San Marino. Politica: prima si devono chiudere i buchi, o si deve rilanciare l’economia? … di Alberto Forcellini

Da fuori confine, la percezione che si ha leggendo i giornali sammarinesi, non è davvero esaltante. Ovviamente, fa notizia il debito, di cui si sapeva poco o nulla fino a un anno fa e di cui ora si ha una percezione piuttosto esatta: almeno un miliardo e mezzo, se non due. Ci sono ancora troppe variabili e troppi punti oscuri, almeno per noi profani, per fare una stima esatta. E sul piatto della bilancia arriva il debito estero: 500 milioni deliberati dal Consiglio tramite l’emissione dei Titano Bond, che hanno avuto un arresto tecnico e che saranno anticipati da un prestito ponte da 150 milioni di euro, a tasso abbastanza equo, ma da restituire a breve termine.

Arrivano i soldi: allora è tutto a posto? Neanche per sogno. San Marino ha un ritardo almeno ventennale sulle riforme, sulle infrastrutture, sull’innovazione. Il rapporto debito/PIL è passato dal 16 per cento del 2016, al 60 per cento del 2017, all’80 per cento del 2019. Chi è bravo in matematica, faccia la differenza in tre anni. Agli altri basti sapere che è una percentuale da Paese del terzo mondo.

Paradossalmente, è il quinto paese al mondo per reddito pro capite. E se ci sono così tanti Paperoni, che bisogno c’è di un prestito milionario? Ma la situazione non è così come appare ad uno sguardo superficiale.

Pesa sul groppone una riforma pensionistica non più rinviabile: il monte pensioni erogato ogni anno è intorno ai 180 milioni, di cui solo 114 vengono dai contributi previdenziali. Gli altri li deve versare lo Stato. Una situazione che si è venuta a creare non solo perché si è rovesciata la famosa piramide demografica (pochi giovani, molti anziani). Infatti, fino a poco tempo fa, il lavoratore dipendente pagava l’1,6 per cento di contribuzione sullo stipendio. Va da sé che, dopo due anni di pensione, ha consumato tutto quello che ha pagato nell’arco di una vita di lavoro. Il resto, per altri 20 /25 anni (l’aspettativa di vita media, per fortuna, supera gli 80 anni per maschi e femmine) viene pagato dal sistema solidaristico. Qualche anno fa, la contribuzione è aumentata, ma di pochi punti, cosicché la situazione non è migliorata. Il piatto piange sempre più, e se non si interviene subito, i 450 milioni del fondo pensioni sono destinati ad esaurirsi in un lustro, o poco più.

Altro problema, il sistema sanitario universalistico, grandissima conquista sammarinese dal 1955, oggi costa circa 180 milioni all’anno, di cui 80 ripianati dallo Stato. Il costo complessivo corrisponde a quello di una città di 150 / 200mila anime. Sul Titano ne vivono 33mila. Sempre per fare un paragone, un individuo sammarinese di 40 anni ha fatto gli esami specialistici e le analisi di laboratorio che si fanno normalmente in 80 anni di vita. Dunque c’è qualcosa che non va, pur senza addentrarci nei pasticci di bilancio rilevati sulla passata gestione. Lo stesso ospedale ormai è vecchio e ha costi esagerati dal punto di vista della manutenzione: ma si può fare un ospedale senza soldi?

Poi è arrivato il Covid, che ha sparso altro sale sulle ferite aperte azzerando l’economia, aumentando le spese sanitarie, modificando la vita e il lavoro di ciascuno di noi. Bisogna rilanciare il sistema economico, è il refrain di queste ultime settimane. Già, ma bisogna pensare prima allo sviluppo o a chiudere i buchi? Il dibattito è aperto, anche se è nostro modestissimo parere che bisognerebbe agire su entrambi i fronti e cercare di ricreare l’appeal di San Marino per richiamare investimenti esterni. Il che non è davvero facile se tutti i giorni ti sbattono San Marino in prima pagina per le collusioni politica-affari e per un tribunale che scrive quotidianamente sui giornali, grida in tivù e dove i giudici si denunciano tra di loro, accumulando ritardi decennali sui processi. Nonostante le opposizioni abbiano fatto la loro parte per alimentare questo caos, da qualche tempo il tribunale non è più sui giornali. Il miracolo si chiama Giovanni Canzio, primo presidente emerito della Suprema Corte di Cassazione, che da un mese o poco più, e per i prossimi tre anni, è stato chiamato a dirigere il tribunale sammarinese. Se si è riusciti a mettere ordine in un baillame che era la metafora della situazione sammarinese, c’è più di una speranza che il governo riesca a mettere a posto i conti e a rilanciare il Paese. Che è davvero la sfida di tutti.

a/f