SAN MARINO. Papa Benedetto, parole di verità…di Don Gabriele Mangiarotti

«Questa è la tragedia del nostro tempo: la perdita della libertà di coscienza da parte di interi popoli ottenuta con l’uso cinico dei mezzi di comunicazione sociale da parte di chi detiene il potere»: questa considerazione, che sintetizza un pensiero espresso da Giovanni Paolo II, sembra sempre più pertinente per descrivere quanto sta accadendo, a svariati livelli della società.

Anche se con varie gradazioni, forse ne siamo in parte testimoni anche noi, nel nostro piccolo grande spazio: a volte assistiamo ignari alla congiura del silenzio, per cui ciò che non si vuole accettare semplicemente neppure lo si controbatte. Basta che non se ne parli… e voilà è come se non esistesse. Questo certo vale per le grandi strutture dei social, per cui tutto ciò che si pone come critica al politically correct scompare, perde visibilità, viene considerato fake news.

In questi giorni siamo stati colpiti dalle terribili e gratuite accuse rivolte contro il Papa Emerito Benedetto XVI, come se fosse in qualche modo connivente con gli abusi sessuali compiuti da alcuni sacerdoti quando era ancora Arcivescovo di Monaco. E abbiamo letto, anche su alcuni nostrani social, parole di fuoco, offensive, gratuite e di una cattiveria infinita, nei suoi confronti e nei confronti della Chiesa intera.

Abbiamo addirittura assistito alla accusa di connivenza per la svista nel ricordare un episodio «riguardo alla … partecipazione alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile… Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo.»

L’avere vissuto qui la Visita pastorale alla Diocesi e alla Repubblica stessa di S. S. Papa Benedetto, e avere incontrato la sua onestà intellettuale e i suoi richiami a una fede capace di dare ragioni e conforto alla vita stessa, sia al cammino educativo che all’impegno politico, ci ha confermato nella certezza di avere riconosciuto un Pastore che aveva a cuore il bene comune di tutti noi.

Per questo, dopo le accuse gratuite al suo operato come Vescovo della sua Diocesi di Monaco, mi ha edificato grandemente la Sua lettera con cui risponde alle accuse rivoltegli (e, tra l’altro, anche alla sua capacità di rispondere, qualità spesso dimenticata da troppi, anche nello stesso mondo della comunicazione).

Queste le sue parole, che vanno al cuore di chi le legge e, spero, anche di chi non ha saputo, per timidezza o pavidità, esprimere al Papa Emerito la pubblica espressione di conforto, di vicinanza e di stima: «Mi colpisce sempre più fortemente che giorno dopo giorno la Chiesa ponga all’inizio della celebrazione della Santa Messa – nella quale il Signore ci dona la sua Parola e se stesso – la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono. Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso.

In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade. Come in quegli incontri, ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso.

Sempre più comprendo il ribrezzo e la paura che sperimentò Cristo sul Monte degli Ulivi quando vide tutto quanto di terribile avrebbe dovuto superare interiormente. Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato. E così posso solo pregare il Signore e supplicare tutti gli angeli e i santi e voi, care sorelle e fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.»

Don Gabriele Mangiarotti

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