Ieri abbiamo unito i primi “puntini”, quelli relativi la vicenda della, poi naufragata, cessione delle quote di Banca CIS al gruppo lussemburghese Stratos (leggi qui). Una vendita non conclusa per l’irremovibile intransigenza dei vertici di Banca Centrale e del suo organo di Vigilanza, oggetto nei mesi di questa serrata trattativa di più o meno palesi forme di pressione, condotte anche sul fronte politico da alcuni esponenti di Repubblica Futura e sul fronte giudiziario con una eclatante indagine aperta in maniera controversa -almeno così è emerso dalla testimonianze nel processo “Buriani-Celli” tuttora in corso- sulla base di una segnalazione anonima dal Commissario della Legge Alberto Buriani. Indagine, si ricordi, poi archiviata dallo stesso non avendo rilevato -è ovvio dedurre- elementi oggettivi di accusa che potessero reggere l’ipotesi accusatoria in un’aula di tribunale.
Semplici coincidenze temporali? Certo… Finchè non si produrrà una seria indagine politica o giudiziaria che valuti la situazione nel suo complesso, che quindi provi a svelare eventuali disegni sovversivi e ruoli dei -sempre eventuali- protagonisti unendo insieme i tanti “puntini”, non sussistono prove che possa essere altro. Ma i dubbi, le ombre e, dunque, i sospetti, sono sensati perchè logicamente motivabili.
Quale è il sospetto, vi chiederete? Semplice: che un gruppo di persone fra politica, informazione (questo lo potrebbe già chiarire il processo “Buriani-Celli” quando arriverà a sentenza definitiva) e magistratura, possano essere state il “braccio” -metaforicamente s’intende- “armato”, la “manovalanza” sul campo della governance di Banca CIS. E ad infondere questo sospetto ci sono sia alcuni passaggi della relazione conclusiva della Commissione consiliare di inchiesta su Banca CIS, che le testimonianze rilasciate nelle scorse settimane ai Tavolucci da Catia Tomasetti, Sandro Gozi e, almeno in un momento, da Nicola Renzi (RF). Infatti, quest’ultimo, messo di fronte ad alcune presunte “schermate” di chat Whatsapp (foto sotto) fra lui e l’azionista CIS Marino Grandoni -dove l’imprenditore sembrava impartire ordini di azione “politica” al politico, all’epoca Segretario di Stato agli Esteri e alla Giustizia, quindi con una “poltrona” in seno al CCR- nonostante fossero state definite “farlocche” dalla Commissione, trovandosi sotto giuramento non ha disconosciuto il (a mio parere) compromettente dialogo elettronico. “Non confermo e non smentisco…”, sarebbero state le sue parole.
Ma il sospetto di una presunta “partnership sovversiva” fra imprenditoria, finanza, informazione, magistratura e politica (solo parte di esse ovviamente) potrebbe non limitarsi alle vicende in cui, come in situazione sopra riassunta, era direttamente coinvolta Banca CIS.
Questa “partnership” sembra avere radici piantate più indietro nel tempo, almeno al 2010 quando Banca Cis era ancora un progetto da concretizzare (si sarebbe concretizzato poi nel 2012). Mi riferisco alla vicenda fuga o cacciata di Caringi, Papi e Bossone da Bcsm e relativa Vigilanza. Ma di questo abbiamo parlato nei giorni scorsi ricordando una eloquente dichiarazione dell’attuale Presidente Tomasetti: “Ad ogni ispezione in Banca Cis cacciavano sempre la vigilanza Bcsm”. Del resto successe nuovamente anche dopo, nella vicenda che costò il posto a Battistini e Vivoli…
Fra le due vicende, però, a margine delle situazioni in cui era coinvolta direttamente Banca CIS e sulle quali ha prodotto una relazione finale approvata all’unanimità (e questo lascia pensare possa essere stata “ammorbidita” nella ricerca di un compromesso capace di non turbare nessuna forza politica e nessun politico, ma questa è ovviamente un’altra opinione personale) la Repubblica ha vissuto uno dei periodi più bui della sua storia moderna: la violenta spallata giudiziario-mediatica che ha spazzato via una intera classe politica dopo azioni eclatanti come tre arresti eccellenti, due ex Segretari di Stato in carica fino a due anni prima e nientemeno che l’incontrastato “numero uno” per decenni della politica sammarinese.
Ordinanze di custodia cautelare -coincidenza?- richieste dal Pm titolare di quelle indagini. Lo stesso che poi, nella primavera del 2019, apre l’indagine che, pur chiudendosi mesi dopo con l’archiviazione- nei fatti mette in serio pericolo, nel momento in cui la stessa rappresentava un ostacolo per la chiusura della cessione del Cis a Stratos, la permanenza del Presidente di Banca Centrale nel suo incarico. Banale coincidenza anche questa? Forse…
Ma tante coincidenze, come è ovvio che sia, seppure ciò non rappresenti una prova, alimentano sospetti e ipotesi. E il sospetto (ripeto: unendo i “puntini” e non valutando i fatti dell’ultimo decennio singolarmente) è che San Marino possa essere stato teatro di un vero e proprio “golpe bianco”, dove almeno una parte di magistratura -diciamo- “deviata”, abbia determinato un repentino cambio al potere sia direttamente -con le indagini e i processi- che indirettamente influenzando grazie al “supporto” di certi media il corpo elettorale in un preciso senso.
Gli elementi, le frequenti coincidenze per sospettarlo, come detto, ci sono tutti: gruppo di potere privato (lo conferma la Commissione di Inchiesta), “manovalanza” politica, giudiziaria e mediatica (lo alimentano anche le coincidenze e alcuni atti processuali)… Sarà ora di fare piena luce anche su questo sospetto? Se non altro per tutelare l’autorevolezza di chi, persone e partiti, si trova avvolto dalla fitta coltre di sospetto…
In ogni caso, non sono solo le coincidenze ad alimentare il sospetto di un vero e proprio “golpe giudiziario”. Lo so, suona da complottisti “professionisti”, da cacciatori di ufo, da terrapiattisti sostenerlo… Ma, talvolta, come la storia insegna, anche i “mulini a vento” si scopre fossero veri giganti travestiti.
Nei prossimi giorni, sul banco dei testimoni del processo “Buriani-Celli”, sfilerà -fra gli altri- Federico D’Addario (foto sotto). Ben difficilmente verrà chiamato a fornire elementi e ricordi attinenti direttamente fatti estranei al tema del procedimento. Ma quel teste, a suo tempo, di fronte alla Commissione consigliare, rilasciò una testimonianza quanto mai indicativa a supporto dell’ipotesi golpista.

“Mi sono trovato nell’ufficio di Rovereta di Daniele Guidi (Banca CIS; ndr) nel dicembre del 2015 -testimoniò D’Addario- allorché io gli ho detto che volevo fallire e portare i libri in tribunale. Dichiaro fallimento così un perito vedrà che cosa è successo, così gli ho detto. Li dentro tutti vedevano e tutti stavano zitti”. “Tutti chi?”, gli chiede un commissario. ”Tutti, da Banca Centrale, dall’Aif, perchè erano tutti li. Io che non sono nessuno come faccio a fare una guerra a Daniele Guidi che è con Buriani (il giudice Alberto Buriani; ndr), con quello dell’Aif … va a mangiare con quello, vanno in vacanza con i dirigenti che c’erano all’epoca”.
“Un giorno Daniele Guidi mi ha detto -rincarò lo stesso D’Addario- che se io andavo in Tribunale non c’era problema, tanto lì comandava lui e poteva dimostrare l’indimostrabile”. Cioè, secondo la testimonianza di D’Addario, mai ritrattata, il Direttore di Banca CIS gli avrebbe detto che in Tribunale “comandava lui”. E ad ascoltare queste parole D’Addario non sarebbe stato solo. “Gianatti ha assistito alla conversazione -confermò- perchè sono volate anche delle minacce. Mi ha detto che se rompevo il ca**o ti mettiamo la droga in casa e ti facciamo dare 20 anni. E questo l’ha detto Daniele Guidi”, vertice della Governance di Banca CIS, oggi imputato.
Questa situazione, ovvero che Guidi sostenga di “comandare” in Tribunale, non appare inquietante anche a voi che leggete? Non è doveroso fare piena luce su quegli anni bui sammarinesi?
Ma non è tutto, come ormai noto, dall’ufficio di Guidi in Banca CIS sarebbe addirittura partito l’ordine, rivolto a chi?, di effettuare il primo dei tre arresti cautelari eccellenti che hanno cambiato, poi, gli assetti politici e di potere del Titano.
Era forse un qualche ufficio del Tribunale dall’altro capo del telefono? E’ ancora possibile acquisire e verificare i tabulati di banca CIS e Guidi? Del resto, oltre ad una immagine acquisita dalla Commissione su un viaggio che il Giudice Buriani avrebbe fatto con personaggi coinvolti in queste controverse vicende, ad alimentare sospetti sui rapporti fra Guidi, Grandoni e il giudice della cosiddetta “Mani Pulite” sammarinese, “Titanopoli”, ci sarebbero altre situazioni presenti negli atti della Commissione di Inchiesta.

Una di queste è relativa al partito Arengo e Libertà, fondato nel 2008 e presentatosi alle elezioni politiche in coalizione con il PDCS, ottenendo un seggio per Fabio Berardi e piazzando Nadia Ottaviani come prima non eletta. E anche qui ci rivela una “chicca” lo stesso D’Addario: “Allo spoglio eravamo tutti nell’ufficio di Marino Grandoni al Poliedro” e c’era, fra gli altri, anche il Commissario Buriani”. Poi, si insediò la coalizione “dove c’erano 6/7 consiglieri che rispondevano a Marino Grandoni”.
Siamo nel 2008, si ricordi… E, il dato più eloquente non è solo l’affermazione secondo cui alcuni consiglieri “rispondessero” a Grandoni, ma la paventata presenza, in quella sede, in quel momento, in quella compagnia del Giudice Buriani, le cui inchieste, successivamente, spazzarono via una intera generazione politica e rischiarono di far saltare, in un momento delicatissimo per Banca CIS, i vertici di Banca Centrale.
Inchieste chiuse, e non è particolare da poco, nel giudizio definitivo (quelle che ci sono arrivate), senza alcuna condanna penale ma con assoluzioni con formula piena, per non aver commesso il fatto, e con proscioglimenti.
Non è ancora abbastanza, secondo voi che leggete, per pretendere un chiarimento autorevole su cosa successe davvero nell’ultimo decennio a San Marino?
Enrico Lazzari
