzioni assuma consapevolezza piena del ruolo assegnatogli, nel rispetto massimo delle Istituzioni e con alto senso di responsabilità personale nell’esercizio della pubblica funzione”».
Queste riflessioni fanno il paio con quanto, già tempo fa, scriveva l’acuto pensatore Augusto Del Noce: «Credo sia di grande importanza osservare come questi difetti [«pragmatismo privo di motivazioni ideali»; perdita di «stile cristiano»; crescita dell’obiettivo della conquista del potere a proprio vantaggio], ben più che a cattiva volontà o ad eccesso di ambizione, debbano venir ricondotti, nella loro radice prima, a una deficienza culturale per quel che riguarda l’interpretazione della storia contemporanea nei suoi fattori decisivi, «quel pensiero del proprio tempo» che è necessario a una forza politica e in assenza del quale si subisce la cultura degli avversari… È questo tipo di assenza culturale a portare a un’assenza di tensione ideale nei riguardi delle stesse realtà temporali; di conseguenza a un accomodamento all’esistente che è accompagnato dalla tentazione, a cui naturalmente ci si trova esposti, di situarsi in esso il meglio possibile. […]
Il recupero dello «stile cristiano» è quindi condizionato dal recupero della cultura, nel senso che si è detto; ed è vano e retorico ogni discorso sul rinnovamento…, se si trascura questo elemento essenziale».
Il passato e il presente ci ricordano che questo nostro tempo ha bisogno di chiarezza ideale e profondità culturale, per non essere fagocitati da progetti che ci sottomettono alle mode culturali e ci rendono deboli di fronte a una pseudo cultura incapace di sostenere soprattutto i più giovani nell’impegno costruttivo della vita.
E non basta ripetere quelle parole che un acuto pensatore definiva «talismaniche» e che sono svuotate della loro valenza autentica.
Penso in particolare alla retorica sulla laicità che preclude a un cammino serio di creatività responsabile. Il bel richiamo all’«orgoglio di essere cittadini sammarinesi» (per cui nutro stima ai Capitani Reggenti che ce lo hanno ricordato) deve diventare amore alla storia bimillenaria del nostro popolo, consapevolezza dei valori di cui siamo eredi, creazione di una narrazione che esalta ciò che ci costituisce, rifiutando le parole (e ciò che implicano) di una cultura che, richiamando diritti illusori, cancella i diritti autentici degli uomini.
E la famiglia, quella autentica, e la scuola, quella che rispetta il principio di sussidiarietà, possono (e devono) riprendere – insieme alla sinergia – quel protagonismo che è la loro caratteristica e identità principale. Senza paure dei diktat di quel pensiero intollerante che non ama l’identità e la libertà e che si vuole padrone delle menti (e dei beni) del popolo.
Gabriele Mangiarotti