San Marino, Palestina, bandiere e pagliacciate: dal Pride di Roma al Titano, basta inchini all’ideologia degli ipocriti … di Enrico Lazzari

Mentre dalla funivia di Borgo guardate il mare romagnolo, immaginate la scena: qualche giorno fa, Roma, Pride 2025. Carri che brillano come astronavi da discoteca, arcobaleni che sventolano come stendardi di una rivoluzione glitterata, e un’orda di corpi luccicanti che balla come se il mondo fosse un infinito video di TikTok. Poi, dal nulla, ecco Rose Villain, popstar con l’aura di una Che Guevara in stivaletti fluo, che agita una bandiera palestinese come se fosse il manifesto di tutte le libertà. 

Un gesto “militante”, ci dicono gli influencer con la lacrimuccia pronta. Un inno alla causa palestinese, esultano i “nipotini” di Stalin. Peccato che quella bandiera, a Gaza, sia il simbolo di chi le bandiere arcobaleno le userebbe per accendere un falò, da usare, poi, per spedire all’altro mondo chi le brandiva. E’ una metafora, ovviamente… Chi, in certe “terre palestinesi” quelle bandiere le ostenta, non viene bruciato, ma gettato dal tetto più alto della città. 

Enrico Lazzari

Benvenuti nel circo dell’ideologia e della retorica più sfacciata, dove la logica è stata licenziata e l’ipocrisia è l’unica star dello show.

Il Pride è una conquista sacrosanta, un urlo di chi ha dovuto soffocare sé stesso per troppo tempo. Ma quando qualcuno, dalla ribalta di qualche coloratissimo e luccicante carro, mescola la libertà di amare con il vessillo di un regime che, sotto Hamas, considera l’omosessualità un biglietto per l’oblio, siamo oltre il paradosso. È come se un vegano organizzasse un picnic e nel cestello mettesse la “polenta con li osei”. 

Purtroppo, questa farsa ideologico-retorica, non è solo un capriccio romano. Ha contagiato anche il vostro Titano, dove i potenti e tanta gente comune si riempiono la bocca di ipocrisie, per poi finire con l’inciampare nei loro stessi proclami come clown in un circo di quart’ordine.

Prendiamo, ad esempio, il colpo di genio del Consiglio Grande e Generale delle settimane scorse. Con il quale – con un’unanimità che sa di compitino ben recitato – ha dato mandato al Congresso di Stato, al Governo di riconoscere entro la fine di questo 2025 la Palestina. E ciò dando seguito ad un precedente odg approvato l’anno precedente in cui, con mosse da manuale del perfetto diplomatico da salotto, aveva tracciato la road map, in quattro punti, per arrivare alla nascita dello Stato di Palestina: sostenere l’ammissione all’ONU, accreditare una rappresentanza diplomatica, spingere per la soluzione a due stati e persino aprire le porte a minori orfani di Gaza. Applausi, per favore, che i vostri “condottieri” hanno fatto il loro numero da palcoscenico! 

Peccato che riconoscere uno Stato governato in parte da Hamas – che, come scrive Alessandro Bonelli sul “Giornale” del 15 gennaio 2025, “per i gay prevede solo la transizione da vivi a morti” – sia come dare una medaglia a un piromane per il suo contributo alla sicurezza antincendio. O, restando in tema sammarinese, come dare al “Killer dei Cani” la presidenza dell’Apas. 

Avete subito dimenticato, cari sammarinesi, che -ad esempio – ad Hebron, in Cisgiordania, Ahmad Marakhia è stato decapitato per strada solo per essere diverso da un eterosessuale? Questo è il sistema che la più antica repubblica del mondo, con il voto consigliare, ha deciso di “benedire”. Bravi, davvero. E ora, via con un altro comunicato stampa per celebrare quanto il Titano sia inclusivo, fra una “tassa etnica” e l’altra per discriminare i lavoratori italiani da quelli sammarinesi.

Non fraintendetemi: la causa palestinese merita rispetto, come ogni lotta contro l’ingiustizia e la sopravvivenza di un popolo. Ma legittimare un regime che calpesta i diritti di donne, omosessuali e dissidenti – gli stessi che sul Titano dite di difendere – è un cortocircuito che puzza di ipocrisia da quattro soldi. Quella stessa ideologia che, al Pride, fa sventolare bandiere che odiano gli arcobaleni, e che a San Marino vi spinge a gesti simbolici più utili a una foto su X che a cambiare il mondo. Perché, diciamocelo, il vostro riconoscimento della Palestina ha lo stesso peso geopolitico di un like su Instagram: fa scena, ma non sposta una virgola. Eppure, i vostri politici si pavoneggiano come se avessero risolto, tra un caffè e una mozione, la questione palestinese, mentre, invece, questa retorica “progressista” vi fa sembrare dei provinciali che scimmiottano le mode di X.

Questa deriva è un virus che si nutre di slogan e ignoranza. Convince che sventolare una bandiera palestinese al Pride sia un atto di giustizia, senza ricordare, come notava Bonelli su non ricordo che giornale, che in realtà si sta applaudendo l’aguzzino di turno. 

Questa deriva, caro sammarinese, ti spinge a gridare “libertà!” mentre stringi la mano a chi la libertà la strangola. E, al tempo stesso, ti regala perle come “assessorA” o “ministrA”, orrori linguistici che farebbero scappare Dante nelle segrete di in un monastero arroccato sul nulla. Sul Titano, queste mode arrivano come un’eco sbiadita, ma le si abbracciano con l’entusiasmo di chi vuole un posto in prima fila al festival dell’ipocrisia. Basta guardare i vostri “consiglieri”: si riempiono la bocca di inclusività, ma poi firmano mozioni che contraddicono ogni principio che dicono di difendere. Davvero pensate che questo circo vi renda più moderni? O vi fa solo sembrare un paesino che gioca a fare l’ONU, con più “carrarmatini” gialli, rossi e blu disseminati a caso sulla mappa di Risiko che buonsenso?

È ora di smetterla, cari sammarinesi. San Marino non è un hashtag, né una succursale di Facebook. È una repubblica che da mille anni sa cosa significa libertà, e non ha bisogno di lezioni da chi confonde un carro del Pride con un comizio geopolitico. Smettetela di inseguire bandiere che puzzano di contraddizione. Usate la vostra autorevole voce – piccola ma tagliente, forte di una tradizione storica unica di libertà  – per dire che i diritti non si barattano con mozioni da selfie. 

Immaginate un Titano che, invece di scimmiottare le mode, possa divenire un esempio di coerenza: diritti veri, senza inchini a ideologie che fanno sembrare i pagliacci di un circo globale. Perché la libertà non si difende con i simboli sbagliati. Si difende con il coraggio di chiamare le cose col loro nome. E quel coraggio, sul vostro Monte, è più vecchio delle vostre tre torri. Rispolveratelo quel coraggio… Ritrovate quella perduta razionalità.

Enrico Lazzari