Rieccoci qua, cari sammarinesi, con il Titano che si trasforma in una jungla circense dove i politici giocano a fare i domatori, ma senza frusta e con un mucchio di promesse vuote come il portafoglio di un pensionato dopo le “bombe” (anglo-ucraine?) sui Nord Stream… Parliamo della famigerata “Riforma-Ciavatta”, quella che legalizza la cannabis terapeutica, approvata nel 2021 con tanto di fanfare e applausi unanimi, che oggi, nel 2025, somiglia più a un relitto arenato che a un faro di speranza per i malati.
Io, con la penna – unica “arma” in mio possesso – che fuma di indignazione dopo aver scavato tra esposti penali e lamenti di pazienti, vi porto nel cuore di questa tragi-commedia dell’assurdo: una norma nata frettolosamente dall’ideologia libertaria – ma solo sulla droga, intendiamoci! – di Rete, bloccata – sono pronto a scommetterci, anche se non potrò mai dimostrarlo – dall’ostruzionismo ideologico della Democrazia Cristiana. Così, i malati – la categoria più fragile, quella che dovrebbe stare al centro di ogni dibattito sanitario – lasciati a marcire in un limbo normativo degno di un racconto kafkiano.
Allacciate le cinture, perché oggi, visto l’impatto che la situazione attuale ha sulla società sammarinese, specie sulle categorie deboli, mi sento in dovere di togliere i guanti bianchi, di “picchiare” – metaforicamente s’intende – a mani nude sia i progressisti da salotto, sia i conservatori da confessionale.
Partiamo dai fatti, perché qui non siamo su Facebook a chiacchierare di calcio con “Lucianino”, ma ci troviamo a dissezionare una vicenda che grida vendetta al cielo. Era il 18 giugno 2021 quando il Consiglio Grande e Generale, in un impeto di unanimità che oggi fa sorridere (o piangere, a seconda), approva la Legge n.113: coltivazione, lavorazione e commercio di cannabis per uso terapeutico. Il Segretario di Stato alla Sanità Roberto Ciavatta, nominato da quel Movimento Rete che si professa paladino delle libertà moderne, almeno sulle droghe leggere, sale in cattedra durante la prima lettura consigliare dell’allora, ancora, progetto di legge e declama un discorso che pare uscito da un manifesto elettorale: “Apriremo San Marino al mercato della cannabis medica, seguendo prassi europee, per curare Parkinson, epilessia, sclerosi multipla e dolore cronico. Seguiranno decreti, accordi, regolamenti…“. Ah, che belle parole! Peccato che quelle “dinamiche descritte” nel progetto di legge – agenzia di controllo, contatti con l’International Narcotics Control Board, produzione farmaceutica – siano rimaste lettera morta.
Quattro anni e una crisi di governo dopo, zero decreti attuativi. Zero! Come se avessero approvato una legge per costruire un ponte e poi dimenticato di ordinare i tralicci. E qui entra in scena l’ideologia di Rete, quel dogma ideologico a favore delle “droghe leggere libere” che puzza di opportunismo lontano un miglio. Ciavatta e “compagni”, con il loro zelo progressista, hanno spinto per una riforma “rivoluzionaria” senza curarsi dei dettagli operativi. Volevano posizionare San Marino nel “mercato internazionale”, dicevano, come se il Titano – interpreto io – fosse pronto a diventare la Amsterdam dei colli appenninici.
Risultato? Una legge approvata in fretta e furia, senza i necessari decreti, che ha creato più caos che benefici. Ricordate la vicenda del “Bister hemp”, quella “pozione” sperimentale (sì, “pozione”, non essendo all’epoca registrata né come integratore né come presidio medico) prodotta da un’azienda romagnola e distribuita dalla “Neurologia” sammarinese? Benefici per alcuni malati di Parkinson, sì, ma Ciavatta finisce indagato per introduzione di stupefacenti e spaccio dopo l’esposto di una figlia delusa. Una storia intricata, con denunce del settembre 2022 e procedimenti probabilmente ormai archiviati, ma che grida al cielo: “Ma chi controlla questa roba?”.
Ideologia pura, amici miei, che trasforma la sanità in un far west dove i pazienti sono gli indiani senza frecce da sferrare.
Ma non pensiate che Rete sia l’unico cattivo del film. Oh no, il PDCS – quel partito da sempre contrario alle droghe, con il suo moralismo da sagrestia – ha preso le redini della Segreteria alla Sanità dopo Ciavatta e… nada! Zero mosse per emanare quei benedetti decreti. Storici oppositori di tutto ciò che sa di “droghe”, anche se terapeutiche, hanno bloccato l’attuazione piena della legge, lasciando i malati in un paradosso degno di una barzelletta nera.
Prescrizioni di farmaci con THC dal prontuario pubblico? Sì, grazie all’ISS che doverosamente fa riferimento alla nuova legge. Ma deroghe per guidare o lavorare? Sogni! I bugiardini vietano tutto, la Gendarmeria – altrettanto doverosamente, viste le normative vigenti – non riconosce certificati terapeutici, e se sei un malato con certe terapie, autorizzate e legali, rischi il ritiro della patente come un “tossico” in fuga da San Patrignano.
E i lavoratori? Bloccati in casa, in malattia prolungata, senza tutele assicurative o smart working. Ideologia conservatrice allo stato puro: “Meglio non toccare, che il diavolo si nasconde nei cannabinoidi“.
Risultato? Un vuoto normativo che penalizza proprio chi dovrebbe proteggere: i deboli, i cronici, i vulnerabili.
Prendete, perchè l’attualità si è concentrata su quello, ma non sono certo i soli coloro che ne sono afflitti… Prendete – dicevo – la fibromialgia, quella “malattia invisibile” che colpisce centinaia di sammarinesi, per lo più donne, con dolore cronico che ti spezza l’anima. La Legge n. 10/2024 la riconosce, promette rimborsi per terapie complementari. Ma l’attuazione? Parziale, con briciole: 150 euro annui per psicoterapia o ginnastica in acqua, e cure che equivalgono ad “arresti domiciliari”.
Associazioni come quella di Gloria Menghi (leggi qui) urlano al vento, l’USL (leggi qui) invoca tutele per oltre 700 malati – percorsi multidisciplinari, risorse economiche, mansioni adattate – ma il governo? Sordo come una campana rotta. Andrea Pozzati, vicepresidente della “Associazione Fibromialgia a San Marino”, racconta un incubo (leggi qui): isolato in casa, impossibilitato a lavorare, con la patente a rischio per un farmaco prescritto a vita.
“Paradosso dei lavoratori bloccati”, lo chiamano. Io lo chiamo scandalo! E tutto perché le ideologie – quella progressista frettolosa compiacere i propri elettori di Rete e quella conservatrice ostruzionista del PDCS – hanno trasformato una riforma sanitaria in un’arena politica, con i malati ridotti a mangime per i leoni.
Cari lettori, il sipario su questo circo sammarinese va calato… E con urgenza! Basta con il gioco delle parti che lascia i malati a fare i giocolieri su una corda sfilacciata. Serve coraggio, quello vero, non le chiacchiere da comizio. A uomini e donne del PDCS, che oggi siede comodo al governo, diciamo: tirate fuori le … il coraggio e decidete! O riscrivete la legge, mandando in soffitta il sogno malconcio di Ciavatta, o sbloccate quei decreti attuativi che dormono nei cassetti di qualche mobile d’epoca a Palazzo, facendo tornare a funzionare come si deve una norma indispensabile.
Decidete, per tutti i santi del Titano, ma decidete qualcosa! Altrimenti, San Marino non sarà più il faro della libertà, ma la misera terra dove i malati pagano il prezzo di un valzer politico suonato con fisarmoniche bucate. E se oggi il PDCS continua a rimbalzarsi la patata bollente del “casino” creato con Rete, chissà, magari un giorno lo vedremo spinto, sulla sedia a rotelle, dalla sua stessa inerzia. Sul Titano, l’assurdo non è un inquilino: è il re indiscusso! …Smentitemi, e in fretta, vi prego!
Enrico Lazzari