Torno ad occuparmi della vicenda “Trump” o meglio della decisione di bloccare completamente il suo profilo Twitter seguito da ben 88 milioni di persone. E lo faccio perché il mio ultimo editoriale ha allarmato un po’ tutti coloro che, come me, aborrano ogni forma di censura. Sono stato così criticato per avere “difeso i social media”. Innanzitutto credo di essere stato frainteso, per quanto fosse piuttosto chiaro il mio pensiero, avendolo peraltro riletto. Ho espresso alcuni concetti: 1) Quando ci si iscrive nelle piattaforme social, si firma di fatto un contratto dove ci si impegna a rispettare alcune regole. 2) Ho affermato che i social non possono e non devono sostituirsi ai prodotti editoriali perché non lo sono e perché ci lavorano web master o informatici e non certo giornalisti. Quindi se si viene censurati o se al contrario viene lanciato un messaggio distorto, c’è poco da lamentarsi visto che non c’è la mediazione dei professionisti dell’informazione. 3) Ho concluso chiedendo ai social, provocatoriamente, di sgombrare il campo e lasciare fare il lavoro ai giornalisti. Poi siccome sono per la libertà di pensiero, chi vuole utilizzare o informarsi su Facebook e compagnia cantante per quanto mi riguarda è liberissimo di farlo. Dopo però non lamentiamoci se prendono sempre più piede negazionisti, no vax e pallonari vari. Ho certamente detto che Trump andava “fermato” perché partendo da una fake news ha creato una spirale d’odio che ha causato scontri violenti nei quali sono morte delle persone ed abbiamo incredibilmente assistito all’occupazione del Campidoglio, simbolo mondiale di libertà e democrazia. Sì è vero. Ci sono altri leader populisti, anche in Italia, che hanno utilizzato in passato ed utilizzano tuttora un linguaggio pericoloso. Si pensi a Beppe Grillo quando alcuni anni fa scriveva papale-papale sul suo blog: “Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto. Sono disperati. Hanno deciso di mantenere Napolitano al Quirinale. È necessaria una mobilitazione popolare. Sarò davanti a Montecitorio stasera”. La manifestazione ci fu, ma nessuno occupò il Quirinale con la forza, differenza non da poco rispetto ai fatti odierni. Il punto è che l’incitamento all’odio va sempre condannato e per quanto possibile anche prevenuto. E allora invece di fare il gioco di dire chi ha detto cosa, visto che i populismi e i populisti adoperano più o meno tutti quanti il medesimo modus operandi, ci si dovrebbe piuttosto concentrare sull’immenso potere discrezionale che hanno i colossi del web nel veicolare o non veicolare fatti e notizie. In assenza di normative più stringenti, a decidere come e quando pubblicare, chi e cosa “bannare”, è una oligarchia digitale spesso e volentieri senza alcuna nozione, preparazione e deontologia in materia di informazione (che è cosa ben diversa dalla comunicazione). Ecco, forse su questo dovrebbero interrogarsi gli utenti, ma anche i vari legislatori: si può parlare di internet come strumento di piena e completa libertà, quando ad accendere o spegnere la “luce” sono pochi proprietari di aziende e multinazionali?
David Oddone