Sbalordimento, confusione, disorientamento. Ancora un dramma a Città, l’ennesimo per una serie senza fine.
Il decadimento della Capitale è una metafora dello smarrimento in cui versa il Paese, quasi spettatore impotente ed assuefatto rispetto a quanto ogni giorno viene raccontato sulla stampa. Sentire dire che tutti sapevano di un certo sistema lascia basiti, sembra quasi di assistere alla banalità del male raccontata da Hannah Arendt.
Siamo sempre stati abituati così, dunque l’anormalità, diventa il quotidiano, il normale. Non deve allora stupire che qualcuno, anche ieri, dopo che è emerso questo caso disperato abbia commentato: “ma lo conoscevamo tutti quello lì, si sapeva”.
Rispetto a certe affermazioni non si prova neppure rabbia, piuttosto compassione. Non tanto per chi le ha proferite, piuttosto per il livello di inciviltà che si sta raggiungendo, certo non solo a San Marino. E’ l’altra medaglia della globalizzazione che porta l’individuo quasi ad annullarsi, a vivere la sua vita senza pensare a quella degli altri, nonostante certe decisioni e comportamenti pesino sulla interna collettività. Abbiamo sprecato oramai tanto, troppo inchiostro chiedendo una presa di coscienza alla gente, prima ancora che alla politica e alle associazioni. Ma tutto è sempre ordinariamente ripetitivo. Peggio, ormai non ci si stupisce nemmeno più di fronte all’atrocità di alcuni episodi.
Passa tutto come nulla fosse, quando una volta almeno ci si indignava. Come Hannah Arendt continuiamo comunque a credere nell’intima bontà dell’uomo e proviamo a dare una spiegazione a questa disarmante e dilagante superficialità. La priorità oggi è il lavoro che non c’è, il benessere perduto sotto i colpi di Tremonti. La piccola società sammarinese, dove tutti si conoscono, dove la solidarietà è sempre stata un motore trainante, ha iniziato a guardarsi di sottecchi e con diffidenza.
L’invidia ha cominciato a serpeggiare, perché finché il pane basta per l’intera collettività è un conto, ma poi se ad arrivare a fine mese sono solo gli amici degli amici, la storia cambia. Vige il tutti contro tutti e purtroppo quello che avviene tra la gente è solo uno specchio della rissa in atto a livello politico.
Certo non aiuta parlare di tintinnio di manette, magari con una punta di compiacimento per le disgrazie altrui. Si carica solo odio su altro odio. Ed è davvero triste vedere che il Paese appare virtualmente spezzato in due fra chi gode e chi se ne frega. Sarà dunque del tutto naturale e lecito trovarci fra qualche giorno a dover dare conto di un altro dramma, dell’ennesimo episodio di solitudine, magari di una morte, come del resto è già accaduto. No, in questo modo non si rende giustizia a chi giorno dopo giorno e con pochi mezzi a disposizione, ma tanta buona volontà, prova a fare il proprio dovere. Città, la Capitale, dunque diventa teatro di un surreale parallelismo fra l’anziano salvato dalla polizia e il carcere dei Cappuccini, dove vi sono i due ormai “celebri” detenuti.
Due facce della stessa medaglia, due casi tanto diversi ma molto simili, che raccontano di cos’è oggi San Marino. Piaccia oppure no. Meritano allora più rispetto gli indagati, tutti gli indagati. Per contro è necessario un maggiore sostegno e vicinanza alle nostre toghe, per rompere finalmente questo muro di fragorosa apatia ed indifferenza, che ci rende sempre meno simili agli uomini.
David Oddone, La Tribuna