San Marino. Podeschi e Baruca scarcerati. Anzi no.

Carcere dei CappucciniL’avv. Pagliai: “Decisione illegittima”.

Claudio Podeschi e Biljana Baruca scarcerati. Anzi no. Andiamo con ordine.

Delle indagini partite dal cosiddetto Mazzini è stato scritto in lungo e in largo. Nei giorni scorsi i magistrati sammarinesi che lavorano sulla maxi inchiesta su corruzione e riciclaggio, hanno disposto 21 rinvii a giudizio di persone fisiche e 6 di persone giuridiche.

Secondo l’accusa “abusando del ruolo ricoperto da alcuni componenti del gruppo e servendosi di un articolata rete di enti e uffici pubblici e privati si associavano tra loro allo scopo di attuare un complesso programma criminale”. Come noto tra i nomi eccellenti di coloro che finiranno a dibattimento, c’è quello di Fiorenzo Stolfi, il quale tuttavia è stato immediatamente scarcerato dopo il decreto di rinvio a giudizio. Tanto che un po’ tutti sul Titano hanno cominciato a chiedersi come mai Stolfi è fuori e Podeschi e Baruca invece restano ancora ai Cappuccini.

La motivazione è sostanzialmente tecnica. In effetti i magistrati hanno sì disposto la scarcerazione per i due “ospiti” eccellenti dell’ex convento, arrestati l’ormai lontano 23 giugno 2014.

Stralciando tuttavia contestualmente due capi di accusa. I lettori più attenti infatti, ricorderanno che lo scorso 9 marzo 2015, fu disposta una nuova richiesta di custodia cautelare in carcere per Podeschi e Baruca.

In soldoni è proprio a causa di queste ultime ipotesi di reato che il duo, secondo i giudici, deve rimanere ancora agli arresti.

I nuovi fatti contestati riguardano due particolari ipotesi criminose distinte.

Nel primo caso viene contestato il riciclaggio. Gli indagati avrebbero trasferito sul conto di una banca sammarinese, 200 mila euro tramite bonifici esteri da Vienna. La somma sarebbe stata utilizzata in seguito per prelevare contanti ed effettuare pagamenti ed eseguire bonifici.

Nel secondo caso viene contestato nuovamente il riciclaggio, questa volta per alcuni bonifici dal Montenegro per 740 mila euro e fatti transitare su una banca del Monte. La magistratura nel decreto specifica come sia necessario svolgere ulteriori indagini rispetto a questi fatti. Sullo sfondo aleggia la trattativa di una licenza bancaria per la quale alcuni indagati si sarebbero adoperati.

Forse troppo, almeno a parere della magistratura.

Tuttavia la decisione di scarcerare Podeschi e Baruca per alcuni presunti reati, ma di continuare a trattenerli ai Cappuccini per altri, non è andata giù al loro legale, avvocato Stefano Pagliai del foro di Firenze. Il quale non le manda certo a dire: “Le confermo che questa mattina (ieri per chi legge, ndr) avevamo di buon’ora depositato fiduciosi istanza di scarcerazione al giudice del dibattimento che a seguito del rinvio a giudizio risultava competente a decidere sullo stato di scarcerazione dei signori Podeschi e Baruca.

Abbiamo tuttavia appreso con sconcerto nel tardo pomeriggio (di ieri, ndr) che a seguito di un provvedimento di stralcio di capi di imputazione assolutamente marginali rispetto a quelli ipotizzati e per i quali c’era già stato il rinvio a giudizio, i giudici inquirenti hanno, pare in tutta fretta, revocato sì la misura cautelare del 23 di giugno, confermando tuttavia quella più recente del 9 di marzo e relativa esclusivamente a quei capi marginali.

Proporremo ovviamente con tutti i mezzi a nostra disposizione reclamo avverso tale decisione che riteniamo assolutamente illegittima e tesa soltanto a sottrarre al giudice del dibattimento, la decisione sulla scarcerazione dei signori Podeschi e Baruca”.

Venendo ai capi di imputazione per i quali Podeschi e Baruca restano ancora in carcere, la difesa ha sempre sostenuto che i 740 mila euro via Montenegro siano relativi ad attività di consulenza e prestazioni commerciali e di servizi per l’Amman Resort con sede in Montenegro.

I 200 mila euro invece, sarebbero un anticipo sulla trattativa per la licenza bancaria di cui abbiamo dato conto prima. Tutto lecito e alla luce del sole per le difese. Di parere diametralmente opposto, ovviamente, l’accusa.

David Oddone, La Tribuna