Le vicende di questo governo sono l’epilogo non scontato ma in qualche modo prevedibile di tutti gli errori che trent’anni di corruzione e di voti di scambio fra partiti – tutti- e cittadinanza – voto estero ed ancor di più voto interno – hanno determinato nel Paese pompando artificiosamente una economia di carta e non semi truffaldina e la cultura del tutto dovuto che le cordate affaristico- politiche hanno alimentato nella cittadinanza per conservare il potere.
L’economia di carta si è dissolta come neve al sole quando sono stati demoliti i pilastri su cui si reggeva (segreto bancario e monofase ), ma la sottocultura del frega-frega e dell’assistenzialismo parassitario non è stata intaccata (non è facile farlo!) e si è tentato di passare oltre identi cando alcuni politici – non più colpevoli di molti altri – come capri espiatori di un contesto dove invece sarebbe stato necessario un approfondito dibattito sulle storture avvenute e sul consenso che questi personaggi comunque avevano raccolto.
Per guarire dalla sottocultura del tutto dovuto bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e procedere ad un rinnovamento non di facciata e che riguardi i comportamenti dei singoli, dei gruppi e della collettività. In ogni caso i disastri e le inadempienze di questo governo hanno insegnato – credo a tutti – due cose :
1) non è mettendo lì delle faccine nuove che allora tutto cambia
2) i burattinai delle lobby politica-affari hanno ancora più potere con governi improvvisati ed incompetenti: la vicenda della banca CIS e dei derivati NPL sono lì a testimoniarlo sulla pelle viva dei sammarinesi per i prossimi trent’anni ammesso che il Paese sopravviva.
E’ certamente conclusa una Repubblica ma quella nuova non si intraveda e non sarà possibile senza un dibattito coraggioso ed una riforma costituzionale che delinei un nuovo assetto dei poteri dello Stato.
La cura si chiama POLITICA che dovrebbe avere il compito di tenere uniti in alcuni valori in cui tutti si riconoscono i gruppi e le classi sociali, conciliando interessi divergenti all’interno di un dibattito democratico che consente le alternanze dei gruppi dirigenti, che consente a tutti la possibilità di migliorare la propria condizione sociale ed economica attraverso ascensori sociali certi ed oleati, che consente la formazione di gerarchie basate sulla capacita e sul merito.
Da troppi anni stiamo andando nella direzione sbagliata che ci ha portato sull’orlo del punto di non ritorno: le classi dirigenti sono lobby affaristiche con politici intercambiabili appartenenti apparentemente a partiti diversi ma in realtà iscritti tutti alle conventicole affaristiche che dietro le quinte ed indipendentemente dai risultati elettorali si spartiscono brandelli di stato e di interesse generale; gli ascensori sociali non funzionano essendosi consolidato un sistema feudale per cui solo i gli appartenenti ai ceti privilegiati che corrispondono in larga misura alle lobby affaristiche hanno accesso ai ruoli ed alle attività più importanti e redditizie sia nel privato, nel campo delle libere professioni ed anche – non sorprendentemente – nel pubblico.
Da tutto questo sono derivate frustrazione e rabbia in qualche modo incanalate da un consenso verso i movimenti.
Questo è di per se un elemento positivo per la sopravvivenza del sistema ma non autosufficiente come l’esperienza di Civico 10 e dell’attuale governo ampiamente dimostrano.
Pensare di indebitarsi per risolvere i problemi è un grave errore.
Per superare il passato bisogna prima superare la sottocultura del tutto dovuto e tornare alla cultura della partecipazione diffusa e della responsabilità.
Crescita economica e sviluppo sociale devono tornare a marciare insieme.
Per poter distribuire la ricchezza prima bisogna crearla, la formazione, la scuola ed il lavoro nelle sue varie e necessarie articolazioni, devono essere al primo punto di qualsiasi programma economico in grado di riattivare un nuovo ciclo solido duraturo e con spazi adeguati per il lavoro intellettuale e le nuove professioni che i nostri giovani più preparati stanno andando a svolgere in altri Paesi, hai noi.
Pensare sicuramente ad una società inclusiva anche per i cittadini più fragili o posti al margine, ma dove tutti sono chiamati innanzitutto a dare il proprio contributo responsabile prima di chiedere. solo così è pensabile che dopo aver creato ricchezza e chiesto a tutti un contributo responsabile si potrà procedere ad una redistribuzione che riduca le diseguaglianze ma incentivi e riconosca il merito, la conoscenza ed il saper fare.
Una società più coesa perché tende a ripristinare il principio delle pari opportunità con adeguati ascensori sociali, una società più dinamica e reattiva perché riconosce e premia il merito.
Se questa analisi è realista, a partire dalla disastrosa situazione in cui versiamo, dalla alta probabilità di andare a nuove elezioni con l’attuale legge elettorale e dalla necessità di costruire alleanze di emergenza a cui gli attuali partiti della minoranza-maggioranza devono essere esclusi, si pone la questione politica di come far convergere su un programma in pochi punti le attuali forze di minoranza ed in particolare Rete e Democrazia Cristiana.
Se siamo sicuri che non è sufficiente mettere lì facce nuove per determinare svolte e governare, se siamo sicuri che gli interessi sono molteplici e non vanno demonizzati ma conciliati, se siamo sicuri che occorrono classi dirigenti credibili, preparate e collegate con il mondo che ci circonda allora è possibile ipotizzare una alleanza d’emergenza (perché siamo in emergenza) passando dalle posizioni ideologiche al confronto sui temi da affrontare e sulle soluzioni da adottare.
A questo punto iniziare a discutere su che cosa fare è tutto tempo guadagnato.
Dario Manzaroli