“Nessuno si è comprato San Marino!” Forse il Consigliere Giuseppe Maria Morganti non si è reso conto dell’assurdità della sua compiaciuta frase. Così tanto irragionevole, che è stata riportata da tutti i giornali a margine della comunicazione del Segretario al Territorio sull’esito negativo di un bando internazionale per progetti nel centro storico. In Consiglio, Stefano Canti aveva riferito sulle due istanze che hanno risposto al bando, ma non hanno depositato il finanziamento previsto, quindi sono risultate prive dei requisiti. Sicuramente si ricorderà che il bando era stato emesso per importanti interventi infrastrutturali nel settore dell’accoglienza. Tra le altre condizioni, prevedeva appunto il deposito di 50 milioni di euro in una banca di San Marino. Il che non è avvenuto. Non è dato a sapere chi siano i soggetti interessati, ma c’è da supporre che grandi gruppi in grado di affrontare queste tipologie di investimento, non hanno davvero problemi di liquidità. Allora, si è chiesto Morganti perché non hanno versato la cifra indicata? Perché San Marino non ha appeal neanche per una cifra tutto sommato modesta? Si è chiesto cosa c’è che non va? Invece di gioire perché un altro progetto del governo sta subendo una battuta d’arresto, non avrebbe dovuto preoccuparsi per un rilancio economico che, Covid a parte, fa fatica a decollare? È questo il senso dello Stato e di solidarietà verso tutte quelle componenti economiche che sono in sofferenza? C’entra qualcosa l’impressionante campagna mediatica che tutta l’opposizione (e quindi anche Libera) ha fatto sul settore giustizia, dipingendo la Repubblica come un paese da terzo mondo? Secondo alcune persone di nostra conoscenza, non c’è nulla da gioire.
Ma non è l’unico episodio che mira a diffondere un’immagine distorta del Paese. Nella foga del dibattito, anche Bevitori si è lanciato in un’accusa molto grave: ospedale allo sfascio, i primari stanno spingendo per andarsene. Ma non risulta a nessuno. C’è molta stanchezza, questo è vero, perché la risposta che sta dando l’ospedale è davvero importante, ormai da mesi in prima linea contro la pandemia. Ma non è che altrove sia meglio e, a parte tutto, le condizioni retributive di San Marino sono molto migliori. Non ha senso alcuno definire “eroi” tutti coloro che lavorano in ospedale, se poi non c’è uno sforzo comune per combattere la stessa battaglia.
Altro fronte di scontro e di lunghi dibattiti: l’ICEE, analogo dell’italiano ISEE, ovvero l’indicatore della situazione economica, uno strumento che permette di misurare la condizione economica delle famiglie tenendo conto di reddito, patrimonio e delle caratteristiche del nucleo familiare. A San Marino se ne parla dal 2016, nel 2018 arriva la legge, nel 2019 il decreto delegato che stabilisce i criteri di calcolo, ma non fissa i criteri di applicazione. È come avere una macchina senza benzina: rimane ferma. Per questo non è successo niente e ci sono ancora molte famiglie che hanno accesso agli strumenti di sostegno sociale pur avendo redditi molto alti. È un settore assolutamente complesso quello in cui bisogna intervenire: si pensi ad esempio a quanti hanno capitali o proprietà immobiliari all’estero, oppure a quanti sono a capo di grandi società ma figurano dipendenti. Ci vogliono strumenti normativi appositi per far emergere certe situazioni e solo quest’anno è stato cominciato il percorso per rendere evidenti le posizioni individuali e familiari, quindi rendere applicativo l’ICEE. Ma per l’opposizione non è stato fatto niente, 12 mesi e il governo non ha fatto niente!
Questo è un altro ritornello echeggiato spesso in Consiglio. La realtà è diversa: 12 mesi di governo e 10 di pandemia. Come dire, tranne il terremoto, il resto è successo tutto. Questo non lo dice nessuno, anche se molti Consiglieri sono stati toccati di persona o nelle loro famiglie. Persone, dunque, che sono venute a stretto contatto con l’ospedale, con la malattia e con la sofferenza; oppure che stanno vivendo le conseguenze economiche causate dall’emergenza sanitaria. È una situazione che ha tentacoli a volte poco conosciuti. Il crollo del turismo, la riduzione della mobilità personale, la paura del contagio si sono riverberati su una serie infinita di tipologie occupazionali, di servizi, di professionalità. Paradossalmente, più il tempo passa e meno risorse rimangono per aiutare il prossimo, più diminuisce la capacità di solidarietà e di comprensione. Questo è lo specchio che fornisce la critica politica tout court.
La comunicazione è fondamentale, lo è stata in tutti i tempi, anche quando non c’erano i giornali, la tivù e il web. La politica se n’è sempre servita a piene mani, ma oggi le regole sono cambiate, proprio perché, da parte della gente, è cambiata la percezione generale della comunicazione. Che non può più essere settoriale, ma deve saper coinvolgere il cittadino nelle responsabilità. Ascoltando il Consiglio, questa tipologia di comunicazione, proprio non si è sentita.
a/f