Pian piano sta tornando alla vita. Attenzioni politiche costanti, finanziamenti già a disposizione e tecnici già al lavoro, stanno segnando la rinascita del trenino biancoazzurro. Non è solo una questione sentimentale, un omaggio alla memoria storica: il trenino è molto di più. È una questione di mobilità, sempre difficile sulla sommità del Titano sia per le macchine (visto che i parcheggi sono sempre scarsi), sia per gli umani, viste le salite. Ma è anche una questione di tutela ambientale: viaggiare in treno rappresenta la forma più ecologica di trasporto motorizzato di passeggeri in Europa, in termini di emissioni di gas serra, rispetto al viaggiare in auto o in aereo. È una grande attrazione turistica e sicuramente sarà importante anche per la gestione dei flussi all’interno del centro storico. Sarà l’occasione per la rivitalizzazione dell’aerea ex Stazione, ormai quasi abbandonata dai turisti e, di conseguenza, anche dalle attività commerciali.
Bisogna dare atto al Segretario Pedini Amati di aver creduto in questo progetto e di avergli dato le gambe per camminare, anche di fronte alle incertezze del cambio di governo in Italia. Per questo ci permettiamo di segnalare un aspetto artistico culturale che finora non è stato evidenziato da nessuno: la conservazione di due opere d’arte firmate da due più grandi artisti contemporanei, due personalità di livello mondiale, entrambe le opere collocate nella galleria Montale, l’ultima, quella che sbuca proprio al termine del tratto ferroviario, in Città.
La prima opera da segnalare raffigura la scritta del nome dell’autore: rappresenta tre t: tTt – CatTtelan.
L’artista ha disegnato il Golgota e ha giocato sul simbolismo delle tre croci, come a dire che ogni uomo ha il suo Calvario. Quindi il martirio, la fatica di vivere, l’incomprensione degli altri uomini. Solo una T è maiuscola, quella centrale: è lui stesso il Cristo? Il martire?
San Marino possiede quest’opera dal 1991 ed era stata realizzata appositamente per “Provoc’Arte, Provo Carte, Provocar Te”, una manifestazione la cui giuria selezionatrice era presieduta da Carlo Giulio Argan e composta da Lucio Dalla, Roberto Daolio, Sandro Pascucci, Gilberto Rossini. Non sfugga l’eccellenza di questi nomi, che segnavano un periodo in cui San Marino credeva nell’importanza e nel ruolo dell’arte. Come le Biennali d’arte degli anni ’60.
Siamo quasi all’inizio di quel percorso artistico che vedrà Cattelan firmare opere permeate di ironia, oltre che di provocazione. Da molti definite scandalose: il water d’oro, il Papa abbattuto da un macigno, il dito medio in Piazza Affari, il cavallo sospeso nel castello di Rivoli, e tantissime altre. Opere pagate dai collezionisti e dai musei, milioni di dollari.
Ma quelle tre croci stanno scomparendo dalla parete della galleria, a causa del gocciolio dell’acqua e del consueto logorio del tempo. Cattelan ha espressamente vietato che vi possa mettere mano un’altra persona che non sia lui, foss’anche il migliore restauratore del mondo. E lui non vuole venire a sistemarla, nonostante i reiterati inviti da parte di San Marino. L’arte, come qualsiasi altra espressione, è soggetta all’evoluzione ma anche al degrado. Si nasce, si cresce, si muore. Deve essere così.
Nel 1995 la stessa scritta è stata rielaborata da Cattelan al neon ed è presente nella Collezione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Ma a San Marino ormai non si vede più. Ora si può fare ben poco, nel rispetto della volontà dell’artista, ma si spera che i lavori di ripristino della ferroviaria non vadano ad aggravare un decadimento ormai inarrestabile.
Addentrandoci nella galleria, in un anfratto nel cuore della terra, si apre un corridoio e una finestra che erano serviti agli antichi costruttori per buttare di sotto il materiale di scavo. Ora è una superba terrazza che offre un inedito panorama della riviera vista tra lo stormire delle fronde sullo strapiombo del Titano.
È qui che, la scorsa estate, Stefano Arienti, un altro artista italiano tra i più significativi di questa generazione, ha collocato una struttura che ha battezzato “Castello”. Si tratta di una costruzione cubica composta da strati sovrapposti di lastre usate per la manutenzione delle strade di San Marino e di libri donati dalla comunità, mattoni di conoscenza dal contenuto ormai inaccessibile. Arienti l’ha completata aggiungendo sulla sommità una piccola quantità di miele e strutto, componente organica e naturale che consegna l’installazione alla giurisdizione della natura. Un’opera, dunque, che raccoglie gli elementi fondamentali di cui il mondo è costituito: il pensiero e la materia, la res cogitans e la res extensa, quasi a rappresentare la base, il cuore pulsante dell’esistenza. Un omaggio alla pratica artistica di Joseph Beuys e, velatamente, anche alla sua proposta di concepire Europa e Asia come un unico continente, nel quale l’umanità dovrebbe riscoprire le proprie origini e un senso antico di fratellanza.
Anche Arienti ha vietato di toccare, spostare, restaurare l’opera, affidandola solo alle cure, o alle incurie, del tempo. Con la speranza che anche in questo caso, i tecnici dimostrino per l’arte lo stesso amore che hanno per il trenino.
a/f
Nelle immagini, le due opere artistiche dentro la galleria Montale, quella di Cattelan e il “Castello” di Arienti