Di lamentale ce ne sono un sacco: inutile negarlo. Telefoni che squillano a vuoto per ore, messaggi registrati che dirottano su altri numeri, che non rispondono, ricette online che dopo una settimana non sono state evase. Gente inferocita che scrive ai giornali e riempie di post i social con le soluzioni più assurde come: andate in PS, così vi ricevono. È la cosa più sbagliata in assoluto perché intasare il Pronto Soccorso di codici bianchi, in piena pandemia, è da veri irresponsabili.
Eppure, con pazienza si riesce a fare tutto, addirittura con le scuse dell’infermiera: non abbiamo medici, non abbiamo infermieri, non sappiamo più come fare. Non dice nulla sulla gente maleducata che inveisce perché deve fare la fila e perché non ha subito tutto quello che chiede. Non dice nulla del fatto che infermieri e medici sono stati cooptati nei reparti Covid, di nuovo pieni; nel team Covid territoriale (ci sono mediamente 400 persone infette da gestire ogni giorno nelle proprie case); che c’è la squadra impegnata tutto il giorno a fare i tamponi e che un nutrito numero di medici e infermieri, da una decina di giorni, fa i vaccini. Un’emergenza sanitaria gestita da oltre un anno con lo stesso numero di persone e di professionisti. Tutto questo la gente lo sa, ma fa finta di non saperlo. E vuol passare avanti!
Beh, se non c’è il personale, cosa spettano ad assumerlo. C’è sempre qualcuno con la risposta pronta, arrogante e saccente. Come se fosse facile trovare il personale. Negli ospedali italiani hanno arruolato perfino gli specializzandi e per fare il vaccino hanno messo i militari. Risorse di cui San Marino, notoriamente, non dispone. A chi guarda da fuori, la piccola Repubblica sembra un mito, un miraggio, il Paese in cui tutti vorrebbero abitare, perché fuori confine le cose vanno in ben altra maniera. Il Presidente Mattarella si è vaccinato ieri, dopo 80 giorni dall’avvio della campagna vaccinale. Alla faccia di quelli che mettevano le croci sul calendario “San Marino senza vaccino”.
Dai tg nazionali piovono notizie terribili: a un anno dal lockdown, gli ospedali sono di nuovo stracolmi, i malati stazionano giorni interi nelle ambulanze ferme nei parcheggi, o sono nelle barelle lungo i corridoi, medici e infermieri sono al collasso. Le piccole città e i piccoli paesi, anche del circondario, sono messi peggio, ma non fanno notizia rispetto alle grandi aree metropolitane. Si parla di nuovo di chiudere tutto a livello nazionale.
Il fenomeno dilagante un po’ ovunque è la stanchezza e l’insofferenza. Che ci sta. Dopo un anno di restrizioni, di isolamento, di pandemia economica, siamo tutti stanchi. Ogni giorno che passa cambiano gli scenari della nostra vita e si fanno più pesanti. Avvertiamo tutti una strana e nuova inquietudine come se ci muovessimo in territori inesplorati e insidiosi. Fuori dalla porta di casa, ma anche dentro. Alla fine viene in mente il titolo di un libro che ebbe molto successo anni fa: “Io speriamo che me la cavo”.
Chi ha letto le cronache della Seconda Guerra Mondiale, non può non ricordare cosa successe in quegli anni terribili. Il paese era pieno di sfollati, la miseria era endemica, verso Rimini si bombardava tutti i giorni, i rifornimenti non arrivano perché i carichi di olio e di farina venivano quasi sempre fermati prima del confine. In quella tragedia quotidiana, fatta solo di dolore e sofferenza, uomini che in altri tempi si sarebbero accoltellati perché appartenenti a forze politiche ideologicamente contrarie, si unirono nello sforzo comune di aiutare tutti i cittadini, anche gli italiani che dormivano nelle gallerie del treno, dimenticando per più di un anno l’agone politico. Poi, dopo il 20 settembre, tornarono ad accapigliarsi come sempre.
Anche oggi ci si dovrebbe unire nello sforzo comune di uscire dalla tragedia, al di là delle simpatie politiche o personali, senza atteggiarsi a vittime del sistema che non funziona, o cercare con tutti i mezzi di boicottarlo, quel sistema, per fare più danni possibile. In pochi giorni San Marino ha somministrato oltre 3000 vaccini. Dopo il personale sanitario, le persone più anziane e la RSA, già si stanno vaccinando gli insegnanti e le forze dell’ordine, poi seguiranno le altre fasce. Siamo già al 10 per cento di copertura della popolazione: e ancora ci lamentiamo?
Le massime istituzioni dello Stato hanno assicurato: ne usciremo tutti insieme. E allora tutti insieme, diamo una mano. Basta con i furbetti che vogliono saltare le file, che si atteggiano a maestà violata perché hanno trovato un telefono occupato, che si spazientiscono perché non hanno più tutto al par della bocca. Dietro c’è sempre chi sta peggio.
Il tema più frequentemente discusso, nell’etica della salute, è su quali basi stabilire le priorità nell’allocazione delle risorse destinate ai servizi sanitari. E siccome le risorse, in questo momento, non sono illimitate, né moltiplicabili, è meglio destinarle a uscire dall’incubo dei contagi. Poi, tutto il resto si sistemerà nel tempo.
a/f