La sentenza è esplosa come una bomba su Ca’ Raffaello. Il sacerdote che fino a ieri era sull’altare della chiesa per dare la comunione, oggi è diventato un carnefice. In paese i residenti sono sotto choc. «Non ci aspettavamo la condanna del frate – dicono alcuni – Quel prete ha unito in matrimonio giovani coppie, ci confessava, teneva messa. Oggi scopriamo che i giudici lo considerano un assassino. Che Guerrina è veramente morta, è stata uccisa da padre Gratien. C’è poco da commentare. Questa condanna ci fa molto male. Questa brutta storia ha segnato per sempre tutti noi».
Il paese ancora oggi è diviso a metà. Chi si dice sollevato nel vedere condannato a 27 anni di carcere il prete più chiacchierato d’Italia, e chi invece si sente crollare il mondo addosso e continua a difenderlo. «Voi giornalisti avete rovinato questo paese – si sfoga una delle perpetue – avete fatto credere cose che non sono mai esistite. Su di noi, su padre Alabi. Non commentiamo questa sentenza».
Ad incastrare padre Gratien sarebbe stato un sms, inviato con il cellulare di Guerrina per depistare le indagini, al telefonino di un sacerdote suo connazionale che solo lui poteva conoscere. «Scuza, dite al mio marito vado a gubbio con mio amoroso marochino che è venuto ieri a casa sono stanca di mirco torno per prendere lorenzo», avrebbe scritto pensando di inviarlo alla catechista. Invece finì a Roma, al prete che disse di non aver mai conosciuto Guerrina. E il pm Doni su quell’sms ha costruito l’impianto accusatorio che ha portato alla condanna.
Suoceri e marito di Guerrina sono provati. «Mia moglie non c’è più – commenta Mirco Alessandrini – va bene la condanna di padre Alabi ma non potrò più vedere Guerrina. Spero solo che Gratein ora parli. Vogliamo sapere dove è il corpo di mia moglie».
Nel convento di Roma il ftate continua a pregare e a dire messa, dove resta ai domiciliari con cavigliera elettronica. Il sacerdote congolese confida ai suoi legali di essere sereno, e ha inviato proprio ieri un sms all’avvocato Riziero Angeletti, incoraggiandolo: «Forza, coraggio». A Roma il religioso resterà fino alla Cassazione, a meno che il pm Marco Dioni non chieda un aggravamento della misura cautelare in carcere e la richiesta venga accolta. «Padre Gratien ha molta fiducia nel lavoro svolto – commenta Angeletti – Accetta la sentenza anche se è convinto di essere innocente. Ci ha stupito. Gli atti non hanno offerto nessuna prova a fronte di un omicidio in assenza di cadavere. Le accuse si sono basate su mere presunzioni. Rispettiamo la sentenza, ma non la condividiamo. Aspettiamo ora le motivazioni dell’assise, sperando che vengano depositate entro tre mesi e poi presenteremo appello. Crediamo che sarà un processo con sviluppi dirompenti».
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Un silenzio quasi assordante. Fra le vie di Ca’ Raffaello nessuno si affaccia in strada. Il giorno dopo la condanna in Assise di padre Gratien Alabi a 27 anni di carcere, nessuno ha voglia di commentare. Il parroco che era arrivato dal Congo e aveva portato una ventata di novità in quella piccola comunità di fedeli, tra Romagna e Toscana, oggi è considerato un assassino. Secondo i giudici Guerrina Piscaglia è stata uccisa proprio dal religioso. «Questa condanna ci fa male – dicono i fedeli – sapevamo che prima o poi sarebbe arrivata la bomba. Ma non così grossa. Pensavamo venisse assolto». Invece quel sacerdote che fino a ieri era sull’altare della chiesa di Ca’ Raffaello e dava la Comunione, oggi è considerato un uomo pericoloso. Quel frate che aveva unito in matrimonio giovani coppie e incontrava i bambini, è ora un carnefice. «Siamo tutti sotto choc – racconta l’edicolante del paese – personalmente mi sento come se mi fosse passato sopra un treno. Tutta questa storia ha segnato per sempre la nostra comunità. E la cosa più triste è che ancora oggi, a distanza di due anni, la verità su Guerrina non sia ancora venuta fuori». Chi ha sempre difeso padre Alabi continua a farlo: «Voi giornalisti avete rovinato questo paese e fatto credere cose che non sono mai esistite. Su padre Alabi non commentiamo». Chi si aggira per la Marecchiese è titubante: «Sul giallo un passo avanti è stato fatto. Ma c’è ancora tanto da scoprire. Speriamo che ora Gratien parli e dica tutto quello che sa».
PADRE ALABI oggi cosa fa? Dopo la condanna continua a dire messa nel convento premostratense di Roma, dove resta ai domiciliari con cavigliera elettronica. Proprio nel convento resterà fino alla Cassazione, a meno che il pm Marco Dioni non chieda un aggravamento della misura cautelare in carcere e la richiesta venga accolta. Il frate congolese confida ai suoi legali di essere sereno, e ha inviato proprio ieri un sms all’avvocato Riziero Angeletti, incoraggiandolo: «Forza, coraggio».
«Padre Gratien ha molta fiducia nel lavoro che abbiamo svolto fino ad oggi – commenta Angeletti – ci dispiace che sia arrivata questa sentenza di condanna, non ce l’aspettavamo assolutamente. Ma crediamo anche che sarà un processo con sviluppi dirompenti in appello. Se la corte leggerà con attenzione tutte le carte ci saranno delle sorprese». Proprio oggi Angeletti andrà a fare visita al frate che continua la sua vita religiosa e ora attende le motivazioni della Corte. Il frate ribadisce: «Sono convinto che tutto cambierà in appello». Chi non cambia opinione è Mirco Alessandrini, marito di Guerrina: «Questa condanna ci rende giustizia, ma mia moglie non me la ridarà più nessuno. Il prete ora deve parlare, deve dirci dove si trova il corpo di Guerrina. Mio figlio Lorenzo deve avere una tomba su cuipiangere e portare un fiore a sua madre». Il Resto del Carlino