“Non esisteva un tariffario. Il contributo che il professionista riconosceva al singolo uomo politico o ai partiti di riferimento, variava di caso in caso”.
Conto Mazzini: il giorno 30 ottobre 2014 uno degli indagati eccellenti, Fiorenzo Stolfi, viene interrogato dai giudici. Una escussione ritenuta molto utile dalla magistratura inquirente, tanto che di lì a poco l’ex segretario di Stato, vedrà attenuata la misura cautelare e passerà dal carcere, agli arresti domiciliari. Interessante, oggi che il materiale è dissecretato, comprendere il punto di vista di chi viene accusato, che tuttavia avanza diverse ammissioni. Le parole di Stolfi inoltre, danno la misura della San Marino che fu, una San Marino molto diversa da quella odierna. Appare abbastanza chiaro dunque, come ad essere messo sotto accusa debba essere un sistema che riguardava più o meno tutto lo Stato e chi da quel sistema, attingeva a piene mani. Proprio mentre il lavoro dei giudici diventa ogni giorno maggiormente utile, concreto e comprensibile ai sammarinesi, diviene di pari passo sempre più riduttivo puntare il dito e gettare la cosiddetta “prima pietra” contro una decina di persone o giù di lì. Eppure se per gli inquirenti certe pratiche costituiscono reato, tanto che i capi di accusa vanno – a vario titolo – dall’associazione per delinquere fino al riciclaggio; per chi viene tirato in ballo ed è finito sul banco degli imputati al contrario, quel “mondo” funzionava così. Tutto era normale e lecito. Non ci si può scandalizzare solo ora. Del resto è possibile giudicare e guardare la società di ieri, con gli occhi di oggi? Un concetto difficile da digerire e di certo non condiviso in questo momento da quella parte dell’opinione pubblica, alla ricerca affannata di un colpevole, un capro espiatorio, al quale appioppare i problemi che attanagliano oggi il Monte, dalla disoccupazione, alla crisi. Non si può però nemmeno fare finta di nulla o girarsi dall’altra parte. Perché, piaccia oppure no, il processo sul Conto Mazzini è un processo a un intero Paese, ad una economia, a un sistema ben lubrificato e condiviso dalla maggioranza dei sammarinesi. Magari anche da chi oggi pretenderebbe il “sangue”. Per comprendere la portata, l’utilità e la bontà di questo cammino verso la normalizzazione, forse ci vorranno anni. Saranno gli storici, con distacco e obiettività, a raccontarci che cosa è stato.
L’interrogatorio di Stolfi
Ma veniamo a Stolfi. A quest’ultimo in estrema sintesi viene richiesto come funzionava il rilascio delle licenze e come ha fatto ad arricchirsi in maniera – secondo l’accusa – spropositata: “Dopo una prima esperienza di governo tornai in Congresso nel 1992. La formazione di governo era composta dalla Dc e dal Pss. Nella suddivisione delle deleghe mi venne affidata la Segreteria Industria. Dopo le prime titubanze in ragione della specifica delega, compresi che quella Segreteria consentiva un più stretto contatto con imprenditori e professionisti. Come Governo dovemmo affrontare un primo problema collegato alla disoccupazione. Decidemmo di incentivare l’impresa facendo provvedimenti in materia di credito agevolato alle imprese e concedendo agevolazioni fiscali. Ciò diede un significativo impulso all’economia. La crescente domanda di rilascio di autorizzazioni impose al Governo di individuar settori da incentivare e altri da disincentivare. Io predisponevo le pratiche da incentivare, tuttavia quando ciascuna pratica giungeva sul tavolo del Congresso venivano avanzate obiezioni che portavano al blocco della pratica”.
Come venivano rilasciate le licenze
“Capitava sovente che, a fronte di situazioni oggettive identiche, talune pratiche passassero ed altre no. Questa discrezionalità urtava con il mio senso di giustizia. La questione divenne un problema politico e io dovetti scontrarmi con i colleghi minacciando di uscire dal Congresso e di ritirare le pratiche. Finalmente prevalse la mia linea e da quel momento in poi venivano seguiti i criteri oggettivi. Il rilascio delle licenze divenne più agevole e il numero di nuove attività autorizzate in ciascun anno raggiunse cifre importanti fino a 350. Questo ha contribuito ad elevare il benessere complessivo. Il nuovo regime ha soddisfatto i commercialisti e gli avvocati che, in ragione dell’agevolazione ricevuta, intendevano fornire contributi a favore del partito o a favore della mia attività politica”.
“contributi”
“Considerando che in quegli anni c’era una ricchezza diffusa e il numero di imprenditori interessati a svolgere attività in San Marino era via via cresciuta, le cifre che venivano offerte divennero consistenti, c’era un gran movimento di denaro che, credo, i professionisti poi riversavano sugli imprenditori. San Marino era diventata appetibile anche per grossi gruppi imprenditoriali. I contributi che ho ricevuto a titolo personale poi io li ho investiti in immobili, li ho depositati in banca e ho sempre avuto una buona disponibilità di contanti. Devo precisare che era rilevante anche lo stipendio che io percepivo quale Segretario di Stato”.
Così facevano tutti: i soldi ai partiti
“Ricevevo anche contributi a livello individuale anche a prescindere dalle singole pratiche di Segreteria da parte di imprenditori che intendevano appoggiare la mia parte politica. Ovviamente mi riferisco ai contributi che ho ricevuto come esponente del partito socialista. Penso sia ovvio che in un Governo di coalizione anche l’altra componente facesse ugualmente. I contributi venivano usati sia per la mia attività politica sia per quella del partito. C’erano le spese correnti e le spese elettorali. Tra le prime i contributi che andavano riconosciuti agli attivisti che tenevano
i contatti con gli elettori anche all’estero. C’erano le spese per le riunioni e le cene con i militanti, le spese per la sede del partito, la stampa, ecc. poi c’erano le spese elettorali che negli anni 1993-2001 impiegavano oltre un miliardo di lire perché si trattava, tra l’altro, di organizzare la venuta dei sammarinesi residenti all’estero a San Marino per il voto. Tengo altresì a precisare che analoghi contributi venivano raccolti anche da altri esponenti del partito. Eravamo in tutto tre o quattro ad occuparci di queste cose. Non ci dicevamo da dove provenivano i fondi perché mantenevamo riservatezza e c’è sempre un margine di cautela in politica perché l’amico di oggi può diventare il nemico di domani. Ciascuno cercava di favorire la componente del partito a cui apparteneva, per agevolare anche il risultato elettorale delle persone più vicine”.
Non esisteva un tariffario
“Fino a quando io ho retto la Segreteria all’Industria le autorizzazioni per la costituzione di società per il rilascio delle licenze ai non residenti, erano di competenza del Congresso di Stato. Non esisteva un tariffario. Il contributo che il professionista riconosceva al singolo uomo politico o ai partiti di riferimento, variava di caso in caso. Il rilascio di una autorizzazione la cui pratica era stata istruita dalla Segreteria all’Industria poteva andare a vantaggio anche di altra persona politica e di un altro partito. In definitiva il professionista riconosceva il contributo all’uomo politico e al partito ai quali era vicino. Questa era una prassi invalsa già nel periodo anteriore al mio ruolo di Segretario, e posso ritenere, che in tale periodo non venissero rilasciate le autorizzazioni a favore di soggetti che non davano il contributo. In ogni caso, dal momento che non c’era una motivazione al diniego, era difficile capire le ragioni del rifiuto. A maggior ragione era poi difficile spiegarlo agli interessati”.
Nessuna tangente per le licenza bancarie
“Come ho già riferito nel corso del precedente interrogatorio molte delle ‘nuove banche’ fanno capo a imprenditori sammarinesi: però tutti questi imprenditori, per quanto ne so, non hanno pagato tangenti per ottenere l’autorizzazione bancaria. Posso ritenere che anche le società finanziarie venivano rilasciate secondo gli stessi schemi. I versamenti in contanti da me effettuati sui miei conti derivano oltre che dai redditi percepiti in Italia per l’affitto di alcuni appartamenti, dai finanziamenti ai partiti e dai contributi che ricevevo nello svolgimento dell’attività amministrativa. In taluni casi si tratta di movimentazioni in contanti ricavate dalla estinzione dei libretti”.
Contributi insomma per gli imputati. Tangenti legate alla corruzione per l’accusa. In attesa del dibattimento, che ufficialmente possiamo dire sarà celebrato dal giudice Gilberto Felici: in quella sede verranno certamente chiarite molte cose e molto fatti, che vale certamente la pena approfondire ulteriormente.
David Oddone, La Tribuna