Gli tremano le mani mentre porta alla bocca il bicchiere di aranciata. «Non ho mai ucciso o sequestrato qualcuno nella mia vita». Padre Gratien Alabi per la prima volta è un fiume in piena. Parla, e lo fa davanti alle telecamere di Canale 5, nella sua camera del convento di Roma, dove sta scontando i domiciliari in attesa della conclusione del processo in Assise che lo vede alla sbarra per l’omicidio di Guerrina Piscaglia, la casalinga scomparsa il 1° maggio di due anni fa da Ca’ Raffaello. Gratien indossa il completo grigio da prete, è seduto al tavolo e ha lo sguardo sereno. La voce è ferma, ma le mani continuano a battere sul tavolo come per un incontrollabile tic, mentre ‘spara’ a raffica contro il paese e gli inquirenti. «Non ho mai avuto il cellulare di Guerrina – attacca – era lei a essere attratta da me, ma io non sono mai stato innamorato di lei. Voleva avere un figlio di colore e cercava una persona per esaudire questo suo desiderio. Diceva che voleva trasferirsi a Novafeltria con me. Non ho mai avuto una relazione sentimentale con questa donna. Dicono che ci siamo scambiati 4mila tra sms e chiamate, ma non è vero». E nega anche di averla vista quel 1° maggio. «Non capisco perché fin dall’inizio le indagini sono state rivolte solo verso di me. Sono una vittima della cattiveria, dell’ingiustizia. Hanno rovinato la mia vita. Forse c’è quasi più solidarietà in carcere che fuori». E ci mette anche un pizzico di razzismo: « Se non fossi stato prete o straniero, la storia non sarebbe arrivata a questo punto».
Le dichiarazioni del frate vanno però a scontrarsi con gli elementi raccolti dagli inquirenti: il telefonino di Guerrina è l’indizio chiave, perché da quel cellulare sono partiti sms verso numeri che soltanto il frate poteva conoscere. Ma Alabi non gioca mai in difesa: «Non ho paura di niente, c’è il Signore e ci sono i miei difensori. Sono fiducioso e tranquillo. La Cassazione ha solo rinviato al Riesame la decisione di revocare i miei domiciliari. Se avessi avuto paura, sarei scappato quando potevo farlo. L’unica paura che ho è quella dell’ingiustizia».
Anche sulla storia delle due donne di Perugia, la giovane romena e la prostituta Cristina che hanno affermato di aver avuto rapporti con padre Gratien, lui si fa trovare pronto: «La romena volevo solo aiutarla con un gesto di carità, non è mai successo niente. Anche con Cristina, mai nulla». Quando gli chiedono che cosa si sente di dire al figlio di Guerrina, Lorenzo, lui risponde che lo porta nel cuore. «So che la sua mamma non c’è e sta male. Anche io ci sto male, per lui. Ancora di più ora che sono coinvolto in questo modo. Ma prendo questa cosa come una prova:per capire cosa Dio vuole dirmi». Infine si rivolge al marito di Guerrina, Mirco, e all’intera famiglia Alessandrini: «Io rimango il padre Gratien che hanno conosciuto. Non posso cambiare il bene con il male. Non ho ucciso o sequestrato nessuno e loro lo sanno». Ed è fiducioso di avere un futuro: «Mi piacerebbe aprire un centro di carità. Perchè sono vittima della carità».
La prossima udienza in Corte d’Assise è fissata a venerdì prossimo. Una battaglia, quella del processo, che Gratien ha tutta l’intenzione di combattere. Il Resto del Carlino
