San Marino. Pensioni, idea shock di Vanessa Muratori: “Un reddito uguale per tutti, slegato dalla precedente retribuzione”

La politica sta in silenzio ma l’ansia delle persone, l’inquietudine per il proprio futuro e quello dei propri figli fa rumore. Preoccupa soprattutto la riforma pensionistica che così come è stata presentata apre scenari piuttosto inquietanti perché dai primi calcoli elaborati da sindacati e associazioni di categoria emerge che andrà perso uno stipendio e mezzo (ma è una stima fatta per difetto) in tagli o contributi di solidarietà che dir si voglia, soldi che verranno a mancare ogni anno alle singole persone. Da un lato è certo che urge una riforma, dall’altro non si può non tener conto che a pagare rischiano di essere sempre gli stessi, ovvero i cittadini più deboli. Del resto è ciò che ha candidamente ammesso anche il segretario Zafferani affermando che occorre tagliare pure le pensioni più basse considerato che sono le più numerose. Ragionamento inaccettabile se si considerano i costi ancora elevatissimi delle consulenze e il fatto che non sia stata portata avanti, se non a parole, alcuna spending review: le spese della Pa sono aumentate anziché ridursi. Senza considerare gli aiuti alle banche anche private. Per il resto c’è ovviamente tutta la consapevolezza come si diceva della necessità di una riforma. “Stando alle proiezioni dell’ONU – si legge nell’ultimo report del FMI – la popolazione sammarinese continuerà a crescere nei prossimi decenni, ma a un ritmo sempre più lento mentre il trend è destinato a invertirsi, cominciando a diminuire entro il 2050, in linea con la tendenza osservata in altri paesi dell’UE, in quanto il tasso di fertilità, che è già al di sotto dei livelli di sostituzione (1,33 nascite per donna) si abbasserà nei prossimi decenni. Inoltre, l’aspettativa di vita media a San Marino è 84,6 anni, una delle più alte al mondo. La spesa per le pensioni è aumentata rapidamente. Come percentuale del PIL, la spesa per le pensioni è più che raddoppiata dal 2004, passando dal 5% al 13% circa nel 2017. Questo rapido aumento si è verificato nonostante le due riforme pensionistiche approvate nel 2005 e nel 2011, che sono state attuate per affrontare l’impatto negativo delle pressioni demografiche. Diversi fattori hanno contribuito a questo fenomeno, innanzitutto, la maggiore longevità, l’aumento del rapporto di dipendenza degli anziani ha costantemente contribuito a maggiori spese per le pensioni a parità di PIL. In secondo luogo, la spesa per le pensioni è cresciuta più rapidamente del PIL per lavoratore a causa della crisi economica e della contrazione del PIL che ne è seguita”.
Dal governo che ha di recente presentato la propria bozza di riforma si è provato a rispondere alle critiche con una parvenza di apertura che ha dato il la ad una serie di proposte. C’è chi come Vanessa Muratori ha proposto dal suo profilo facebook una soluzione possibile destinata a far discutere.
“PENSIONI Si accettano proposte? Bene, questa è la mia sulle pensioni. Che diventino un elemento dello Stato sociale, legate alla tassazione generale e non ai contributi dei singoli. Che servano a dare un reddito agli anziani che non lavorano. Un reddito uguale per tutti, slegato dalla precedente retribuzione, perché quando si lavorava la differenza di retribuzione aveva una giustificazione (dovuta a diverse responsabilità, carico lavorativo, titolo di studio..) ma quando si finisce di lavorare la differenza della rendita pensionistica non sarebbe più giustificata. E’ inoltre “normale” (dovrebbe esserlo e qui c’è da impegnarsi se solo lo si volesse) che chi più guadagna più paga tasse, ed è dalla tassazione generale che arriverebbe l’assegno pensionistico. Diventerebbe un servizio, come ad esempio l’asilo nido, che nessuno pensa possa reggersi con la sola retta mensile delle famiglie, quindi perché invece le pensioni dovrebbero reggersi con i versamenti pensionistici? Di quale entità? Dipende dal contesto degli altri servizi sociali, se ho gratuite e di buon livello la sanità, la riabilitazione, l’assistenza domiciliare, le medicine, le residenze speciali se ne ho bisogno, il ridotto per cinema e teatro…bè, può non essere alta ed equivalere ad un salario minimo, ma se privatizzo e devo pensare a pagare medicine e badanti varie è un altro discorso.
Da quando? Non prendiamoci in giro, a 60 anni si è anziani, è aumentata l’aspettativa di vita, ma non quella di vita autonoma e in buona salute e quindi- statisticamente- a 70 anni saremo già nella impossibilità di fare ciò che di bello si può ancora fare a 60. Senza obbligo del pensionamento a questa età, facoltativamente a partire dai 60, perché tanto dipende dal lavoro che si fa e dal gusto che si prova ancora nel farlo.
Non è sostenibile? Facciamo prima una riforma fiscale vera e poi se ne riparla, smettiamo di mettere ogni denaro pubblico nel salvataggio delle banche pubbliche e private e poi se ne riparla”.
C’è chi da tempo sostiene che la ricchezza sia distribuita in modo troppo diseguale e che ciò divide spietatamente le persone in vincitori e vinti.

Repubblica Sm