L’inizio del 1600 è contrassegnato ancora dall’incetta dei beni di prima necessità e dal contrabbando. All’aumento dei prezzi corrisponde però un provvedimento del 1611 che fissa la retribuzione di muratori, scalpellini, falegnami, falciatori di fieno e segatori di tavole in 16 paoli al giorno nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto e 10 paoli da novembre a febbraio. Le altre prestazioni di lavoro sono fissate nella metà.
Nel 1620, la situazione economica peggiora e dopo il prestito di 450 scudi fatto dai Belluzzi per acquistare grano ne servono altri 1.000. La popolazione è allo stremo e sale il malumore verso i fornai. Nel 1630, il canone annuo che i contadini pagano in grano per il “collo” dei buoi è superiore al valore commerciale “dell’istessi buovi.”
Quando la morsa della carestia si stringe si deve ricorrere ad un prestito straordinario di 3.000 scudi e si dà incarico a Livio Pellicieri e Sforza Cionini di andare “a Rimini o altrove a far partiti de grani” senza altro indennizzo “che le spese nel vitto e cavalcature.”
La crisi fa cadere in miseria le famiglie che si devono mettere al servizio dei “signori”. Nel 1632-33, si verifica un aumento notevole della mortalità dovuto alla peste.
Emilio Della Balda
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