Riceviamo e pubblichiamo
«Bonum ex integra causa: malum ex quocumque defectu: Il bene risulta dalla totalità dei requisiti richiesti; la mancanza anche di uno solo basta a compromettere il tutto».
Se riflettiamo sul tempo presente ci accorgiamo di una situazione preoccupante, da più punti di vista. È di questi giorni quello che sta accadendo in Afghanistan, che rischia di essere la terra dell’odio alle donne e ai non mussulmani. Scrive Giulio Meotti: “Mentre conquistano più territorio, gli insorti vietano alle donne di uscire di casa senza un parente maschio e bandiscono le ragazze dalla scuola. Alle famiglie viene ordinato di consegnare donne e ragazze per il matrimonio a combattenti talebani. Queste richieste sono coerenti con l’interpretazione estremista dei talebani della sharia islamica che afferma che le donne sono beni mobili da cedere come bottino di guerra”.
Altra informazione, sempre dall’amico e giornalista Meotti: «“In Nigeria siamo alle porte del genocidio. Il mondo sembra non accorgersi che il gigante africano sta per diventare come Ruanda e Darfur”. Così Bernard-Henry Lévy scriveva nel suo reportage dalla Nigeria e pubblicato da Paris Match. Un pastore musulmano gli dice: “Questa è la nostra terra, qui i bianchi non possono passare. Volete spiare le nostre donne? È proibito dal Corano. Ci sono troppi cristiani da queste parte, i cristiani sono cani e figli di cagne. Sono traditori perché si sono convertiti alla religione dei bianchi, sono amici dei bianchi, sono impuri. Quando se ne andranno tutti, finalmente la Nigeria sarà libera”».
Ed ecco che cosa racconta Asia Bibi: “Oggi in Pakistan ci sono venti cristiani in carcere con l’accusa di blasfemia. Almeno quindici cristiani sono stati assassinati, spesso prima dell’inizio del processo”. Chi è rimasto in Pakistan e rischia ogni giorno la vita è l’avvocato di Asia Bibi. “Mi hanno chiamato un agente degli ebrei”, dice Saif al Malook dalla sua casa di Lahore. “I miei vicini non mi parlano e anche i membri della mia famiglia mi odiano. Ma sto lavorando per queste persone indifese (cristiane) perché è la cosa giusta da fare. Vorrei unirmi ad Asia (Bibi) e alla sua famiglia in Canada. Il mio unico desiderio ora è di poter trascorrere i miei ultimi anni in pace”.
E l’elenco di quanto ferisce uomini e donne potrebbe continuare, e farci anche ritrovare il racconto di chi, qui in Occidente, sta perdendo la sua libertà di pensiero, di espressione, di realizzazione di una vita che non sia succube del mainstream.
E per finire basterà ricordare quanto sta accadendo in questi giorni, nei quali si intende far credere che l’aborto, chiamato “interruzione volontaria di gravidanza” (o più spesso solamente come IVG) sarebbe una forma attuale di diritto indiscutibile delle donne, cancellando con tenacia ogni riferimento al bimbo concepito (in qualunque modo lo si voglia chiamare: embrione, feto…).
Come ricorda s. Giovanni Paolo II, nella sua splendida enciclica Evangelium Vitae: «con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori … confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore, è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale.
La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine, né come mezzo per un fine buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità. “Niente e nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo”.
Nel diritto alla vita, ogni essere umano innocente è assolutamente uguale a tutti gli altri. Tale uguaglianza è la base di ogni autentico rapporto sociale che, per essere veramente tale, non può non fondarsi sulla verità e sulla giustizia, riconoscendo e tutelando ogni uomo e ogni donna come persona e non come una cosa di cui si possa disporre. Di fronte alla norma morale che proibisce la soppressione diretta di un essere umano innocente “non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l’ultimo miserabile sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali”».
È chiaro, allora: «Bonum ex integra causa: malum ex quocumque defectu: Il bene risulta dalla totalità dei requisiti richiesti; la mancanza anche di uno solo basta a compromettere il tutto».
Per questo noi, che amiamo la vita, cerchiamo di difendere ogni vita, in qualunque situazione. E se tale difesa non tiene conto di tutti i fattori, difficilmente potrà avere successo. Ma qui si apre il compito per ciascuno, senza alcuna eccezione.
Don Gabriele Mangiarotti