San Marino. Politica “Tafazzi”: banche ostacolo insormontabile per il risanamento… Ma potrebbero diventare trainanti per lo sviluppo … di Enrico Lazzari

Aprendo Facebook, l’altro giorno, mi è apparso, non so secondo quale logica della mente informatica di Mark Zuckerberg e del suo “libro di facce”, un vecchio post dell’Avv. Luca Della Balda che si concludeva con questa frase: “L’iniziativa economica privata è libera, solo se sta bene alle banche!”.
Oggi, infatti, superato il regime concessorio che ha determinato distorsioni in passato, chiunque abbia i requisiti di onorabilità previsti dalla legge può fare impresa a San Marino. Ma è concreto questo principio sancito dalla Carta dei Diritti? No… Perchè per fare impresa non basta una licenza, una struttura, un capitale e una sede, serve inderogabilmente anche un conto bancario.
“Quando ci si trova ad andare in una qualsiasi banca sammarinese per aprire il conto corrente -denunciava Della Balda- sempre più spesso ci si sente dire: mi spiace, ma non le apriamo il conto”. I motivi sono i più svariati e uno dei più frequenti -e incomprensibili vista la globalizzazione imperante ormai anche in ambito finanziario- spesso basta che l’amministratore o il “controllore” azionario della società o impresa non sia residente sul Titano.
E’ possibile rilanciare l’economia, il “sistema San Marino” con simili ostacoli agli investimenti prodotti in Repubblica da investitori esteri? No… Il rilancio e l’indispensabile piano di sviluppo futuro -del quale peraltro non si intravede neppure una bozza- non può prescindere dalla catalizzazione in territorio di investimenti stranieri. Di nuove attività imprenditoriali che attraverso la loro tassazione possano rimpinguare le casse pubbliche e creare nuovi posti di lavoro che, a loro volta, determinerebbero una ricaduta economica positiva su tutto il sistema e l’indotto sammarinese.
Aumentano le imprese, aumentano i posti di lavoro, aumenta il potere di spesa medio dei cittadini, aumenta conseguentemente il Pil e, infine, ciò determina vantaggi a catena, sia per l’indotto economico nella sua globalità che, quindi, per le casse pubbliche.
Invece, ogni volta che una banca “ricaccia” via in un investitore non residente, il processo evolutivo del risanamento economico si interrompe, fino a precludersi, perchè ogni investitore respinto diventa una pessima “pubblicità” e, dopo di lui, anche l’amico, il conoscente delocalizza o avvia la sua attività imprenditoriale in paesi ben meno vicini e comodi, per lui, del Titano.
A dire il vero, San Marino non è l’unico paese in Europa dove le banche -rifiutando l’apertura di conti correnti, anche basici- compromettono l’investimento “ricacciando” a casa l’investitore. Anche molti paesi Ue hanno questa problematica. Ma in quei casi è superabile con l’apertura di un conto corrente online nei paesi del nord Europa come Estonia, Lettonia, Svezia, i cui sistemi bancari puntano proprio sulla “raccolta” di questi imprenditori e imprese. Impossibile, invece, anche presso queste banche, aprire un conto corrente online per una società o attività di diritto sammarinese.
Il problema starebbe nella responsabilità dell’istituto bancario in caso di riciclaggio. Così, pur di evitare problemi con gli organismi di vigilanza e le banche centrali, tante banche preferiscono rinunciare a priori a questi clienti, anche se dalla fedina penale immacolata, dalla condotta fino ad allora ineccepibile e, magari, già responsabili di attività di successo in altri paesi.
La Bulgaria, la Romania, l’Olanda e così via, però, possono permettersi di “selezionare” gli investimenti in maniera grossolana, San Marino non può perchè non ha altre risorse come, ad esempio, le materie prime. E anche il turismo -come altre aziende manifatturiere o commerciali- dovrà ormai rinunciare agli introiti derivanti dalla Russia, che non erano pochi.
Se un Paese in crisi chiude un mercato (quello russo per intenderci) e nello stesso momento “caccia” via gli investitori, la conseguenza è un -neppure troppo lento- cammino verso il default, caratterizzato nelle sue drammatiche tappe da un costante e inesorabile aumento della pressione fiscale e da un ridimensionamento dello stato e della sicurezza sociale. Esattamente ciò che da qualche anno accade sul Titano.
Il rischio è la deflazione, che si verifica quando le imprese chiudono, i lavoratori vengono licenziati, il potere di spesa medio cala e determina la chiusura di altre attività, che licenziano e così via… Oppure, ed è il rischio sammarinese dopo l’annuncio dell’incremento del 20/25% dell’IGR, le tasse aumentano, diminuisce il potere di spesa dei sammarinesi, le imprese economiche vedono calare i loro introiti interni e sono costrette a licenziare; questi licenziamenti determinano una ulteriore riduzione del potere di spesa medio che fa chiudere altre imprese che poi ovviamente licenziano… Al tempo stesso il calo del Pil determina minori introiti per le casse pubbliche costringendo ad un ulteriore aumento di tasse (o indebitamento finchè possibile) che va a ridurre ancora il potere medio di spesa e, quindi, causa nuovi licenziamenti che a loro volta vanno a ridurre il potere di spesa medio che determina nuovi licenziamenti…
Si innesca -sempre che sul Titano non si sia già innescato- un circolo vizioso irrefrenabile.
Quindi, se per un piano di sviluppo a lungo termine serviranno risorse e tempo, è indispensabile per la Repubblica mettere in campo fin da subito, finché si è in tempo, misure “tampone” efficaci e capaci di riportare il Titano al centro dell’attenzione degli investitori esteri. E, in tal senso, il primo passo da fare è superare gli ostacoli che oggi compromettono questa opportunità. Primo fra tutti l’ostacolo del conto corrente bancario per le imprese avviate sul Titano dai non residenti. Almeno, inizialmente, predisponendo conti correnti online anche senza blocchetto assegni, e magari con movimenti mensili limitati da ampliare con l’acquisizione di fiducia e il consolidamento del rapporto.
Tante start-up, ma anche piccole imprese, potrebbero gestirsi con un conto semplicissimo, magari limitato a bonifici in ingresso e uscita. Il rischio di impresa per la banca sarebbe pari a zero e quello di favorire il riciclaggio quasi nullo e riducibile a zero con semplicissimi controlli. Se, poi, la possibilità di aprire un conto simile fosse ampliata anche alle società e imprese estere, magari con sede nella sola Unione Europea (come fanno con grande successo oggi le banche del Nord Europa), questa opportunità, da sola, potrebbe dare linfa importante a tutti gli istituti bancari sammarinesi, risanando e finanziando un comparto chiave, quello bancario, in ogni piano di sviluppo.
Del resto, se lo fanno Estonia, Lituania, eccetera, perchè non potrebbe farlo San Marino?
Enrico Lazzari