La Commissione Consiliare IV ha licenziato il progetto di legge sull’emergenza abitativa che sarà con ogni probabilità esaminato in seconda lettura in Consiglio Grande e Generale nel prossimo mese di aprile. Tutte le forze politiche, fin dalla scorsa e ancora recente campagna elettorale, hanno posto l’accento sulla situazione di difficoltà di molte famiglie, soprattutto giovani ma non solo, nell’affrontare il vertiginoso rialzo dei costi di acquisto o di locazione di alloggi adeguati alle loro esigenze; tema cavalcato in particolare dal Segretario di Stato Ciacci, che, più attento agli annunci che alla sostanza, per diversi mesi ha decantato il progetto di legge in esame come la soluzione del problema. Le forze di opposizione, alla conclusione dei lavori in Commissione, non possono che evidenziare con amarezza come il progetto di legge “casa” del Governo, al di là della propaganda profusa anche sul coinvolgimento delle opposizioni nell’elaborazione delle proposte – nei fatti mai attuata, non affronterà né tantomeno risolverà l’emergenza abitativa in atto. Il fulcro del provvedimento è stato ripetutamente indicato dal Segretario e dai membri di maggioranza nell’innalzamento dei parametri richiesti per la residenza atipica per i pensionati; tale istituto, introdotto dallo scorso esecutivo, è l’elemento che ha scatenato l’attuale corsa al rialzo delle locazioni, ma fa certamente parte di un fenomeno ben più complesso che, nel novero di percentuali, incentivi e coefficienti posti “a sentimento”, chi ci governa ha dimostrato di non comprendere. Tanto più che il rialzo dei citati parametri per l’ottenimento della residenza atipica, fiore all’occhiello del provvedimento di Ciacci, è già vigente da tempo tramite un Decreto Delegato emesso già nel novembre 2024, ben prima del deposito del progetto di legge, e poi appena rinnovato lo scorso 20 febbraio, proprio alla vigilia della convocazione della Commissione. Il Segretario tuttavia non ha resistito alla tentazione di piantare prima dei suoi colleghi una bandierina politica e per farlo non ha esitato ad allungare i tempi di approvazione definitiva della norma che con la ratifica del decreto delegato in vigore sarebbe potuta arrivare a marzo, mentre con la sua legge avverrà almeno in aprile. Ironia della sorte il decreto, che evidentemente decadrà, conteneva parametri più restrittivi di quelli adottati dalla legge. Nel merito, la revisione di qualche indice relativo al contributo statale in conto interessi e l’introduzione della garanzia dello Stato per l’acquisto della prima casa (quest’ultima disciplinata secondo parametri che sembrano più il risultato di una gara di dadi che una ponderata valutazione sulle rate sostenibili dalle fasce più deboli) hanno destato perplessità anche tra i commissari di maggioranza. Sono provvedimenti a lungo termine e che comunque incideranno per nulla o solo marginalmente sull’incremento dell’offerta di abitazioni. Manca completamente la visione di un piano organico, da attuare su più livelli utile ad abbassare i prezzi di mercato; idem per il “bonus ristrutturazioni” che, ancorché modesto, potrebbe addirittura dare adito a fenomeni speculativi, vista l’assenza di un tetto legato al reddito ed di parametri legati ai controlli. In materia affitti, l’elemento che sarebbe stato degno di nota, l’introduzione di un canone calmierato per mitigare il caro affitti che costituisce il più cogente dato emergenziale, è stato totalmente depotenziato: per come è stato emendato infatti non indurrà i locatori ad abbassare gli affitti dato che non produrrà alcun aumento fiscale, come da prima intenzione, per i proprietari esosi. D’altra parte la leva fiscale, prima scelta dal Governo e poi abbandonata quando le opposizioni hanno dimostrato il pericolo di un conseguente aumento dei canoni, non costituisce da sola e nelle attuali condizioni uno strumento di intervento efficace.
