San Marino. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? … di Alberto Forcellini

Un conto è il far play, altro è l’insabbiamento. La politica può essere maestra di diplomazia, ma lo è anche nell’arte del coprire, del temporeggiare, del mistificare. Quello che sta accadendo dopo il fattaccio occorso ormai una settimana fa ad un consigliere di Libera, nonché segretario del partito, ex Reggente, membro di alcune delegazioni internazionali che rappresentano il Consiglio Grande e Generale, non ha parole.

L’episodio è increscioso, di quelli capaci di far piombare nello sconcerto la famiglia, i colleghi e gli amici, ma anche di distruggere una carriera, se non addirittura un’intera forza politica.

Qualche pallido tentativo di commento, a caldo, è stato ancor più sconcertante, perché parziale e velatamente giustificatorio. E siccome l’esercizio del giudizio appartiene solo alla divinità, o in maniera sicuramente più fallace, al tribunale, ci limiteremo solo ad alcuni elementi di riflessione.

Perché non dire il nome? Almeno per 24 ore, il nome del protagonista è rimasto velato, mentre tutto il paese lo sapeva e lo raccontava liberamente, con tutto il condimento di morbosità che ammantano le cose dette / non dette. Poi, all’improvviso, il nome di Matteo Ciacci è corso su tutte le bocche, dal Consiglio, riunito nella sessione di marzo, ai giornali, ai social. Questo non ha fatto altro che amplificare il caso, mentre lui stesso e il suo partito tacevano.

È solo una lite fra fidanzati. Semplice violenza domestica. Semplice?

Forse sarebbe più appropriato parlare di violenza di genere, che è comunque gravissima, ingiustificabile, imperdonabile. Questo, nonostante i particolari della vicenda siano del tutto fumosi e spesso enfatizzati dai racconti di chi ha sentito dire. Il che è ancora più grave vista la dimensione pubblica del personaggio, che si è sempre fatto porta insegne dei valori e dei diritti umani. Oppure c’è dell’altro? La calunnia è un venticello, ma pare che il personaggio non sia nuovo ad episodi al di sopra delle righe.

I Consiglieri sono tutti uguali? In teoria sì, come dovrebbero esserlo tutti i cittadini, ma con un compito ancora più importante: rappresentare il popolo e lo Stato sempre e comunque. Un tempo si è perfino dibattuto se il Consigliere fosse da considerare tale anche quando è fuori dal Palazzo. Certo che lo è, in ogni momento della sua vita quotidiana. Come lo sono i Reggenti, i Congressisti e tutti coloro che hanno un ruolo istituzionale, ai quali viene richiesto un comportamento ineccepibile in ogni momento della loro vita. Forse che un giudice, che viene fatto saltare per aria con la sua macchina, non è da considerare giudice perché in quel momento non indossa la toga?

I parallelismi. È sempre antipatico fare dei paragoni, ma visto che l’organo ufficiale di Libera, la Serenissima, li ha fatti, ci permettiamo di farli anche noi. Il paragone è con i fatti di via Giacomini, giusto un anno fa. Per quell’occasione, Matteo Ciacci indossò i panni del moralizzatore e del fustigatore di costumi della classe politica di maggioranza, usò parole di fuoco, si pose alla testa della fiaccolata fino al Pianello, andò dalla Reggenza a chiedere le dimissioni di tutti coloro che erano stati visti in via Gino, aizzò una gogna mediatica durata settimane. Tutto ciò per un bicchiere di vino bevuto in strada.

Anche Matteo Ciacci ha fatto una ragazzata? Allora perché ha tardato una settimana per mandare un comunicato, lui che ne fa due o tre tutti i giorni? Una nota in cui non spiega ai suoi elettori, ai colleghi di partito e di Consiglio, cosa è successo davvero. Non si mostra e non racconta le sue ragioni, come hanno fatto i Consiglieri di Rete. Tutto ricondotto a fatto personale, a questioni di privacy. Che neanche il suo partito commenta. Ciacci afferma anche di voler proseguire il suo impegno politico. Quindi, vuol dire che lo si rivedrà in Consiglio come se nulla fosse successo?

I cattolici bollano questi comportamenti come “ipocrisia”. È molto più facile vedere la pagliuzza nell’occhio dell’altro che la trave nel proprio occhio. Questo lo sanno anche i bambini. Ma da un personaggio politico di primo piano, da un rappresentante delle istituzioni, non è accettabile. E soprattutto avvalla il peggio che comunque la gente non si fa scrupolo di diffondere a piene mani.

a/f