San Marino. Pensioni: un diritto acquisito diventato privilegio acquisito, che si vuol far diventare privilegio di Stato. È per questo che si fa sciopero? … di Alberto Forcellini

Un passo in avanti, non la soluzione definitiva, Neni Rossini, presidente Anis.

Dimostriamo la nostra forza con lo sciopero: tutto il sindacato.

Ecco i due atteggiamenti a cui ci troviamo di fronte alla vigilia del passaggio consiliare definitivo per la riforma pensioni, dopo oltre un anno e mezzo di confronti serrati e numerosi cambiamenti rispetto alla proposta iniziale, nel rispetto delle diverse esigenze.

È evidente la differenza di posizioni: la prima dimostra consapevolezza verso una situazione non più procrastinabile, anche se va presa come l’avvio di un percorso e non la sua conclusione. Il secondo caso dimostra solo che non si è capito tutto il lavoro fatto fin qui e si cerca solo lo scontro, il braccio di ferro, il ricatto.  Questo è l’approccio a uno sciopero, per il quale il sindacato non ha risparmiato l’uso dei media di ogni genere, giocando più sul sentimento di scontento che comunque non manca mai, piuttosto che sui contenuti veri della riforma.

Tutti sanno ormai che siamo ad un punto di criticità gravissimo: 75 milioni di sbilancio ogni anno tra contributi riscossi e pensioni erogate. L’anno prossimo saranno di più. E poi, sempre a crescere. Chi li deve pagare? Lo Stato? Togliendoli a chi? Perché chiaramente non ci sono.

Ci sarebbe voluto qualcuno che avesse preso il coraggio a due mani e avesse detto: attenti, saltiamo per aria. Anzi, quel qualcuno avrebbe dovuto farsi avanti almeno 20 anni fa, per evitare di arrivare a questa situazione. Il sindacato lo sa molto bene, e allora su cosa protesta?

Sappiamo che lo Stato, in questi ultimi anni, ha contribuito per 50 milioni ad ogni esercizio per ripianare il disavanzo pensioni. Ma non basta. E sulla soluzione proposta per non lasciare il buco (come fece il governo Adesso.sm) il sindacato ha alzato le barricate.

Altro problema, ben conosciuto, è il meccanismo di calcolo delle pensioni. I contributi attualmente versati coprono il 25, massimo 30 per cento dell’assegno percepito. Quindi sono ampiamente insufficienti. Ad esempio, un lavoratore che va in pensione con 1950 euro, in realtà ha contribuito per una pensione di 600 euro al mese. È ciò che accade in Italia, dove dal 1996 è stato introdotto il sistema contributivo. Poi però il sistema italiano interviene con il secondo e il terzo pilastro, e magari anche con qualche forma assicurativa per arrivare ad un pensione quanto meno dignitosa. In ogni caso, rispetto ai nostri vicini, le differenze sono evidenti, ad esempio sulla pensione minima: a San Marino è pari a 1.070 euro, in Italia è di 480.

Un altro aspetto riguarda la fiscalità, perché il pensionato gode di un diverso trattamento rispetto al lavoratore e alla fine la pensione risulta addirittura più alta dello stipendio. Ma di questo dovrà occuparsi la riforma dell’IGR, che prima o poi arriverà. Nel frattempo si guarda all’inflazione, che colpisce tutti indistintamente. Le ultimi modifiche sulla bozza di legge, prevedono una rivalutazione massima del 2,2%. Che sicuramente è al di sotto del tasso attuale di inflazione, mentre i pensionati italiani hanno avuto il 7,3% grazie ai fondi del PNRR. Che qui non abbiamo e quindi bisogna fare i conti con quello che c’è e bisogna cercare di racimolare qualche risparmio un po’ qui, un po’ là. Ma anche in Italia tira aria di riforma, si starà a vedere il risultato complessivo.

Sulle altre modifiche indicate dalla riforma in termini di aumenti contributivi scaglionati negli anni, e aumento dell’età pensionabile, anche questa prevista in progressione, si è già detto e scritto molto. L’obiettivo, invece, vale la pena di ribadirlo: trovare quell’equilibrio tra entrate e uscite che blocchi la crescita esponenziale del debito. Ovvero, dare stabilità al sistema.

Una riformina o, al contrario, evitare che un diritto acquisito, ormai diventato privilegio acquisito, si trasformi in privilegio di Stato? È questo che vogliono i sindacati? Il privilegio di Stato?

Sarebbe stato molto più semplice per un governo, per la Segreteria competente, mollare tutto e lasciare le cose com’erano. È facile aumentare le tasse, lo sanno fare tutti, ha detto il sindacato qualche giorno fa. Non è mica vero. È molto più facile fare regali e clientelismi, tanto poi i problemi andranno a scaricarsi sulle spalle di quelli che verranno dopo.

Così si è fatto per molti anni. Ci voleva coraggio ad invertire la tendenza prima di giocarsi cappella e benefizio, come ha fatto la politica di un recente passato, che si è mangiata la terra sotto i piedi. Altrimenti oggi saremmo in un’altra situazione. Questo il sindacato lo sa molto bene, anche se spara solo sul conto Mazzini e non dice niente di banca CIS, che ai sammarinesi ha fatto davvero male!

a/f