Passio 2022: l’esperienza che ci è stata proposta dal Teatro dell’Aleph, dalle Monache della Adorazione, dalla Parrocchia di Murata e dal Centro Missionario Diocesano è stato un avvenimento nel contesto sammarinese, che ha raccolto venerdì sera quasi 300 persone in un cammino di fede, arte e preghiera che ha riscaldato i cuori di molti, nonostante il vento freddo che ci ha accompagnato.
Ci hanno aiutato le parole del nostro Vescovo che così hanno introdotto il gesto e il suo significato: «Cristo ha camminato sulle strade di questo mondo vivendo anche l’esperienza dolorosa della croce. Come si è fatto carico di tutti i nostri peccati, così anche noi dobbiamo farci carico di tutte le croci del nostro tempo: la guerra, l’aborto, l’eutanasia, l’emarginazione, la povertà, situazioni che attendono segnali di risurrezione.»
Abbiamo da sempre imparato che la fede illumina e dona risposte alla vita, alle sue difficoltà, mostrando sempre una via d’uscita anche alle situazioni più difficili, come «la guerra, l’aborto, l’eutanasia, l’emarginazione, la povertà».
E la vista di tante persone, e di giovani e di famiglie, ha mostrato che una proposta autentica può riaprire le strade della amicizia, dell’incontro, dell’ascolto e del confronto.
Mi sembra che qui abbia avuto conferma la grande affermazione di s. Giovanni Paolo II, il quale sosteneva che «La sintesi tra cultura e fede non è solo un’esigenza della cultura, ma anche della fede… Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta».
E l’invito fattoci a sostenere l’impegno della Caritas per la popolazione ucraina colpita dalla guerra e la decisione del Centro missionario Diocesano di favorire la costruzione di una chiesa in Etiopia ci fanno capire che il diventare cultura della fede non è un cammino per intellettuali, ma la concreta possibilità di realizzare una vita di rispetto e di libertà, fattivamente.
Avendo nel cuore questa esperienza e le belle immagini che questa serata ci ha proposto, mi sono sorpreso nel leggere queste riflessioni che il bravo Giulio Meotti riporta in un articolo che ci invita a leggere con realismo la situazione nella quale viviamo.
«Al filosofo Jean Hippolyte che si offese che Freund pensava che l’opposizione amico/nemico fosse una categoria importante della filosofia politica, Freund rispose: “Tu pensi di essere tu a designare il nemico, come tutti i pacifisti. Finché non vogliamo nemici non ne avremo, tu ragioni. Ma è il nemico che ci designa. E se vuole che tu sia suo nemico, puoi fargli le più belle proteste di amicizia. Finché vuole che tu sia suo nemico, lo sei. E ti impedirà persino di coltivare il tuo giardino”.»
Se è vero che «è il nemico che ci designa», allora dovremo stare molto all’erta, sia per non essere sconfitti e ingannati, sia per sapere riconoscere quelle forze che ci sostengono e non ci tradiscono.
Come ricorda Italo Calvino: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
E questa sera ci è sembrato evidente che c’è stato uno spazio di bellezza e di amicizia (e il Vescovo ha sottolineato in particolare quello che ha visto nella presenza delle Monache dell’Adorazione) ed è proprio questo spazio che può ridare speranza alla nostra convivenza, alla vita sociale e all’amore per la vita anche nella sua fragilità.
Di fronte ai vari nemici l’unica risposta vera può essere solo quella di una unità che crea continuamente legami e che non si lascia ingannare dalle sirene del potere e della mentalità dominante, e questo lo crea solamente una amicizia operosa che sa rispondere alle proposte vere e si mette in gioco continuamente. Il Passio 2022 in questo senso continuerà nell’esperienza di un lavoro condiviso e di una responsabilità nei confronti di tutta la realtà, dai giovani, alla vita, alla famiglia, alla politica, all’impresa, all’educazione che non accetterà compromessi e saprà camminare con i tanti «uomini di buona volontà» che questa stessa rappresentazione ha reso evidenti e presenti.
Don Gabriele Mangiarotti