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  • San Marino. Pasqua di pace nel bel mezzo di una guerra … di Alberto Forcellini

    È ben triste fare la rassegna stampa ogni mattina: armi, incendi, corpi martoriati, palazzi distrutti, gente che scappa. C’è la guerra in Ucraina sempre in prima pagina. E altre 59 attualmente in corso, di cui non si parla mai. Eccone alcune: Etiopia, Yemen, Congo, Mali, Camerun, lIbia, Myanmair… l’Ucraina però è in Europa, a casa nostra, e le sue conseguenze incidono nella nostra vita. Forse è per questo che ci impressiona di più. E forse anche perché le conseguenze di questa assurdità le sentiamo pure noi, praticamente tutti i giorni. Dopo due anni di pandemia, si pensava di avere diritto a fare festa, senza troppi pensieri. E invece…

    Il massacro di Bucha. Mentre il mondo inorridisce davanti alle immagini che inondano i media, le tv russe controllate dal Cremlino presentano la notizia come un complotto degli ucraini in accordo con l’Occidente. Solo una messa in scena, che un bravo regista può allestire in un paio di ore? È davvero difficile crederlo, anche se la propaganda è un’arma di guerra per entrambe le parti, altrettanto potente quanto i missili e le bombe. Il tentativo è mettere tutto sullo stesso piano: le notizie verificate e i complotti a tavolino. Il tentativo è di non far credere a nulla affinché si creda a tutto. Ma soprattutto, instillare il dubbio affinché il rumore di fondo del racconto della guerra sia inquinato da congetture e falsificazioni che spostino l’attenzione dai fatti a una loro supposta interpretazione.

    Tutto ciò è terribile tanto quanto la sofferenza degli uomini sul campo, l’orrore delle fosse comuni, il disastro di città devastate, paesi e ospedali rasi al suolo. Per ricostruire l’esatta sequenza dei fatti a Bucha ci vorrà del tempo. Ma i segni sui corpi non sono, come qualcuno vaneggia, gli effetti speciali di una guerra virtuale.

    Alcuni pensatori affermano che continuare ad implorare la pace non serve ad ottenere la pace, serve solo a spingere gli attaccanti a perseguire il loro programma. Eppure se non si vuole scivolare in una terza guerra mondiale, occorre fare la guerra senza imbracciare le armi. Su questo convincimento l’Europa ha adottato il sistema delle sanzioni con l’obiettivo di isolare la Russia; spinge sulla diplomazia, che però ha tempi molto lunghi; investe cifre importanti e una grande organizzazione per aiutare la popolazione civile.

    Ciò nonostante ci sono atti di fronte ai quali è difficile non reagire e comunque, per evitare un’ulteriore recrudescenza, l’unica soluzione rimane un’azione diplomatica intelligente e determinata.

    La crisi ucraina è una minaccia molto seria alla pace in Europa, e anche alla sua democrazia, così faticosamente conquistata, anche questa al prezzo di guerre e rivoluzioni. La storia delle regioni di confine è sempre molto complessa e martoriata.

    Il pericolo è che fatta un’invasione ce ne possano essere altre lungo i territori di confine, dentro la stessa Europa. Si chiamano proprio così: guerre di confine, sono i conflitti tra nazioni, piccoli e grandi, che si svolgono a ridosso di una frontiera non condivisa.

    Ad esempio, non c’è solo il conflitto israelo-palestinese o l’Ucraina a preoccupare l’ONU. Ma anche tante piccole dispute di confine, che fanno somigliare il mondo a un grande “risiko” fatto di sconfinamenti, dispute etniche o religiose, tentativi più o meno sottili di rimettere in discussione il mappamondo, spesso solo per interessi di ordine economico. Ma a volte semplicemente per mostrare i muscoli al vicino. Oppure per inseguire il sogno di ricostituire il grande impero zarista, come sembra stia inseguendo Putin ormai da diversi anni.

    Tuttavia, anche se sembra di essere piombati di nuovo nel Medievo con la logica dell’invasione territoriale, oggi il diritto internazionale offre nuovi strumenti di dialogo tra le nazioni. Poi ci sono le regole del commercio, dell’interscambio tra Paesi ormai interconnessi tra loro, per cui il danno di uno diventa il danno di tutti.

    Non sappiamo quando questo incubo finirà, quando la popolazione ucraina potrà tornare di nuovo nelle proprie case e al proprio lavoro. Quando si potrà davvero parlare di pace.  Augurare “Buona Pasqua” in questo clima di dolore pare ingenuo e fuori luogo, sapendo che Pasqua significa novità di vita ritrovata, profumo di Risurrezione. Ma in questo momento è l’augurio più sincero ed appropriato che si possa augurare a tutta l’umanità: Buona Pasqua!

    a/f