San Marino. Non c’è più lavoro per i sammarinesi. Non più opportunità a chi vuole un lavoro estivo

Chi offre un impiego sa di discriminare discriminando perchè i requisiti richiesti sono: bella presenza, sesso femminile, età sui 25/30 anni lingua russa e altre richieste specifiche.

Il turismo è in crisi, il lavoro è in crisi, il Titano è in crisi.

Fin qui, nessuna novità. La notizia invece è che i sammarinesi sarebbero riottosi ad accettare un impiego. Un lavoro. An che se stagionale. Nell’ultima uscita pubblica il segretario al Lavoro Iro Belluzzi, a margine dei lavori della commissione Finanze, ha riferito l’esito di un sondaggio effettuato dalla sua segreteria di Stato, in base al quale su 60 persone iscritte al collocamento, solo una decina si è presentata al colloquio e solo 4 si sono dette disposte a un impiego nel settore turistico, con un orario non proprio di ufficio che può prevedere l’attività nei giorni festivi.

Quindi, malgrado le difficoltà di questo momento per alcune fasce di popolazione, alcune tipologie di lavoro non sono accolte da parte dei cittadini, a partire proprio da quelle necessarie all’attività turistica.
Gli esercenti del centro storico della capitale, secondo un recente sondaggio, denunciano che solo poche persone sono disposte ad accettare un lavoro nel comparto turistico. Con orari impegnativi e, a tratti, richieste bizzarre (come la 
conoscenza della lingua russa o cinese).

Ma secondo i responsabili di categoria a San Marino manca una “cultura del lavoro nel comparto turistico” perchè in un Paese come l’antica Repubblica è necessario che già a scuola venga inculcato il concetto di “occupazione turistica” agli studenti.

In ogni caso, i requisiti richiesti sono difficili da avere. Gli annunci di lavoro richiedono infatti “bella presenza, età sui 25/30 anni, sesso femminile, lingua russa” e altre richieste specifiche.

Quindi chi offre un impiego richiedendo tali requisiti sa di discriminare discriminando.

Chi ha cercato un lavoro stagionale nel centro storico ha sottolineato come l’esercente di tur- no ha fatto capire che, a una prima occhiata, chi si offriva non “aveva i requisiti”.

Quindi tra un “le faremo sapere” e un “sono già in parola con un altra persona” la maggior parte di chi chiede se ne torna a casa con “le pive nel sacco”.

E nella capitale sammarinese i ‘giovani’ del Titano che lavorano in bar e negozi sono praticamente assenti.

Ma il problema ha radici più profonde.
Nel turismo, l’essere dilettanti (in senso buono e latino del termine) ha sempre pagato. Nessuno era acculturato quando dal dopoguerra a oggi (ieri), il comparto era florido e funzionava. Non è mai stato un problema di lingua (al massimo la conosce il titolare e alla bisogna interviene) e nemmeno di attitudine (se si fa la ‘stagione’ si lavora con turni e ritmi pesanti, è un assioma sempre stato chiaro a tutti), c’è qualcosa che si è incrinato e non si è capito bene cosa. Si parla di ‘turismo del lusso’, di ‘turismo del be
nessere’, di ‘turismo culturale’ e si perde il concetto di vacanza (dal latino: vacantia neutro plurale sostantivato di vacans, participio pr sente di vacare essere vuoto, libero).

La vacanza ci sussurra all’orecchio un vuoto piacevolissimo, un vuoto che è libertà. Giorni vuoti dal lavoro, dallo studio, dai vari impegni quotidiani -in cui i ritmi possono rallentare, in cui si può dormire di più, fare quello che ci pare- purtroppo oggi è evidente la sua natura eccezionale.

Chi lavora con chi è in vacanza dovrebbe tenerlo a mente.
Il Titano ancora non sa bene cosa “vuole fare da grande” e l’assenza di coordinamento fa sì che ognuno dica la propria e abbia una formula magica per emergere dal pantano della crisi.

Una “crisi della ragione” che sta generando mostri. 

La Tribuna